  | Non son chi fui; perì di noi gran parte: 
questo che avanza è sol languore e pianto. 
E secco è il mirto, e son le foglie sparte 
del lauro, speme al giovenil mio canto.              
 
Perché dal dì ch'empia licenza e Marte 
vestivan me del lor sanguineo manto, 
cieca è la mente e guasto il core, ed arte 
la fame d'oro, arte è in me fatta, e vanto 
 
Che se pur sorge di morir consiglio, 
a mia fiera ragion chiudon le porte 
furor di gloria, e carità di figlio.                
 
Tal di me schiavo, e d'altri, e della sorte, 
conosco il meglio ed al peggior mi appiglio, 
e so invocare e non darmi la morte.          
 
Metro: sonetto (ABAB, ABAB, CDC, DCD). 
 
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