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Info sull'Opera
Autore:
Emilio Salgari
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

LA TIGRE DELLA MALESIA ( Capitoli XVI - XVII )

di Emilio Salgari

La spedizione di Labuan

L'audace quanto rapida risoluzione di Sandokan non aveva che uno scopo: impedire il matrimonio, si dovesse pure mettere a ferro e a fuoco l'intera Labuan, rubando la giovanetta che ormai si credeva in pieno diritto di far sua.
La spedizione, alla quale prendeva parte anche il Portoghese, fu deciso che avesse a comporsi per prima di un solo prahos montato da un numero limitato di scelti pirati, onde non allarmare gli incrociatori inglesi.
Sandokan non ignorava che una imprudenza poteva cagionare una vera catastrofe, come non ignorava che fosse capace di fare lord James per impedire che sua nepote avesse a cadere fra gli artigli della Tigre della Malesia.
Poteva darsi che il maledetto insospettito avesse ad abbandonare Labuan portando seco Marianna, e si ritirasse nei possedimenti inglesi di Sarawak sotto la potente protezione di James Brooke, e il pirata che sentiva di non poter guarire dalla terribile malattia che albergava nel suo cuore, voleva a ogni costo distruggere anche il più piccolo dei sospetti.
L'ordine di mettersi in mare venne, di conseguenza, subito dato. I pirati, che da tanto tempo agognavano questa spedizione su Labuan per dissetarsi, e trarne tremenda vendetta, al comando della Tigre si precipitarono come un sol uomo verso i prahos, agitando furiosamente scimitarre e scuri.
- Vendetta! Sangue! Sangue! Abbiamo sete Tigre! moriamo dalla sete! - erano le sole grida che si udivano uscire da quella folla frenetica entusiasmata.
Sandokan dovette usare tutta la sua autorità per impedire che s'imbarcassero tutti; egli ne scelse venticinque dei più risoluti, e dei più forti, anime perdute che avrebbero messo a sacco la Mecca stessa quantunque maomettani, vere tigri che non avrebbero esitato un solo istante a gettarsi anche su di un reggimento intero.
Uno dei più grandi e dei più solidi prahos, coi madieri rivestiti di lamine di ferro, armato di quattro cannoni da dodici e zeppo d'armi, fu subito messo a disposizione dell'audace banda.
Un momento prima di partire, mentre che l'equipaggio stava imbarcando una mezza dozzina di spingarde di grosso calibro, Sandokan chiamò attorno a sé tutti i pirati della costa e mostrando loro il Malese Gira Batoë:
- Ecco un uomo che ha la fortuna di essere coraggioso come una vera tigre - disse egli. - È uno dei due che sopravvissero alla sfortunata spedizione di Labuan. Mentre io parto, ubbidite a lui come ubbidivate a me.
Stette un momento silenzioso guardando il mare, poi traendolo verso la spiaggia:
- Ascoltami, Giro Batoë - gli disse. - Noi andiamo a Labuan; tu conosci la foce del fiumicello e puoi condurre dei prahos alla piccola palude senz'essere visto dagli incrociatori. Tu sai che venticinque uomini sono pochi per cozzare contro gl'Inglesi dell'isola che si tengono in guardia. Odimi bene ora: lascia scorrere due giorni, poi vieni a raggiungermi alla palude con una settantina dei più valorosi tigrotti e due prahos. Io sarò là ad aspettarti.
- Bene, capitano, vi sarò - rispose il Malese.
- Un'ultima raccomandazione, Giro Batoë. Fà sorvegliare attentamente il caporale; se ci scappa può rovinarci. Addio.
Ciò detto Sandokan, salutato da tutti i pirati, salì sul prahos dove l'aspettava Yanez.
- Partiamo - diss'egli brevemente.
A un cenno del Portoghese la gomena fu ritirata a bordo e le vele furono sciolte. Il piccolo legno abbandonò la darsena e uscì in pieno mare colla prua volta a Labuan.
Il cielo era sereno e il mare calmo come l'olio, però al sud apparivano certe nuvolette di una tinta particolare e di una forma strana, che non promettevano nulla di buono. Sandokan che oltre essere un cannocchiale vivente poteva chiamarsi un barometro vivente, fiutò qualche perturbamento atmosferico non troppo lontano. Tuttavia non se ne inquietò, prima conoscendo le buone qualità nautiche del suo legno che aveva lottato più volte coi più terribili cicloni, poi deciso di tutto sfidare purché approdare il più presto che fosse possibile a Labuan, dove i più forti motivi lo spingevano.
- Se alcuna forza umana fu mai capace di arrestarmi, meno ancora mi arresterà la tempesta - diss'egli al Portoghese. - Mi sento tanto forte nella passione da sfidare anche la natura.
- Credi che avremo tempesta? - chiese Yanez.
- Sì, fratello mio, e una tempesta che se non m'inganno ci farà rollare terribilmente.
- E non la temi?
- Temerla! Come posso temerla, quando Marianna m'aspetta, quando Marianna corre un pericolo? Vedi, Yanez, sono ammalato, ma atrocemente ammalato e a segno, che se io avessi a perdere la cara giovanetta, mi suiciderei. Ho la gelosia che mi avvelena il sangue, mi sembra avere mille serpi che rodano il cuore, mi sembra avere un vulcano qua, in mezzo al petto e che mi faccia ribollire il sangue. Bisogna che la faccia mia, come tu vedi, perché io possa guarire e la farò. Non mi fanno paura né le loro navi, né le loro forze, solo ho paura dei tradimenti, ma mi sento tanto forte e le forze mi vanno così crescendo man mano che mi avvicino a Labuan e che la passione ingigantisce da sfidarli. Sfiderei Maometto e Dio stesso.
- Ma vorresti tu cacciarti sotto il naso di qualche incrociatore, Sandokan, se esso avesse l'idea di sbarrarti la strada? Sarebbe pazzia, sarebbe un mettere in sull'avviso il lord ed il baronetto che si affretterebbero a ritirarsi in mezzo ai loro compatrioti se non trovano di meglio di battere in ritirata fino a Sarawak per essere più sicuri.
- E che, Yanez, vorresti tu che io dovessi ritornarmene a Labuan un'altra volta? No, te lo giuro, fratel mio, attaccherò qualsiasi legno che mi sbarrerà la via.
- Non dico questo. Se si vuol arrivare in tempo d'impedire il matrimonio e di prevenire la loro fuga, bisognerà andar innanzi anche se dieci incrociatori vegliano. Ma abbiamo prudenza, non destiamo all'armi che in questi momenti sono più che pericolosi; cerchiamo assumere l'aria di onesti trafficanti in rotta per Varauni tanto da ingannare i più astuti lupi di mare. Quando saremo fuor di pericolo faremo rotta falsa, e con quattro bordate e una arrancata, se il vento non ci sarà propizio, andremo a Labuan. Si troverà bene qualche fiumicello o qualche calanca da nascondere il prahos a occhi troppo indiscreti.
- Hai ragione, Yanez, giuocheremo di astuzia ora, poi giuocheremo col cannone.
- Meno che sarà possibile, Sandokan - disse il Portoghese. - Siamo venticinque e dei più risoluti, altri sessanta verranno dopo: benissimo, saremo in tutto novanta tigrotti, ma non bisogna commettere pazzie e urtarsi con tutta Labuan. A che creare imbarazzi quando si possono evitarli? Non mi hai assicurato tu, che la giovanetta ti seguirà ovunque?
- Sì, essa me lo ha giurato - rispose Sandokan il cui ricordo gli strappò un sospiro.
- Bene, nulla di più facile, una bella notte, il più presto che sia possibile onde evitare guai, andare al parco senza destar all'armi. Comprendi il resto. Se la rapirò senza far fracasso, quando gl'Inglesi si saranno accorti del bel tiro, noi saremo lontani e su falsa via perché non abbiano a raggiungerci coi loro dannati vapori che filano di più dei più rapidi prahos. Andremo sulle coste del Borneo per esempio, mentre essi fileranno verso Mompracem. Vi sarà un doppio giuoco.
- E credi tu che la villa non sia guardata, Yanez? Oh! Io li conosco quel lord e quel baronetto: essi sanno bene che sia capace di fare la Tigre. Dormiranno con un sol occhio o meglio ancora, saranno svegli con qualche compagnia di soldati o di marinai, coi quali bisognerà venire bravamente alle mani.
Il Portoghese si mise a mordere i mustacchi come faceva quando era imbarazzato.
- Io penso, Sandokan - disse egli, - che tu possa avere ragione. In tal caso ti suggerisco una via di mezzo senza aver bisogno di precipitare gli avvenimenti nel fondo dei quali si potrebbe trovare una seconda sconfitta e tu sai che si sfugge difficilmente due volte a simili pericoli. Non arrischiamo i nostri venti uomini contro delle muraglie dietro le quali vi possono essere delle centinaia d'uomini. Prendiamo le cose con calma e aspettiamo gli altri. Che ne dici?
Sandokan non rispose. Il suo sguardo dopo aver percorso il mare erasi arrestato sulla nuvoletta poco prima osservata che andava sempre più oscurandosi.
- Orsù, fratello, a che vai pensando? - chiese Yanez.
- Che il tuo piano potrebbe convenire ad altri ma non a me. Ma lasciamo le cose lì come stanno. Sai, Yanez, che le giacche rosse avranno un alleato?
- Un alleato? Forse il sultano di Borneo? O forse quel dannato Inglese che governa a Sarawak?
- Né l'uno né l'altro fino ad ora. Parlo dell'uragano che si avanza a gran passi. Il miserabile fra poco verrà a subissarci colle sue ondate. Ma non aver paura, Yanez, che lo sfideremo. Io andrò a Labuan a dispetto di tutte le tempeste del globo.
- Credi tu che il vento ruggirà?
- Sì e fortemente, ma saremo pronti a riceverlo. Lo vedrai, Yanez, domani a notte getteremo l'âncora sulle coste di Labuan.
Sandokan abbandonò il Portoghese che si era messo a guardare le nubi con qualche inquietudine, e andò a sedersi sul cannone di prua col capo stretto fra le mani e gli occhi fissi all'oriente fantasticando sui suoi progetti.
Egli si sentiva suo malgrado invaso da mille timori, non per la tempesta della quale se ne rideva, non per Mompracem che ormai era destinata a tramontare ma per la giovanetta abbandonata fra le braccia del lord e del baronetto.
L'impazienza lo rodeva come lo rodeva la gelosia. Calcolava la distanza che lo separava da Labuan, contava metro per metro la via guadagnata, trovando che il vento era debole e il suo prahos una carcassa.
Avrebbe voluto colla forza della sua passione animare quel legno, spingerlo e animare egualmente quel vento che a poco a poco scemava, e accorciare la via che per la prima volta in sua vita trovava terribilmente lunga.
Anche i suoi uomini, quantunque solamente animati dalla vendetta, che avevan giurato compiere e ben strepitosamente, s'impazientavano. Andavano e venivano pel ponte imprecando al vento che non trovavano abbastanza buono, cangiavano velatura ogni dieci minuti per cercar di accelerar la corsa aggiungendovi qualche nuovo fiocco di loro invenzione e ponendosi spesso ai remi, nonostante che il legno divorasse senza fatica i suoi quattro o cinque nodi all'ora e continuasse a crescere sotto i primi buffi di vento umido del sud e sud-ovest.
Dell'uragano che minacciava scoppiare seriamente, e che in quei mari sa infuriare e ben terribilmente, non se ne inquietavano di troppo. Abituati, sino dall'infanzia, a quei pericoli, che essi chiamavano di seconda classe, abituati a combatterli a bordo dei prahos, se ne ridevano. Tutto sarebbe terminato con qualche vela lacerata e dei buoni colpi di mare, un nulla infine che non avrebbe impedito di andarsene a Labuan e di approdarvi all'indomani al calar del sole.
Il vento accrebbe di velocità dopo il mezzodì quando si trovavano a una ventina di miglia da Mompracem, segno infallibile che la tempesta, che andava formandosi al sud, cominciava a predisporsi per iscoppiare o alla notte o all'indomani. Le nubi piccine e che potevano essere sfuggite a più di qualche occhio alla mattina, cominciarono con una mossa che avrebbe sembrato impercettibile a levarsi sull'orizzonte prendendo una tinta fosca e distendendosi su larga zona.
Chiunque, nel vederle, si sarebbe affrettato a virar di bordo e cacciarsi prudentemente in qualche sicura baia aspettando che tutto fosse passato, ma Sandokan quantunque si trovasse a sole venti miglia da Mompracem, ove sapeva di trovar un rifugio più che sicuro, non lo pensò nemmeno e meno ancora lo pensarono i suoi uomini che avevano cieca fiducia in lui. Lo aveva detto che né gli uomini né le tempeste di tutto il globo lo avrebbero arrestato ed era uomo da mantenere la parola.
Che importava se il vento ruggiva, se il mare si gonfiava, se il prahos rollava e beccheggiava, se perdeva vele e alberi, quando lei era là, quando forse lo aspettava, quando si correva pericolo di non ritrovarla più mai?
Fosse stato pur sicuro di approdare a Labuan una seconda volta ferito o come naufrago, solo e con le giacche rosse alle calcagna a inseguirlo per la seconda volta attraverso le foreste, non gli sarebbe importato purché trovarsi a Labuan e giungere in tempo di rapirla prima della catastrofe.
Solo il Portoghese ebbe qualche timore sulla buona riuscita della spedizione. Egli l'espose a Sandokan.
- L'uragano si addensa, fratello mio. Sarai tu capace di sfidarlo impunemente? Il nostro prahos è un buon legno, non vi ha da dubitare, ma la via è ancora lunga e potrebbe darsi che dovessimo cambiare rotta. Non credi tu che sia cosa saggia poggiare su Mompracem fino a che la burrasca si sia un po' sfogata? Il caporale inglese ha detto fra quattro giorni, quindi il tempo mi pare più che sufficiente per lasciar passare il tifone che ordinariamente non dura molto.
- Non pensarlo nemmeno, Yanez - disse il pirata. - Non ho mai avuto paura di una tempesta e meno l'avrò oggi che si tratta di Marianna. Un ritardo, mi capisci, potrebbe diventarmi fatale e un sospetto potrebbe precipitare la catastrofe. Anzi io penso che questo mare infuriato ci sia di aiuto per passare inosservati la crociera.
- E sui pericoli di un naufragio, hai tu pensato? Annegata la Tigre, sarebbe la morte di lady Marianna.
Il pirata si mise a sogghignare.
- Il naufragio non lo temo, e la morte della Tigre non avverrà né oggi, né domani, né mai. Mi sento invulnerabile e sento pure che toccherò le coste di Labuan sano e salvo!
Il pirata aveva pronunciato queste parole con una sicurezza tale da credere quasi che fosse egli il padrone assoluto dei destini umani.
Il Portoghese credette bene di lasciar lì il discorso ben sapendo che la Tigre non avrebbe ceduto. Persuadere un tale uomo, che credevasi invincibile, sarebbe stata follia.
La velocità del prahos si accelerò ancor più verso le sette della sera, raggiungendo i sei nodi, velocità più che bastante per trovarsi all'indomani sulle coste di Labuan. Pareva che il legno fosse diventato un vero pesce guizzante, meglio ancora pareva un gigantesco uccello che radesse le onde, il cui becco ne era il bompresso e le ali le enormi vele.
Qualche ora dopo verso il nord fu segnalato un grosso brigantino, un bel mercantile dal ventre rigonfio, per far uso di una frase piratesca, la cui vista destò qualche idea di saccheggio fra i pirati.
Ma Sandokan che non aveva né voleva perdere tempo, sebben la presa di quel vascello promettesse bei guadagni vedendolo venire dal sud, la via che ordinariamente tengono le navi provenienti dall'India, da Giava, da Sumatra o dal Timor e che si recano a Varauni o alle Filippine, cariche delle più preziose merci da far venir l'acqua in bocca a un pirata meno innamorato di lui o meno frettoloso, lasciò che il brigantino continuasse tranquillamente la sua via, il che fece dire a qualche pirata che la Tigre della Malesia era cangiata, certamente stregata durante il suo soggiorno nelle foreste di Labuan.
Tuttavia, è d'uopo dirlo, nessuno ardì mormorare; i più ammisero che se agiva così doveva avere le sue buone ragioni di cui non erano obbligati, né autorizzati a indagare.
Solo il Portoghese, che, come si disse, godeva una confidenza illimitata, ardì farne parola.
- Che diavolo - disse egli fra il serio e il malizioso, - hai tu già dimenticato il tuo mestiere, Sandokan?
- Forse - si accontentò di dire il pirata e poi, cangiando tono, - il brigantino, Yanez, non è già inglese, né m'interessa molto. A qual pro sacrificare uomini che oggi sono indispensabili quanto rari, pel capriccio di guadagnare delle stoffe o delle spezierie che non si saprebbe ove porle e perdere del tempo che è più prezioso di tutti gli ori della mia capanna! Non lamentarti troppo presto, Yanez, potrebbe venir un giorno che per volontà di lei abbia a stancarti di tante prede e assieme a te stancare i miei uomini.
- Bene, Sandokan - disse il Portoghese abbassando la voce, - potrebbe adunque darsi che tu tornassi la Tigre?
- Sì, se lei lo vorrà; non capisci che oggi la Tigre è incatenata e che la mia volontà non dipende che da lei?
- Ma cercherai almeno tu di persuaderla a seguirti a Mompracem e di diventare la compagna della Tigre? Guarda, perduto tu, fuggito con lei o morto, Mompracem cadrà. Perderà quella potenza che tu le avevi dato. Vivo tu, e ancor pirata, brillerà tanto, acquisterà una fama sì grande, da eclissare e far fremere gli stranieri annidati su questi mari. Vi sono centinaia di Malesi e di Dayachi, che alla prima tua chiamata, correrebbero a Mompracem a ingrossare la formidabile schiera dei pirati.
- Lo so, Yanez, e forse lo tenterò. Ma vuoi tu che io releghi lei in una isola selvaggia come la mia, fra gente che sa solo trar archibusate e menar il kriss e la scure? Vuoi tu che io ne faccia una piratessa di lei, così timida, così dolce, così buona? Vuoi tu che la getti in mezzo al sangue, che le mostri per ogni dove scheletri umani e stragi? Vuoi tu che la soffochi col fumo dei nostri moschetti, che la esponga a un eterno pericolo, che l'assordi con le urla dei combattenti, con gemiti di feriti, col ruggito dei cannoni? Dimmi, Yanez, lo faresti tu?
Il Portoghese lo guardò, crollando il capo con dubbio... e non rispose.
- No, Yanez - continuò il pirata con accento appassionato, - io non lo farò mai! mai!...
- Sicché questi sono gli ultimi giorni per Mompracem? Pensa, Sandokan, a quei tempi in cui tu brillavi per la tua potenza, a quei giorni in cui il ruggito della Tigre della Malesia spandeva il terrore per trecento miglia all'intorno, a quei giorni dove tu eri il padrone assoluto di questi mari.
- Ho pensato a tuttociò - rispose la Tigre con voce soffocata.
- Ebbene, Sandokan, e non ti ha detto nulla il cuore?
- Sì, l'ho sentito sanguinare.
- E nondimeno lasci morire la tua potenza, lasci morire la grandezza di Mompracem. Come puoi soffocare quei ricordi tanto cari?
- Non lo so, ma li soffoco. Vorrei allontanarli per sempre, vorrei distruggerli, non vorrei..., no, non vorrei mai essere stato la Tigre della Malesia.
- E tuttociò...
- E tuttociò per Marianna Guillonk - rispose il pirata quasi con ferocia.
- Ma bisogna bene che tu abbia ad amarla per anteporla alla tua gloria.
- Immensamente, Yanez. Giammai uomo al mondo amò come amo io la Perla di Labuan.
In quell'istante un lampo abbagliante squarciò le tenebre illuminando il mare che montava a vista d'occhio muggendo spaventosamente. Sandokan si scosse tutto: rialzò fieramente il capo come lo sapeva rialzare quando era Tigre e stendendo la mano verso il sud:
- La tempesta!...
Attraversò il ponte e si collocò alla ribolla del timone, nel mentre che i suoi tigrotti saltati in piedi si disponevano ai bracci delle manovre pronti a sostenere i primi assalti del mare.
- Avanti, uragano, io non ti temo - disse Sandokan. - Ti sfido!
I primi colpi di vento umido capitavano di già dal sud con quella rapidità che sogliono acquistare nelle tempeste, accompagnati dai primi colpi di mare.
Il prahos colla velatura ridotta si mise a filare all'oriente, tenendo bravamente testa agli elementi che cominciavano a scatenarsi, e senza deviare di una sola linea dalla rotta di Labuan non ostante i violenti rollii e beccheggi.
Però la tempesta, come si credeva, non iscoppiò interamente e la notte passò relativamente tranquilla, rotta solo dal muggito del mare e dallo scrosciar delle scariche elettriche che pareva crescessero a ogni istante d'intensità, dallo scricchiolar dell'alberatura che si curvava sotto i soffi ripetuti, dal fischiar delle corde che si urtavano le une colle altre scorrendo nei boscelli cigolanti e dal crepitar delle vele che sbattevano vivamente sotto i rollii o i beccheggi.
Sandokan in tutta la notte non abbandonò la ribolla del timone, e il Portoghese non lasciò un istante il ponte. Approfittando di quella tregua lasciata dall'uragano, aiutato dai pirati, si affaccendò ad assicurare i cannoni e le spingarde, armi la cui perdita sarebbe stata un'illimitata disgrazia, da che si correva verso le pericolose coste di Labuan. Nel medesimo tempo non si dimenticò di assicurare le imbarcazioni e qualche manovra che a suo credere non presentava una certa solidità.
All'indomani l'uragano si scatenò in tutta la sua terribile maestà, seguito da tutto un corteo di lampi, di fulmini e di pioggia. Capitò improvvisamente verso le dieci del mattino, mettendo sottosopra l'oceano che montò in un batter d'occhio.
Le nubi accavallate e minacciose sin dal giorno prima si illuminarono sotto la luce dei lampi, abbassandosi tanto da tuffare i loro negri lembi nel seno delle acque spumeggianti, le quali si urtavano fra mille fragori a cui rispondevano tutti i tuoni del cielo. Il povero prahos, vero guscio di noce che sfidava la natura irritata, fu battuto, soffocato sotto le montagne d'acqua che correvano all'assalto urlando; barcollava furiosamente sulle creste dei marosi irritati, veniva precipitato negli abissi per essere di poi sobbalzato nuovamente fino alle nubi, rovesciando tutti gli uomini e perdendo ora un lembo di tela strappatagli dal vento e ora un attrezzo portatogli via da un colpo improvviso di mare.
Con tuttociò, Sandokan non dava indietro, non diminuiva di un centimetro la superficie delle vele enormemente gonfie deciso a tenere la sua rotta per Labuan a dispetto della tempesta.
Fermo alla ribolla del timone, cogli occhi in fiamme, coi lunghi capelli sciolti al vento, irremovibile fra gli scatenati elementi che ruggivano a lui d'intorno, pareva ancora la Tigre della Malesia, che non contenta di aver sfidato gli uomini, sfidava la natura. I suoi pirati, aggrappati alle manovre, se ne stavano impassibili dinanzi a quei furiosi assalti del mare, conservando quella calma che è tanto necessaria all'uomo di mare in quei momenti supremi, e tenendo gli occhi fissi sulla Tigre pronti a eseguire i più pericolosi comandi a dispetto del vento e delle ondate.
Il prahos, un vero giocattolo, tutto coperto dalle sue immense vele che rumoreggiavano con iscoppi che somigliavano a scariche di piccoli pezzi d'artiglieria, non cessava un sol istante dal correre, tenendo bravamente testa al mare che sempre più infuriato avventava le sue ondate fino al mostravento degli alberi.
Si sbandava sempre più spaventosamente, si drizzava pari a cavallo imbizzarrito, gemeva maledettamente, si tuffava sferzando le acque colla prua, si lasciava rubare dalla coperta tutto ciò che non era ben legato, ma non dava indietro né torceva cammino di una sola quarta.
La terribile lotta continuò così il giorno intero e senza che l'uragano cessasse un sol minuto, anzi la sera raddoppiò d'intensità accrescendo così l'orror della notte.
La situazione peggiorò qualche ora dopo che si fe' oscuro e a segno che Sandokan dovette suo malgrado lasciarsi andare un po' al nord ma senza diminuire la superficie delle vele, che straordinariamente gonfie curvavano gli alberi minacciando di spezzarli.
Non vi si vedeva più; il mare saltava a bordo muggendo e coperto di candida spuma, scuotendo sempre più il povero legno che rollando disperatamente precipitavasi negli avvallamenti delle onde dalle quali non ne usciva che a gran pena e a prezzo di manovre e fatiche senza nome.
Lottare più a lungo, tenere ancora la via dell'est ostinatamente contrastata dal vento e dalle onde che andavano a gara per infuriare, quasi avessero giurato di misurarsi in una formidabile tenzone, sarebbe stata follia. Il legno cominciava a fendersi, i madieri minacciavano di disunirsi per dar passaggio a vie d'acqua e gli alberi di spezzarsi.
Il Portoghese lo vide, e capì che era imprudenza ostinarsi più a lungo a tener testa a quegli elementi scatenati. Si staccò dalla murata alla quale sino allora erasi tenuto aggrappato e stava per avvicinarsi a Sandokan per indurlo a cangiare rotta, quando una detonazione scoppiò improvvisamente al largo. Un istante dopo l'albero di maistra del prahos spaccato a metà da una palla di cannone, ruinava sul ponte!



La villa di lord James

Dopo la repentina quanto brutale aggressione, che con simile tempo e in momenti così critici i pirati non s'avrebbero giammai aspettato, il povero prahos scomparve nel cavo di un'immensa onda, dalla quale non uscì che perdendo il rimanente dell'alberatura.
Sandokan, rovesciato coll'equipaggio da quel violento rollio, appena che fu capace di rizzarsi, abbandonata la ribolla del timone a rischio di compromettere la sicurezza del legno, si slanciò con un sol salto a prua, cercando scoprire l'audace che insolentemente lo sfidava in mezzo all'uragano.
- Ah! Ah! - esclamò egli sogghignando. - Vi sono degli incrociatori che battono il mare e provocano con simile tempesta?
Infatti l'aggressore, che in mezzo a quel formidabile rimescolamento del mare, trovava modo di sparar cannonate con matematica precisione, era un gran vascello a vapore sul cui picco sventolava la rossa bandiera inglese e sulla cima dell'alberetto di maistra il gran nastro dei legni da guerra. Il birbante era a meno di seicento metri, e cercava di far fronte alle onde che l'assalivano furiosamente a prua, inabissandosi enormemente e sbandando spaventosamente per l'eccessivo peso della sua costruzione di ferro.
- Tutti sul ponte! - esclamò Sandokan ripigliando la ribolla del timone nel momento che il prahos abbandonato a sé stesso si gettava fuori di via portandosi al nord.
- Dobbiamo rispondere? - chiese un marinaio, che si teneva aggrappato a una delle spingarde, pronto a farla cantare.
Un secondo colpo di cannone rimbombò, la palla fischiò agli orecchi dei pirati.
- Ah! birbante! - esclamò Paranoa, che aveva preso la miccia.
Una montagna d'acqua precipitossi contro il vascello che fu violentemente respinto verso il nord, nonostante che la sua macchina non cessasse di funzionare.
Il prahos senza vele e terribilmente battuto fu alla sua volta portato duecento passi più vicino all'incrociatore che si sforzava di raggiungerlo.
- Ehi! Sandokan! - esclamò il Portoghese. - Noi diamo indietro, gettandoci in bocca al leone! Se la continuerà così non approderemo più a Labuan, senza un lembo di tela e sotto il cannone del maledetto.
- Silenzio! - comandò la Tigre, senza abbandonare il timone. - Rizzate un pezzo di albero e una trinchettina.
Il prahos fu lanciato al nord di venti passi dopo essere stato dondolato per qualche tratto sulla cresta di un'onda, offrendo punto di mira all'incrociatore, che respinto alla sua volta tirava sempre col suo grosso cannone di prua. Una nuova palla frantumò l'estremità del pennone di trinchetto. I pirati si misero a urlare come aquile cercando puntare uno dei cannoni.
- Sangue di Maometto, giù un albero! - gridò il Portoghese. - Lasciate che la canaglia strepiti.
I momenti erano preziosi. Il povero legno mutilato, senza direzione e senza stabilità per l'assoluta mancanza di vele, andava attraversando le onde con ispaventevoli rollii minacciando di ingavonarsi in uno degli avvallamenti e di non uscirne mai più non ostante gli sforzi disperati di Sandokan, che tentavo rimetterlo sulla via dell'est manovrando a timone.
I pirati, abbandonando i cannoni, divenuti inutili fra tutto quel diavolio, fra quei colpi di mare che spazzavano da un capo all'altro e incessantemente il ponte e i cui colpi sarebbero stati incerti fra quei violenti rollii, si misero all'opera senza smarrirsi d'animo, cercando di rizzare un po' d'attrezzatura e di spiegare un lembo di tela per dar un po' di stabilità al legno.
A prezzo di fatiche inenarrabili, di pericoli senza nome dove più di un uomo fu ferito, battuto contro le murate o sul punto di esser portato via, fu stabilito un alberetto di trinchetto assicurandolo con nuove sartie, valendosi dei lampi per servirsi di un po' di luce che mancava quasi del tutto. Una trinchettina fu stabilita un po' più tardi, malgrado il vento che dieci volte di seguito l'abbatté prima di essere spiegata e malgrado il cannoneggiare del piroscafo le cui palle per buona ventura non colpivano che raramente il segno. La manovra audace e pericolosa, quasi impossibile su quel piccolo prahos che il più delle volte scompariva fra le onde, fu eseguita colla maggior intrepidezza possibile sotto gli occhi della Tigre che non abbandonava un sol istante la ribolla.
- Tenetevi saldi! - esclamò il Portoghese nel momento che una gigantesca ondata si precipitava sul legno e che Sandokan si preparava a virar di bordo portandosi all'est.
Il prahos fu subissato per metà quantunque trasportato verso le nubi, ma fu tutto. Virò di prua e mentre che il piroscafo impotente di far fronte alle onde per la sua mole e per qualche avariame nelle sue tambure, continuava a indietreggiare perdendo via, sfogando il suo malumore con ripetute quanto inefficaci scariche d'artiglieria, il piccolo legno, offrendo il fianco ai colpi di mare, colla sua trinchettina crepitante ed enormemente gonfia, si slanciò all'est ripigliando la lotta colla tempesta.
Dieci minuti dopo, grazie alla sua velocità che diventava ognor crescente sotto nuovi soffi, perdeva di vista il piroscafo che indietreggiava al nord, ponendosi alla cappa, senz'altre detonazioni. Si mise a filare direttamente a Labuan che doveva essere vicina, malgrado l'infuriare delle onde che lo assalivano con novella furia sul tribordo senza voler cedere di una linea, sferzando l'acqua che spumeggiava, fra rollii maledetti che potevano diventare funesti, talora avventato sulle creste, talora precipitato negli abissi mobili.
Avanzò così per mezz'ora, col pericolo di scomparire per sempre in qualche cavo delle onde o di cozzare contro qualche scogliera, cercando la costa che non si riusciva ancora a scorgere ma che doveva essere a poca distanza, guidato dalla ferrea mano di Sandokan, cui nulla avrebbe fatto torcer cammino, fiero di poter lottare su quei mari che chiamava suoi, di domare quelli elementi scatenati, di passare là dove era stato battuto il piroscafo quattro volte, e forse più, più grosso del suo legno.
- Ehi! - esclamò d'un tratto il Portoghese che si era avanzato fino al trinchetto. - Terra dritto l'asta di prua!
- Labuan! Labuan! - esclamò Sandokan che scattò in piedi come spinto da una molla.
- Attenzione alle secche a tribordo! - gridò un Malese, additando un luogo ove il mare spumeggiava a prodigiosa altezza, frangendovi sopra con terribile fracasso.
- Paranoa! - disse Sandokan volgendosi verso un Dayacho a lui vicino e che occupava fra la banda un posto distinto dovuto alla sua abilità di nocchiere. - Prendi la ribolla.
Il pirata obbedì. Sandokan si lanciò a prua, malgrado i violenti rollii e i colpi di mare e guardò.
La costa si disegnava chiaramente a quattrocento metri distante rischiarata dai lampi, libera dai pericolosi frangenti che sogliono circondare quelle terre della Malesia, ma dirupata e senza presentare approdi di sorta, senza presentare alcun rifugio dove il prahos vi si potesse cacciare per mettersi al coperto dalle onde incalzanti. Il pirata gettò una bestemmia.
- Saccaroa! - esclamò egli servendosi dell'esclamazione abituale. - Dove siamo noi?
- Certamente a Labuan - disse il Portoghese che si teneva a lui vicino aggrappandosi a uno dei cannoni.
- Lo so bene io, ma dove cacciarsi con simile tempesta? Non vi sono seni né approdi pel nostro prahos. Egli sarà schiacciato contro la costa se ci avviciniamo ancor più.
- Ah! Se la canaglia cessasse un po' dall'infuriare! Orsù, Sandokan, che facciamo noi? Viriamo di bordo e lasciamoci andare al nord come il piroscafo. Non possiamo approdare.
Il pirata lo guardò per alcuni istanti in silenzio col volto truce, poi tendendo improvvisamente ambe le mani verso le dirupate coste di Labuan:
- Yanez! - diss'egli improvvisamente. - Noi approderemo!
- Approderemo? Ma non vedi, Sandokan, che la costa non offre rifugio?
- Che importa? Marianna mi aspetta, Yanez; oggi cada il mondo, noi approderemo.
- Ma il prahos? Si sfracellerà contro la costa e non so chi di noi si salverà.
- Hai paura, Yanez? - chiese il pirata, la cui voce sibilava come il vento.
- Tu sai che vicino a te non ho paura nemmeno del diavolo.
- Sta bene: allora approderemo.
Il prahos, spinto dal vento e dalle onde, si trovava a trecento passi dalla costa.
- Paranoa! - gridò Sandokan. - Muovi dritto lungo la costa e guardati dai banchi.
Poi, volgendosi verso i suoi tigrotti che lo miravano trasognati:
- Voi, preparate l'imbarcazione e issatela fino alla murata. La lanceremo in mare.
Che intenzione poteva mai avere il pirata? Voleva egli frantumare il prahos contro le scogliere della costa generando una catastrofe? I marinai, che non avevano mai avuto paura, si guardarono tuttavia in volto con ansietà; peraltro ubbidirono ciecamente e sollevarono a forza di braccia l'imbarcazione fino alla murata di tribordo mettendovi entro due carabine, munizioni, remi e viveri per parecchi giorni.
Sandokan si avvicinò al Portoghese, che guardava con ispavento quegli strani preparativi.
- Sali nell'imbarcazione, Yanez - gli disse.
- Ma che vuoi fare, insensato?
- Approdare a Labuan, a dispetto della tempesta e delle scogliere.
- Ma tu vuoi annegarti?
Sandokan per tutta risposta lo afferrò e sollevandolo come fosse un fanciullo lo depose nella imbarcazione.
- Paranoa! - gridò egli dipoi, correndo a poppa. - Io debbo approdare a Labuan. Sta attento ora a quanto ti dirò. Quando ti darò l'avviso, vira di bordo e lasciati trasportare al nord finché la tempesta durerà. Sali al nord fino a che tornerà a calmarsi il mare, poi ridiscendi fino a queste coste, e va a gettare l'âncora a quel fiumicello che ti descrissi. Io ti aspetterò col Portoghese alla piccola palude.
- Bene capitano - disse il Dayako. - Ma voi?...
- Approderò.
- Vi lascierete la vita, capitano.
- Taci, Paranoa. La Tigre della Malesia è sempre la stessa.
Il pirata, deciso di affrontare tutto pur di giungere a tempo di strappare la giovanetta dalle mani del lord e del baronetto, salì nell'imbarcazione.
A cento metri di distanza dalla costa, si alzò in piedi afferrando un remo, mentre il Portoghese ne prendeva un altro.
Un'onda gigantesca correva allora sul povero prahos che tentava di virare per presentargli la poppa. Gli capitò addosso come un lampo, sollevandolo fino alle nubi: s'udì uno schianto formidabile.
- Lascia andare! - gridò Sandokan che vide la murata sfasciarsi. - Vira! Vira!..
L'imbarcazione abbandonata a sé stessa fu portata via coi coraggiosi che la montavano. Quasi nel medesimo tempo il prahos virò di bordo fuggendo verso il nord.
- Arranca, Yanez, arranca! - gridò Sandokan che remigava disperatamente. - Approderemo a Labuan!
Un'altra onda capitò addosso e avvolse la piccola imbarcazione.
- Per Giove! - esclamò il Portoghese. - Dove andiamo?
- Arranca! Arranca! Andiamo a Labuan!
- E l'urto?
- Zitto, guarda la costa.
L'imbarcazione dondolata spaventosamente s'avvicinava alla costa portatavi dalle onde. Percorse in meno di due minuti cinquanta passi: salì una montagna d'acqua, precipitò in un abisso poi avvenne un cozzo violento.
I due intrepidi sentirono mancarsi il fondo della scialuppa sotto i piedi. Mezza chiglia staccata dall'urto se ne andò.
- Sandokan! Sandokan! - esclamò il Portoghese, che vedeva la scialuppa affondare.
- Tieni saldo, Yanez...
La voce fu soffocata da un tremendo colpo di mare che avventossi contro di loro. La scialuppa fu sollevata; si dondolò un istante sulla cresta di un'onda poi tornò a toccare. Il controcolpo l'avventò contro la costa, spingendola fino ai primi alberi, contro i quali si frantumò. I due pirati rotolarono senza saper il come in mezzo alle sabbie del lido.
- Afferra le armi! - gridò Sandokan saltando in piedi.
Il Portoghese, quantunque stordito dall'urto e scorticato tutto, lo ubbidì. Salvate le armi e una parte di viveri, i due uomini miracolosamente scampati al naufragio si affrettarono a ritirarsi sotto gli alberi, mentre che le onde finivano di spazzare via i rottami della povera scialuppa.
Sandokan, guadagnata la foresta col compagno, fresco come avesse sbarcato con tempo calmo, più forte che mai perché si sentiva sul terreno ove viveva pur lei, felice di aver guadagnata quella costa tanto contrastata, non aveva ancor respirato che già parlava di mettersi in cammino non ostante la pioggia che cadeva a catinelle.
Non conosceva, né poteva conoscere il luogo ove era approdato ma non se ne impensieriva. Egli raccolse il fucile coll'evidente intenzione di scendere al sud fino a trovare il fiumicello e di là portarsi alla villa e cercar di agire subito quantunque mancasse l'appoggio dei suoi uomini.
- Andiamo, Yanez - diss'egli, volgendosi verso il compagno che si era tranquillamente sdraiato fra le erbe sotto un arecche, le cui foglie servivano a meraviglia d'ombrello. - Ho il fuoco nelle vene, l'impazienza e la gelosia mi rodono. Perdere un sol minuto che forse è prezioso mi sembra un delitto. Non vedi, non te ne accorgi che noi siamo a Labuan, sulla terra dove brilla la mia stella?
- Che diavolo ti salta in capo, Sandokan? - disse il Portoghese che non divideva le impazienze del compagno. - Sono ancora tutto stordito dall'urto dovuto al tuo insensato piano: siamo appena sfuggiti a un pericolo, che tu mi parli di riprendere la via per gettarti in un ginepraio irto di armi.
- Ma non vedi, Yanez, che il tempo vola e che lei forse corre pericolo? Se noi avessimo a giungere troppo tardi per strapparla dalle mani dei due miserabili, che farò mai io? Se tu sei debole io sarò forte e ti porterò fra le mie braccia: vieni adunque. La terra mi brucia i piedi, io tremo tutto all'idea che sono a Labuan e che lei è là. Andiamo a salvarla, mi sembra che corra un pericolo cento volte maggiore di quello che l'Inglese mi ha detto, mi sembra di udire le sue grida che chiamano soccorso, mi pare di vedere tendere le sue braccia verso di me!...
- Non aver fretta Sandokan, non ci fuggirà. Tu mi hai detto che ti ama e che quantunque debole sa nei momenti supremi spiegare una energia sovrumana; sono sicuro che essa non si lascierà vincere né rapire prima dei dieci giorni, i suoi rapitori non ardiranno usare violenze di sorta contro di lei. Sono giacche rosse, lo sappiamo, ma non mancano di cavalleria. Cederanno di fronte a una giovanetta. E poi, pensi tu di gettarti storditamente nelle loro unghie per farti prendere e ammazzare? La spedizione se ne andrà in fumo, tu sarai appiccato e io assieme a te, e lei morrà di dolore se ti ama tanto, come mi hai detto e come ha confessato il caporale che presi a quella vaporiera. Aspettiamo: la Tigre è spesso paziente.
- Ma se tu sapessi ciò che io provo trovandomi su questa terra! - esclamò Sandokan con voce rauca.
- Lo so, tu sei ammalato e gravemente, ma non commettiamo imprudenze che possono riuscire fatali tanto a te che a lei. Vedi, fratello mio, io sono bianco e la so lunga più di un selvaggio della Malesia in fatto di amori. Fa tempesta, un magnifico tempo per togliere ogni idea di prendere il largo anche a un lupo di mare. Piove, un magnifico mezzo per cavar la voglia a un galante di far viaggiare la giovanetta. Nulla di meglio adunque che aspettare come aspettano essi. Forse il caporale ha esagerato, forse la villa è guardata da qualche compagnia di giacche rosse. Vorresti tu assalire la villa per farti ammazzare con qualche moschettata?
- Ma credi tu, Yanez, che io abbia paura di un pugno di giacche rosse? Sono la Tigre, e oggi sono tanto forte da che la passione ingigantisce, che sfiderei Labuan da me solo.
- Lo so, Sandokan, ma le palle non hanno rispetto pei coraggiosi e volano senza dar l'avviso, meglio ancora, senza farsi vedere. Fa scuro, piove e il vento fischia, ma è sempre giorno, e non si può passare inosservati. Vuoi tu andar alla villa? Bene, noi vi andremo e assieme, ma aspettiamo almeno la notte. Devono essere le quattro, stiamocene imboscati fino alle sei, poi ci metteremo in marcia. Questa notte, se vuoi, noi la vedremo.
- Vederla? E io dovrò aspettare fino allora, Yanez? - disse il pirata che fremeva tutto a quell'idea.
- Certamente, Sandokan, e vedrai che il tempo non sarà perduto. L'uragano può calmarsi, il vento scemare, e il prahos scendere sino a questi luoghi. Orsù, gettati sotto questo arecche e lascia che piova.
Sandokan parve indeciso. Egli guardò il Portoghese sperando di risolverlo a partire, poi cedette e si gettò sotto l'albero mandando un sospiro roco, senza pronunciare una parola di più, ma col sangue infiammato dalla passione e la faccia trucemente sconvolta.
La pioggia continuava a cadere e l'uragano a infuriare sul mare, il quale agitato sino agli estremi limiti dell'orizzonte si sollevava in enormi ondate spumeggianti, frangendosi sulla spiaggia e sulle secche con tal violenza da portarne gli spruzzi fino ai due pirati, quantunque lontani un centinaio di passi. Quella vista destò qualche inquietudine nei loro cuori, riguardo al prahos che fuggiva al nord.
- Povero prahos - disse il Portoghese, dopo qualche istante di silenzio. - Credi tu, Sandokan, che si salverà? Quando noi lo abbiamo lasciato, era in un tristo stato. Senza alberi e colle murate a metà sfondate. Se egli facesse naufragio e andasse a picco? Sai, Sandokan, che sarebbe una brutta disgrazia.
- Lo so - rispose l'interpellato, che prestava orecchio attento a tutti quei fragori.
- E se ciò dovesse accadere? Sentiamo, che faresti tu, se ci manca l'appoggio delle loro forze?
- Che farei? - esclamò il pirata quasi sorridendo. - Assalteremo noi la villa, se fa d'uopo. Io la rapirò lo stesso.
- Tu corri sempre, Sandokan, e non pensi che due uomini per quanto valenti sieno, non sono che poca cosa dinanzi a una cinquantina di moschetti.
- Vorresti tu aspettare Giro Batoë? - domandò Sandokan, che crollava di già il capo in senso negativo.
- Ma certamente, fratello mio. Fra due giorni al più, non sarà qui?
- Due giorni! - esclamò Sandokan, colla medesima intonazione di un uomo che voglia esprimere l'eternità. - Due giorni! E come vorresti che io faccia a stare due giorni senza che abbia a vederla?
- Chi dice di stare due giorni senza vederla? Anzi bisogna farle sapere che noi siamo qui, pronti ad approfittare della prima occasione per rapirla. Lo vedrai, fratello mio, questa notte andremo a spiare nel parco per vedere se si può farle qualche cenno.
- E se non si può?
- Allora aspetteremo i nostri tigrotti e una volta riunitili daremo bravamente l'assalto alla villa e porteremo via la Perla dopo di aver scannate tutte le giacche rosse onde non abbiano a portare notizie a Vittoria. Una volta avutala in nostra mano e portatala a Mompracem ce ne rideremo di tutti gli Inglesi di Labuan. Che ne dici?
- Credo che tu abbia ragione, Yanez - mormorò il pirata, e alzandosi si diresse verso la spiaggia.
Il Portoghese lo lasciò fare, ma senza però perderlo di vista. Aspettò che la pioggia cessasse un po', poi caricatosi della carabina e dei viveri, lo chiamò.
- Vieni, Sandokan - diss'egli. - Credo sia ora di metterci in cammino senza aspettare che l'oscurità sia tanto fitta da non permetterci di fare dieci passi senza urtare contro i tronchi degli alberi.
- Lo credo bene - rispose il pirata che si provò a sorridere. - Andiamo, Yanez, che mi sento la terra scottare ancora sotto i piedi.
La foresta non presentava né passaggi, né indicazioni sufficenti per giungere alla villa di lord James, ma Sandokan era uno di quegli uomini che indovinano i sentieri e che sanno dirigersi senza aver bisogno di bussola o di stelle, come gli uomini dei boschi.
Ignorava a qual distanza si trovasse il fiumicello nel quale erasi cacciato coi due prahos la prima volta che aveva approdato a Labuan; ma che importava? Sapeva che si trovava al sud e che la villa distava da esso un paio di miglia, e ciò era più che sufficiente per guidarlo all'uno o all'altra e di giungervi prima che la notte finisse. Egli si mise in viaggio pel sud colla sicurezza di un indigeno pratico dell'isola.
L'uragano che si era fatto sentire sì vivamente sul mare si era egualmente fatto sentire nelle foreste di Labuan. Numerosi alberi, i più vecchi campioni delle boscaglie, abbattuti dalla folgore e dagli impetuosi soffi di vento giacevano in gran numero sparsi qua e là, alcuni totalmente appoggiati contro la terra e altri sospesi a diverse altezze, arrestati nella loro caduta dalle liane e da altri alberi, sotto o sopra i quali erano obbligati a passare i pirati.
Cespugli lacerati, frantumati, spogli; rami torti e contorti, ammassi di fogliame, immense quantità di frutta erano disperse per ogni dove, e in mezzo a quelle urlavano scimie ferite, grugnivano babirussa e stridevano uccelli.
Malgrado i tanti ostacoli che incontrava sul suo cammino, Sandokan non si arrestava un sol minuto, né si smarriva. Camminò diritto fino a che le tenebre furono calate, si fermò sull'orlo di un sentiero, alla cui vista trasalì. Egli lo additò al Portoghese.
- Che significa ciò? - chiese questi, che sbuffava come una foca. - Siamo forse su di un sentiero pericoloso?
- No - disse Sandokan con voce soffocata. - È il sentiero che mena alla villa!
- Oh! Oh! Così presto adunque? Orsù, la fortuna è con noi, Sandokan. Tira innanzi, ma bada bene di non commettere pazzie.
La Tigre della Malesia non aspettò nemmeno che avesse finito. Armata prudentemente la carabina per non cadere in qualche agguato, si slanciò rapidamente sul sentiero ansimante, col cuore che gli batteva furiosamente, la febbre addosso e la fronte tutta inondata di sudore. Egli si mise a trottare tanto che il Portoghese penava a tenergli dietro.
- Marianna!... Fanciulla divina!... Mia stella!... Amor mio!... - andava esclamando egli divorando la via. - Non aver più paura, che son qua io, la Tigre della Malesia!
In quel momento il pirata si sentiva tanto forte che avrebbe superato mille ostacoli per giungere alla villa. Cento baionette, cento cannoni, la morte stessa non sarebbero stati capaci di arrestare la Tigre.
Anelava, si sentiva divorare da un immane fuoco che ardevagli nel petto, si sentiva prendere dallo spavento e mille timori lo agitavano, i timori di non ritrovarla, i timori di giungere troppo tardi. Egli a poco a poco si mise a correre come un pazzo, varcando alberi e cespugli e torrenti, colla mente fissa tutta alla villa, dimenticando il Portoghese che lo seguiva, bestemmiando, intimandogli su tutti i toni di arrestarsi.
- Ehi! Sandokan pazzo diabolico, che ti salta in capo? Aspetta un po', anima dannata, che ti raggiunga, fermati per mille spingarde! Vuoi farti ammazzare?
- Alla villa! Alla villa! - rispondeva invariabilmente il pirata che aveva le ali ai piedi. - Oh! guai! Guai, se arrivo tardi!...
Aveva allora, malgrado le continue raccomandazioni di Yanez, abbandonato ogni prudenza e correva come corresse all'assalto, invocando le giacche rosse, colla carabina alzata quasi da credere che volesse accoppare qualcuno. Calpestava i rami dei cespugli che si spezzavano crepitando pericolosamente, frantumava le radici degli alberi, lacerava impetuosamente le liane, si arrampicava come una scimia sui tronchi atterrati e saltava come un cervo le siepi e i cento altri ostacoli che sbarravano il sentiero.
Buon per lui che l'uragano non ristava dall'infuriare, coprendo i rumori di quella pazza corsa col rumoreggiare del tuono, col gemito degli alberi e delle frondi scosse dai violenti buffi di vento che urlava sotto le oscure foreste.
Corse per dieci minuti così, poi si arrestò bruscamente. Al chiaror di un lampo aveva scorto le palizzate del parco elevarsi a cento passi innanzi. Il Portoghese lo raggiunse rattenendolo violentemente, nel momento che il pirata stava per precipitarvisi contro.
- Ma frenati adunque, testardo! - esclamò Yanez. - Vuoi che ci ammazzino tutti e due prima di vedere la villa?
- Non hai veduto le palizzate? Sono quelle del parco, quelle della villa. Vieni, Yanez, vieni! - esclamò il pirata cercando trascinarlo via. - Ho il delirio!
- Ma non sai, disgraziato, che dietro quelle palizzate vi possono essere imboscate delle giacche rosse?
- Le giacche rosse! - esclamò Sandokan come non avesse compreso; poi, dando in uno scroscio di risa che il tuono soffocò a metà, - ma credi adunque, Yanez, che io abbia paura di loro questa notte?
- Lo so, lo so - ripeté il Portoghese. - Ma possono ammazzarti, puoi compromettere lei, la giovanetta, Marianna!
Il pirata si arrestò di botto guardandolo con strana espressione al chiarore dei lampi. Lo comprese.
- Puoi aver ragione - rispose egli. - Ma io voglio vederla, mi capisci, Yanez, voglio entrare laggiù.
- Vi entreremo, Sandokan, ma frenati. Un'imprudenza potrebbe perdere te e lei. Vieni ora.
Il Portoghese lo trasse con precauzione sino alle palizzate, poi si arrampicò su come un gatto, e dopo essersi assicurato che tutto era silenzio si lasciò cadere nel parco. Sandokan eseguì la stessa manovra, frenandosi con ferrea volontà. Capiva che un'imprudenza era più che sufficiente per mandare all'aria la spedizione con tanta audacia e con tanta speranza intrapresa. Essi attraversarono il parco che pareva completamente deserto e tenendosi al coperto degli alberi giunsero a un centinaio di passi dalla villa, seppellita fra le tenebre. Il Portoghese teneva stretto il pirata, le cui mani parevano bruciare.
- Dov'è? Dov'è? - chiese Sandokan che tentò liberarsi dalla stretta per gettarsi verso la porta.
- Non muoverti, fratello mio. Tu devi sapere dov'è la sua stanza.
- Sì, sì - rispose il pirata con voce soffocata. - Lassù, sopra quel pergolato.
- Bene, aspettiamo che un po' di luce ci permetta di vederla. Ma prudenza, non farci ammazzare soprattutto.
Il lampo non si fece a lungo attendere illuminando colla sua livida luce la villa. Il pirata dette indietro gettando un vero ruggito, trascinando con sé il Portoghese.
- Che hai veduto? - domandò quest'ultimo, senza abbandonarlo.
- Che ho veduto? - esclamò Sandokan con voce rauca. - Hanno sbarrato le sue finestre con un'inferriata!...
- Bene, e io ho veduto un uomo imboscato laggiù accanto al padiglione. Vegliano; è segno che lei è ancora nella villa.
- E io? Che dovrò fare io che voglio vederla? - chiese Sandokan con voce strozzata.
- Oibò, questa volta non fa per noi. Vieni con me, Sandokan, lo vedrai.
- No! No! Lasciami, io voglio vederla!
Il Portoghese lo afferrò con ambe le braccia e lo trascinò sotto gli alberi malgrado la sua disperata resistenza.
- Odimi bene, Sandokan - disse il Portoghese con voce grave nel momento che un nuovo lampo seguito da un formidabile scroscio illuminava la villa e la sentinella. - Se tu commetti imprudenze, desterai l'allarmi, ci prenderanno a moschettate, saremo respinti malgrado il nostro valore, il domani tutto sarà perduto: tu mi comprendi. Ritiriamoci senza far rumore e domani agiremo. Sai tu il luogo che frequenta quando esce nel parco?
- Ti comprendo, Yanez - rispose Sandokan che tornava in sé. - Frequenta il chiosco chinese.
- Bene, andiamo a cercarlo, è d'uopo che essa sappia che noi siamo qui.
Il pirata lo capì. Egli quantunque provasse tutte le pene dell'inferno nell'allontanarsi da quel luogo, lo condusse al chiosco chinese, in quel medesimo luogo dove le aveva confessato per la prima volta il suo nome e dove lui le aveva giurato amore.
Vi entrarono. Era deserto: ma per quanto fosse oscuro, Sandokan vide la mandola della giovanetta al di sopra del tavolino intarsiato d'ebano e di avorio. Egli l'additò al Portoghese e l'accostò alle labbra.
- Povera Marianna! - esclamò egli con voce che aveva dello strazio.
- È questo il luogo che suol frequentare, non è vero Sandokan?
- Sì, questo il luogo ove viene a respirare il profumo dei suoi fiori, questo il luogo ove viene a cantare le sue dolci canzoni e il luogo dove lei mi giurò eterno amore!...
- Bene, lacera un foglio di carta dal tuo libro. Fa oscuro, ma i tuoi occhi vedono ancora: scrivi ciò che ti dirò.
Il pirata obbedì come un fanciullo e scrisse:
- Siamo noi. Domani, a notte, procura una fune. Alle dodici lasciala calare, io sarò da te. Non aver paura di nulla. Veglio.
"LA TIGRE DELLA MALESIA".

Il Portoghese lasciò cadere la carta nell'interno della mandola, ma in maniera da potersi scorgere, mentre Sandokan strappati alcuni fiori ve li gettava sopra. I due pirati si guardarono in volto al chiaror dei lampi; l'uno calmo l'altro febbricitante.
- Andiamo, Sandokan - disse il Portoghese, rompendo l'incanto.
- Andiamo, Yanez - ripeté Sandokan con voce soffocata e uscirono a rapidi passi.
Cinque minuti dopo varcavano le palizzate e si cacciavano sotto le foreste.
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