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Info sull'Opera
Autore:
Francesco Petrarca
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

CCCXXIII

di Francesco Petrarca

Standomi un giorno solo a la fenestra,
onde cose vedea tante, e sí nove,
ch’era sol di mirar quasi già stanco,
una fera m’apparve da man destra,
con fronte umana, da far arder Giove,
cacciata da duo veltri, un nero, un bianco,
che l’un e l’altro fianco
de la fera gentil mordean sí forte,
che ’n poco tempo la menaro al passo
ove chiusa in un sasso
vinse molta bellezza acerba morte;
e mi fe’ sospirar sua dura sorte.
Indi per alto mar vidi una nave,
con le sarte di seta, e d’òr la vela,
tutta d’avorio e d’ebeno contesta;
e ’l mar tranquillo, e l’aura era soave,
e ’l ciel qual è se nulla nube il vela;
ella carca di ricca merce onesta:
poi repente tempesta
oriental turbò sí l’aere e l’onde,
che la nave percosse ad uno scoglio.
O che grave cordoglio!
Breve ora oppresse, e poco spazio asconde,
l’alte ricchezze a null’altre seconde.
In un boschetto novo i rami santi
fiorian d’un lauro giovenetto e schietto,
ch’un delli arbor parea di paradiso;
e di sua ombra uscìan sí dolci canti,
di varî augelli, e tant’altro diletto,
che del mondo m’avean tutto diviso:
e mirandol io fiso,
cangiossi ’l cielo intorno, e tinto in vista,
folgorando ’l percosse, e da radice
quella pianta felice
sùbito svelse: onde mia vita è trista,
ché simile ombra mai non si racquista.
Chiara fontana, in quel medesmo bosco,
sorgea d’un sasso, et acque fresche e dolci
spargea, soavemente mormorando;
al bel seggio, riposto, ombroso, e fosco,
né pastori appressavan né bifolci,
ma ninfe e muse, a quel tenor cantando:
ivi m’assisi; e quando
più dolcezza prendea di tal concento,
e di tal vista, aprir vidi uno speco,
e portarsene seco
la fonte, e ’l loco: ond’ancor doglia sento,
e sol de la memoria mi sgomento.
Una strania fenice, ambedue l’ale
di porpora vestita, e ’l capo d’oro,
vedendo per la selva, altèra e sola,
veder forma celeste et immortale
prima pensai, fin ch’a lo svelto alloro
giunse, et al fonte che la terra invola:
ogni cosa al fin vola;
ché mirando le frondi a terra sparse,
e ’l troncon rotto, e quel vivo umor secco,
volse in se stessa il becco,
quasi sdegnando, e ’n un punto disparse:
onde ’l cor di pietate, e d’amor m’arse.
Al fin vid’io, per entro i fiori e l’erba,
pensosa ir sí leggiadra e bella donna,
che mai no ’l penso ch’i’ non arda e treme,
umile in sé, ma ’ncontra Amor superba;
et avea in dosso sí candida gonna,
sí testa, ch’oro e neve parea inseme;
ma le parti supreme
eran avolte d’una nebbia oscura:
punta poi nel tallon d’un picciol angue,
come fior còlto langue,
lieta si dipartìo, non che secura:
ahi, nulla, altro che pianto, al mondo dura!
Canzon, tu puoi ben dire:
"Queste sei visioni al signor mio
han fatto un dolce di morir desio."
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