 | La parola ai lettori:
👉Il commento al libro “Per un mondo più pulito” di Noti Vincelli, a cura di Giuliana e Antonio Guaita.
Nella foto: Noti Vincelli al Salone del Libro di Torino per presentare "Per un mondo più pulito" presso lo stand Aletti Editore.
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L’afflato o il respiro poetico di Noti Vincelli è sicuramente figlio anche delle multiformi esperienze di vita che ha vissuto intensamente: il paese d’origine, gli anni fondamentali del soggiorno indiano, gli affetti familiari, il contatto spesso solitario con la natura nella casa di Acqua Bianca che ha sublimato il contrasto tra le diverse esperienze rendendolo un percorso interiore di sensibilità che ha potuto esprimersi in grande #poesia.
Non a caso la prima parte ci racconta di suoni-luci-colori in un viaggio esplorativo di conoscenza poetica della vita e della natura con una capacità immaginativa che ricorda il discorso del vecchio al fanciullo che tiene per mano mentre vanno incontro alla polvere rossa di una sera futura priva di ogni incanto, come nella canzone di Francesco Guccini.
La potenza suggestiva di queste poesie permette però di vedere un approdo diverso ai destini dell’umanità in un’espressione dell’immaginario che svolge un ruolo non solo consolatorio, ma di ispirazione alla collaborazione appunto “Per un mondo più pulito”. Così la scelta stilistica quasi ungarettiana trova anche nei contenuti come un passaggio profetico alla fede non conformistica, ma legata in modo per così dire utopistico all’umanità futura.
Dalla libertà degli spazi naturali si è traghettati al fascino del quotidiano vissuto con il recupero delle proprie radici nel paese dell’anima: Larino, in Molise. Cambia lo stile che diventa più accattivante contaminandosi il più possibile con la realtà del quotidiano, ma contemporaneamente mantiene viva la potenza ispiratrice delle immagini. Queste diventano evocative in un percorso tra vicoli e affetti, abitudini e riti. Lo spazio si fa più angusto, rassicurante e meno caleidoscopico, ma più intimistico, di una dolce nostalgia per le cose perdute ma vive nella memoria. Il quadretto del paese, la cattedrale che nasconde vicoli bui, i panni appena lavati stesi sulle pietre, la zia sarta, il sussurro del piccolo mondo paesano:
“che il sapore delle cose antiche,
infondesse coraggio ai nuovi dèi”.
Il ritratto è quello di una vita semplice, ma non cristallizzata che invita a non andare di fretta, a fermarsi un poco nell’alveo sicuro della tradizione familiare.
Legata ancora al paese d’origine la scelta di Keren, nipote della zia sarta come simbolo delle donne che diventano figure centrali in quanto creatrici di vita, di bellezza, ma soprattutto trasmettitrici di coraggio. A questo punto l’introduzione in prosa si fa più riflessiva la poesia più sofferta. Si legge tutta la preoccupazione delle madri per le figlie in pericolo, per Keren ginecologa in Afganistan in una clinica tutta femminile. La poesia si carica della responsabilità di suscitare orgoglio, ma anche offrire resistenza alla preoccupazione, alla pena.
“Tieni il ritmo
Ascolta una bella canzone
E’ un modo di pregare anche questo”
Inoltre, l’offerta delle possibilità taumaturgiche della poesia:
“Solo cantando si percorrono grandi distanze
Così cantò
E le brillarono gli occhi
Di nuovi spunti di vita”
Le parti in prosa si fanno più profonde ed estese a circoscrivere le riflessioni poetiche dell’ultima parte. Ritornano le immagini creative dell’approccio alle manifestazioni della natura, sfondo delle vicende umane non indifferente, ma interprete dei moti di un’anima capace di trasformarli in poesia.
Si riscopre così il punto di partenza riandando al valore della poesia così ben chiarito nell’introduzione:
“La poesia è come una preghiera che i bambini possono conoscere con facilità…
Se il sogno diventa suono, dipinto, poesia l’esistenza si modifica… Se si osserva l’amore fra il cielo e la terra, per non dimenticarlo, per non perdere la loro passione,…allora si cerca di inventare una follia che renda felici.
- Giuliana e Antonio Guaita
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