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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
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“Malversazioni tardive”. Poesie legate al filo della memoria

di Rassegna Stampa

👉“Malversazioni tardive”. Poesie legate al filo della memoria

E’ un modo per po­ter leg­ge­re sé stes­so la pub­bli­ca­zio­ne del­l’o­pe­ra “Mal­ver­sa­zio­ni tar­di­ve” per Silva­no Lop­po­li, au­to­re nato a Piaz­zo­la sul Bren­ta (Pa­do­va), dove vive e con­du­ce at­ti­vi­tà imprendito­ria­le.

«Mal­ver­sa­re si­gni­fi­ca ap­pro­priar­si in­de­bi­ta­men­te di cose al­trui. Per cer­ti aspet­ti, quin­di, è una definizione del­la poe­sia, se e quan­do vie­ne pos­se­du­ta esclu­si­va­men­te dal­l’au­to­re sen­za ri­ca­de­re sul­le re­la­zio­ni che han­no con­tri­bui­to a far­la na­sce­re. E’ il mio caso. Scri­vo trop­po tar­di per tut­to: età, con­vin­zio­ni, si­gni­fi­ca­ti, fu­tu­ro. Sono pen­sie­ri spar­si che ri­cor­do a me stes­so, sia pure in una cor­ni­ce let­te­ra­ria. Tut­ta­via, non è un so­lip­si­smo che af­fon­da nel­la so­li­tu­di­ne, per­ché sa ali­men­ta­re i ri­cor­di, ma sen­za nes­su­na pre­te­sa».
La sil­lo­ge, di­spo­ni­bi­le an­che in e-book, ar­ric­chi­sce la col­la­na “I Dia­man­ti del­la Poe­sia” del­l’A­let­ti edi­to­re.

Una rac­col­ta qua­si im­per­so­na­le, in cui man­ca an­che una mi­ni­ma con­se­cu­tio tem­po­rum che stabili­sca qual­sia­si con­te­sto, se non quel­lo di ave­re get­ta­to, alla rin­fu­sa e nel cor­so de­gli anni, nume­ro­si fo­gli den­tro lo stes­so cas­set­to. «Il sot­to­ti­to­lo “gli ami­ci che non ho avu­to” – spie­ga l’auto­re nel­la sua In­tro­du­zio­ne – sta fra la de­di­ca e l’ex­cu­sa­tio non pe­ti­ta. A dire il vero, nel­la mia vita i mi­glio­ri ami­ci con cui con­di­vi­de­re il me­de­si­mo cie­lo sono sta­ti i cani, sot­to tut­ti i pun­ti di vista». I ver­si sono so­spe­si a un filo del­la me­mo­ria, in cui la scrit­tu­ra ri­ve­ste un ruo­lo im­por­tan­te, poi­ché dai ri­cor­di pos­so­no na­sce­re pa­ro­le che fan­no ri­vi­ve­re un co­lo­re, un’e­mo­zio­ne o una fan­ta­sia, met­ten­do in­sie­me la to­ta­li­tà del­l’uo­mo con le sue pas­sio­ni, gli even­ti, i sen­ti­men­ti. «Al­lo­ra si pos­so­no iden­ti­fi­ca­re e con­di­vi­de­re del­le au­ten­ti­che ca­te­go­rie che van­no ben ol­tre la sin­go­la circostan­za e che fan­no ba­sta­re a sé stes­si per­ché per­met­to­no di va­li­ca­re il tem­po, co­no­sce­re l’uomo Ga­li­leo, l’ar­ti­sta Ca­ra­vag­gio o un’an­zia­na che vive nel­la sua sem­pli­ci­tà in una gri­gia periferia».

Le li­ri­che, scrit­te con un lin­guag­gio ela­bo­ra­to, scor­ro­no con mu­si­ca­li­tà in ma­nie­ra qua­si inafferrabi­le, a vo­ler rap­pre­sen­ta­re quel­la scin­til­la del­la crea­ti­vi­tà che in quel mo­men­to ha ispi­ra­to l’au­to­re. «Sil­va­no Lop­po­li, nel­la rac­col­ta “Mal­ver­sa­zio­ni Tar­di­ve” – scri­ve, nel­la Pre­fa­zio­ne, Ha­fez Hai­dar, già can­di­da­to al Pre­mio No­bel per la Let­te­ra­tu­ra e noto an­che per la tra­du­zio­ne dal­l’a­ra­bo del fa­mo­so li­bro “Le mil­le e una not­te” – ci con­du­ce per mano at­tra­ver­so un per­cor­so di esplorazio­ne de­gli ar­ca­ni e del­le me­ra­vi­glie del co­smo, con l’in­ten­to di far­ci co­no­sce­re il pen­sie­ro e le ope­re di il­lu­stri per­so­nag­gi del mon­do del­le scien­ze, del­la fi­lo­so­fia e del­la let­te­ra­tu­ra».

Per il poe­ta, la scrit­tu­ra è real­tà e fan­ta­sia che si in­trec­cia­no in modo in­dis­so­lu­bi­le esat­ta­men­te come la no­stra vita. Il pro­ba­bi­le, l’im­pro­ba­bi­le, il mi­ra­co­lo, il ve­ro­si­mi­le, l’in­ve­ro­si­mi­le, il vo­lu­to, lo spe­ra­to. Tut­to con­flui­sce nel­la scrit­tu­ra. «Fare poe­sia non è sol­tan­to scri­ver­la, quan­to so­prat­tut­to re­ce­pir­la, con­di­vi­der­la con pesi e sfu­ma­tu­re di­ver­se che pos­so­no tra­scen­de­re le in­ten­zio­ni stes­se del­l’au­to­re. La ra­zio­na­li­tà vie­ne su­pe­ra­ta dal­l’e­vo­ca­zio­ne, dal­le sug­ge­stio­ni, da un ap­pa­ga­men­to che non sarà mai con­ta­bi­liz­za­to». Il let­to­re vie­ne so­spe­so tra il ma­te­ria­le e l’im­ma­te­ria­le da cui l’au­to­re vie­ne ispi­ra­to. «Per la pre­ci­sio­ne – spie­ga Lop­po­li – la chi­mi­ca che par­la nel­la sua fenomeno­lo­gia; la fi­si­ca come di­se­gno vivo che ge­ne­ra pa­ro­le nel­la vi­sio­ne di al­tri mon­di e nel no­stro vi­ve­re quo­ti­dia­no, che na­scon­de un’in­fi­ni­ta ma­gia ben ol­tre il con­sue­to. E, in mez­zo a tut­to que­sto, noi e chi è già pas­sa­to, come par­te in­scin­di­bi­le del tut­to che lega il tan­gi­bi­le con l’effimero e poi con l’in­fi­ni­to». Con ani­mo sen­si­bi­le, il poe­ta ac­com­pa­gna ver­so un’oa­si di pace, sen­za mai di­men­ti­ca­re i tem­pi pas­sa­ti. Il mes­sag­gio fi­na­le del­la sua sil­lo­ge al let­to­re è come una mis­sio­ne: «Tra­smet­te­re qual­co­sa che io ho pro­va­to o ri­cor­da­to e che en­tri in re­la­zio­ne con il suo ani­mo, un moto che ab­bia luce di­ver­sa ep­pu­re af­fi­ne. Istan­ti dif­fe­ren­ti ep­pu­re ri­co­no­sciu­ti nel­la loro ori­gi­ne, ac­cen­ti di me­ra­vi­glia ver­so noi stes­si nel gran­de viag­gio che è la vita».

- Articolo di Federica Grisolia
(Vincenzo La Camera - addetto stampa Aletti Editore)

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