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Info sull'Opera
Autore:
Emilio Salgari
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

LA TIGRE DELLA MALESIA ( Capitoli XVIII - XIX )

di Emilio Salgari

Il pirata e la giovanetta

La notte era oscura e sempre tempestosa. Il vento ruggiva sotto le oscure boscaglie, torcendo in mille guise i rami, strappando le foglie, piegando o sradicando gli alberi e la folgore guizzava fra le nubi accompagnata da formidabili tuoni. Era una vera notte d'inferno, propizia per tentare un audace colpo di mano sulla villa, se gli uomini dei prahos vi fossero stati.
I due pirati battevano rapidamente in ritirata senza curarsi della pioggia, della folgore che scendeva dal cielo ogni minuto, e degli alberi che potevano fiaccarli nella loro strepitosa caduta. Preso il sentiero che li aveva poco prima guidati alle palizzate del parco, si allontanavano con passo silenzioso e quasi furtivo, senza scambiarsi una parola, ma coll'occhio in guardia e le mani sulle carabine, dirigendosi all'ovest.
Non volevano allontanarsi troppo da quei luoghi per vegliare attentamente sulla giovanetta e sugli Inglesi, ma volevano tuttavia porre una certa distanza fra sé stessi e la villa per isventare qualsiasi inseguimento e per non correre rischio di essere scoperti.
Il pirata camminava innanzi guardandosi dai rami che cadevano a ogni istante spezzati dal vento che continuava a ruggire tremendamente, dalle frutta che precipitavano al suolo rimbalzando e spaccandosi e dagli alberi che scossi furiosamente minacciavano di cadere. Il Portoghese lo seguiva stropicciandosi allegramente le mani, guardandosi attorno attentamente per non vedersi capitare all'improvviso addosso qualche giacca rossa imboscata. Questi era felice, quegli era cupo, quantunque gli avvenimenti della notte fossero stati tutt'altro che disgraziati, come avevano creduto che potesse essere.
Il povero ammalato si ritirava colla morte nel cuore, contando i passi che l'allontanavano dalla sua cara Perla, come li aveva contati prima, quando si avvicinava pieno di speranza, di timore, di passione e di gelosia. Gli pareva che, ritirandosi, un lembo nel cuore gli si staccasse.
Era evidente che la Perla era ancora alla villa, che il baronetto non l'aveva rapita, poiché quelle sentinelle appostate attorno all'abitazione non vi sarebbero state se la giovanetta fosse stata portata via. Ma sapere che lei era ancora là, non bastava pel povero innamorato, che aveva sognato di vederla, di parlare e, più ancora, che aveva sognato di rapirla. Era poco per quell'uomo che amava alla follia, per quel selvaggio che per vederla aveva sfidato tanti e tanti pericoli, avventurandosi in quei luoghi dove da ogni cespuglio poteva partire una palla e freddarlo, e che per farla sua aveva giurato di sacrificare il suo nome, la sua gloria e, se ce ne fosse stato bisogno, anche l'ultimo dei suoi compagni, l'ultimo dei suoi cari tigrotti, che riguardava come suoi fratelli, più ancora, come suoi figli.
- Oh! - esclamò egli. - Potessi almeno questa notte vederla, potessi almeno questa notte stringerla fra le mie braccia e rapirla, rapirla dalle mani dei maledetti che la tengono prigioniera!
Egli mandò fuori un profondo sospiro che pareva un rauco suono. Il Portoghese che gli veniva dietro l'udì.
- Che! Che hai fratellino mio da sospirare? - chiese egli sorpreso. - Per mille spingarde! Tu puoi essere contento di questa notte.
- Non del tutto, Yanez - rispose il pirata. - Sperava di poterla, dopo tanti giorni, rivedere.
- Tu esageri, Sandokan; non sono ancor quattro o cinque giorni che l'hai lasciata. E poi, che vale vederla questa notte quando domani saprà che tu ronzi nei dintorni vegliando, e che domani a notte darai la scalata. Allora fratello mio, potrai parlare a tuo agio, e fors'anche strappar quella maledetta inferriata.
- Ma come vorresti tu che io salga, quando vi sono delle giacche rosse in agguato? E poi credi tu, Yanez, che il lord non istia in guardia? Dal momento che degli uomini vegliano, è segno che hanno paura di noi, e chi sa, forse hanno saputo qualche cosa della spedizione.
- Oh! Oh! Ecco che la faccenda diventa seria, fratello mio, e che tu ragioni meglio di me quantunque tu sii pericolosamente ammalato. È evidente che sospettano una nostra visita su queste coste, però ho molte speranze per credere che tu darai la scalata senza troppi impicci. Vedi, Sandokan, la notte ventura non sarà certamente migliore di questa.
"L'elettricità si dice che addormenti, e che il vento faccia ben presto russare o chiudere gli occhi, un magnifico espediente per rendere ciechi e sordi gli uomini di guardia. Noi siamo gente che non va soggetta a simili debolezze, e ne approfitteremo a meraviglia. Varcate le palizzate, striscieremo come serpenti e ci accosteremo alle giacche rosse: dieci dita attorno alla gola, un bavaglio onde non abbiano a urlare, una corda per renderli impotenti, e poi all'opera. Darai la scalata senza essere disturbato; tu parlerai e io veglierò. Lo vedrai, fratellino mio.
- Sei ora tu, Yanez, che corri troppo - disse Sandokan che si provò a sorridere a quelle magnifiche idee del bravo Portoghese. - Se lei domani non uscisse nel parco? Se lei ignorasse che noi siamo qui?
- Uhm! - fe' il Portoghese, socchiudendo gli occhi. - La partita sarebbe perduta, Sandokan; a proposito, giacché parli di fiaschi, mi viene in capo un'altra idea.
- Quale? - domandò Sandokan arrestandosi nel momento che un albero schiantato precipitava a terra.
- Bada bene dove poni il piede e osserva i mariuoli della foresta, Sandokan. Potrebbero schiacciarti, né più né meno di un babirussa. Una vera fortuna per le giacche rosse e in ispecie pel baronetto William.
- Taci, Yanez, taci! - esclamò Sandokan che sentì la gelosia mordergli atrocemente il cuore.
- Bene, non parliamone; tu diventi la Tigre, quando odi quel nome. Parliamo d'altro, se vuoi, della mia idea per esempio. Sai, Sandokan, che io ho paura che gl'Inglesi abbiano trovato la nostra carta e che questa notte ci tendano un agguato? Non ti sembra cosa possibile?
- Potrebbe darsi - disse seccamente il pirata. - È chiaro, che se gl'Inglesi troveranno la carta, circonderanno il parco per prenderci dentro. Ma vorresti tu per questo rinunciare di recarti laggiù alla villa? Oh! Io vi andrò, fossi sicuro che cento giacche rosse mi aspettano colle carabine montate.
- E io verrò con te, Sandokan, te lo assicuro, purché non abbi a commettere imprudenze e galoppare come ier notte che pareva che tu fossi diventato pazzo.
- Ah! Tu verrai adunque?
- Cospetto! È roba vecchia. Ma se tu ti metti a urlare e diventi pazzo, ti avviso che volto le spalle e lascio che tu vada a farti ammazzare solo.
Il pirata sorrise.
- Sarò prudente - diss'egli. - Purché abbia però a vederla e a parlarle.
- La vedrai e le parlerai. Lascia che ti conduca io, e ogni cosa andrà bene.
Avevano percorso allora un miglio e più, ora seguendo un sentiero, ora un altro, e ora cacciandosi in mezzo ai boschi per far perdere le loro traccie nel caso che agli Inglesi saltasse il ticchio di seguirle. Sandokan, stimando essere la distanza più che sufficiente per non venire scoperti, si arrestò.
Tagliate tre o quattro gigantesche foglie d'arecche e sovrappostele a due bastoni messi orizzontalmente, in maniera da formare un tetto, vi si cacciarono tutti e due sotto coricandosi in mezzo a folte erbe a mala pena umide.
- Odi questo fragore? - chiese Sandokan dopo qualche istante di silenzio.
- Sì - rispose il Portoghese. - Deve essere una raffica che sta per capitare.
- No, è il mare, Yanez. Orsù, con simile tempo non è possibile che i prahos possano approdare: dormiamo. Chi sa che domani Giro Batoë e Paranoa non sieno al fiumicello.
I due pirati accomodatisi alla meglio, chiusero gli occhi e mentre gli elementi si scatenavano al di fuori curvando tutte le foreste, si addomentarono, non ostante la umidità che li irrigidiva.
La notte non fu senza dubbio buona con tutto quel diavolìo, con quei ruggiti ognor più formidabili del vento, quei crepitii degli alberi schiantati ruinanti al suolo, quel gemere dei rami contorti e quella pioggia che non cessava dal cadere, trapelando anche fra le foglie della misera tettoia. Tuttavia i due pirati dormirono della grossa e si svegliarono a ora assai tarda, verso il mezzodì, nel momento in cui la tempesta, dopo di aver raggiunto la massima intensità, cominciava a scemare.
- Andiamo, Yanez - disse Sandokan dopo di aver rinnovato per precauzione la carica della carabina. - Abbiamo dormito abbastanza e il fiumicello non deve essere troppo vicino.
- Credi tu adunque che il prahos di Paranoa abbia approdato? - chiese Yanez.
- Non ho speranze; la tempesta infuriò tutta la notte. Chi sa dove il povero legno fu trascinato. Tuttavia andiamo al fiumicello.
- Il povero Paranoa senza dubbio è ancora lontano, e forse sta lottando coll'uragano. È difficile poter approdare a qualche costa con simile tempo.
- Lo so, Yanez.
- Sentiamo, Sandokan, e se non tornasse mai più? Se si fosse annegato? Corpo di una spingarda! Sai che le cose cominciano a volgere alla peggio e che la stella di Mompracem comincia a tramontare?
- Sì, comincia a tramontare e sarò io che, per Marianna, la farò scomparire per sempre.
- E non ti sgomenti?
- Sgomentarmi? Ah! se tu sapessi, Yanez, quale strazio io provo, quando penso che verrà il dì in cui la mia fama perirà, quando penso che il mio nido rimarrà deserto, la mia isola diverrà muta e che non rivedrò più mai questi mari che chiamavo miei!... Io, la Tigre, il pirata, non rivederli più mai questi mari!...
"Oh! Questo più mai mi si arresta alla gola come una palla di cannone e mi strazia atrocemente il cuore!... Eppure la tremenda parola uscirà quando la giovanetta comanderà alla Tigre.
- Se tu non fossi gravemente ammalato, ti direi: vieni, Sandokan, fuggiamo da questi luoghi, andiamo a piantar radici su di un'altra isola dove non possa giungere il nome di Marianna.
- Mai! Mai! Yanez! - esclamò il pirata. - Cada Mompracem, s'oscuri la mia gloria, si disperda il mio nome, mi si strappi e il mio mare e l'ultimo dei miei tigrotti, ma dimenticare lei, abbandonarla, mai!
- Lo so, che tu sei stregato, che tu sei innamorato morto, che è impossibile fartela dimenticare quella donna. Orsù, non parliamone più, dove è il fiumicello?
- Deve essere laggiù.
- Tiriamo innanzi allora, e cerchiamo di tenerci in mente la via che percorriamo. Vi ha della distanza da qui alla villa, e questa notte, colle tenebre, si potrebbe smarrirsi.
- Non aver paura, Yanez. Saprei trovare la via che mena alla villa a occhi chiusi. Vi ha una stella che brilla sulla palazzina: la mia.
La foresta andava a poco a poco diradandosi, lasciando il posto a piccole radure in mezzo alle quali sorgevano avanzi di capanne d'indigeni. Il pirata riconobbe quasi subito quei luoghi, quantunque li avesse percorsi correndo e delirante, e allungò il passo fino a che giunse alla piccola palude. Si arrestò un momento cercando un passaggio, e l'attraversò conducendo il compagno sul medesimo luogo dove avevano approdato i prahos nella prima spedizione alla malaugurata isola.
Vi si vedevano ancora le traccie lasciatevi dal secondo prahos, quando respinto e semi-spezzato era venuto a rifugiarsi per subire le riparazioni. Qua e là si vedevano ancora bombe, moschetti spezzati, scimitarre e scuri infrante, cordaggi, lembi di tela, rimasugli d'attrezzi e pezzi di murate.
Sandokan, gettato un cupo sguardo a quegli avanzi, che gli rammentavano la sua prima sconfitta, si spinse fino al fiumicello. Guardò verso la foce, ma era deserta; solo il mare si frangeva sui banchi e sulle scogliere lottando contro la corrente.
L'avevano preveduto. La tempesta che continuava a infuriare dal sud non doveva aver permesso al povero legno disalberato di trovarsi in quel luogo. Forse, se non era naufragato, a quell'ora poteva essere ancora rifugiato o alla baia di Kimais o nelle cale dell'isoletta Pulo Tiga.
- Poveri compagni - disse Yanez con sincera commozione. - Forse essi rimpiangono il momento di non aver naufragato a Labuan. Se la maledetta tempesta cessasse o girasse al nord!
- Credi tu che giungerebbero in tempo per riunirsi ai prahos di Giro Batoé? - domandò Sandokan.
- Non ne ho speranza, fratello mio; arriveranno sempre tardi, se non saranno di già annegati; e tu, Sandokan, hai calcolato su Giro Batoé? Ne sono certo che ormai avrà preso il mare, ma non so quando potrà approdare con simil tempesta. Io temo che abbia a trovarsi ben impacciato. Una suposizione: se non giungesse più?
- Se non giungesse più! - esclamò Sandokan che provò un brivido al solo pensarlo.
- Potrebbe darsi. Due prahos non veleggiano troppo bene colla tempesta e le collisioni non sono difficili accadere quando gli elementi sono in collera. Se essi naufragassero?
- Taci, Yanez, io non lo crederei mai! - rispose il pirata che sentì grosse gocce di sudore imperlargli la fronte.
- Ma infine, si potrebbe ammetterlo. Non siamo già noi i padroni degli elementi. Che faresti tu, Sandokan?
- Io? Ebbene, Yanez, in tal caso la rapirò senza i loro aiuti!
Il Portoghese crollò il capo, ma non lo contrariò. Sapeva che sarebbe stato più facile arrestare con una palla un piroscafo che arrestare la passione di lui. Egli cangiò discorso e accennando il fiumicello:
- È qui, Sandokan, che tu hai approdato, quando venisti per la prima volta a Labuan?
- Sì, qui - rispose il pirata, che aggrottò la fronte. - Allora ero la Tigre, non avevo visioni dinanzi agli occhi, non avevo passioni nel cuore, non avevo catene attorno le braccia. Mi hanno battuto, ci siamo difesi ma ben terribilmente difesi contro l'incrociatore che ci sfidava. Mi hanno ferito, e quella palla, che conservo ancora nel mio petto come un ricordo di essi, mi ha condotto tra le braccia della giovanetta. Ho ben ragione di dire che quella palla ucciderà per sempre la Tigre!
- Rimpiangi adunque quella sconfitta e quella palla, Sandokan? - domandò il Portoghese.
- No, Yanez, no! - rispose Sandokan con voce rauca. - Non la rimpiangerò mai!
Il pirata discese fino alla riva seguito dal compagno, e dopo di aver contemplato per qualche tempo la corrente e la circostante foresta come per rammentarsi degli avvenimenti di quella giornata, si diresse verso il mare poco distante additando al Portoghese alcuni alberi violentemente schiantati e forati dove vi si vedevano ancora le tracce delle palle di cannone del piroscafo.
- Egli tirava alla foresta - disse Sandokan che diventava più cupo man mano si avvicinava alla spiaggia.
Si arrestò un istante colle braccia tese verso il luogo dove era avvenuta la tremenda pugna fra il prahos e l'incrociatore, percorse tre o quattro volte con passo agitato la costa avvicinandosi ai banchi e alle scogliere contro le quali muggiva e rimuggiva il mare e finì col sedersi sul tronco di un albero atterrato, colla testa stretta fra le mani e gli occhi fissi su quelle acque irritate, quasi volesse cercare ancora un vestigio dei due legni affondati dal fuoco dell'incrociatore o qualche traccia del suo valoroso equipaggio forse di già completamente divorato dagli squali.
Il Portoghese lo lasciò assorto nelle sue meditazioni e andò frugando fra le scogliere cercando qualche ostrica gigante di Singapura. Non andò molto che ne trovò una simile a quella trovata da Sandokan quand'era ferito, e la riportò alla spiaggia dopo di aver corso venti volte il pericolo di essere portato via dai colpi di mare.
Accendere il fuoco ed aprirla, fu per lui l'affare di un momento.
- Orsù, fratello mio, lascia i prahos sott'acqua e i morti in bocca ai pesci - diss'egli. - Vieni a dare un colpo di dente a questa tenera polpa e un altro a questi durion che hanno una polpa che pare crema. Ai morti vi penserai più tardi.
- Hai ragione, Yanez - rispose Sandokan sforzandosi, ma invano, a sorridere.
Il pasto fu fatto in silenzio e rapidamente a pochi passi dal mare, dopo di che seppellito il rimanente dei viveri, per preservarli dal dente degli animali o da quello degli indigeni, si rimisero in cammino sotto le foreste dirigendosi alla villa.
Potevano essere le cinque di sera. Il tempo era più che sufficiente per arrivare all'appuntamento, ma volevano trovarsi prima che l'oscurità fosse perfetta per prendere certe misure di precauzione giudicate indispensabili.
Sapevano di giuocare una carta pericolosa, dove una inavvertenza poteva venire corrisposta a buoni colpi di carabina, e si sa che le palle non rispettano nemmeno gl'innamorati, come non rispettano i coraggiosi.
Giunsero nei dintorni della villa, avanzando con l'occhio e l'orecchio in guardia, spiando prudentemente i cespugli che potevano nascondere qualche giacca rossa, porgendo attento ascolto a tutti i rumori della foresta, allo stormire delle foglie, allo spezzarsi dei rami, agli urli delle belve. Essi s'imboscarono a duecento passi dalle palizzate nel mezzo di una folta macchia, aspettando la notte.
Dal luogo ove si trovavano, era facile vedere ciò che poteva succedere nel parco e nella palazzina. Sandokan poté distinguere il lord a una delle fenestre assieme ad un ufficiale inglese, e gli parve anche veder lady Marianna col volto appoggiato alle sbarre di ferro, ma non si mosse e frenò l'impazienza e i timori che l'assalivano. Il Portoghese dal canto suo, arrampicandosi come una scimia su di un albero tenendosi nascosto nel fogliame, vide altre sei o sette giacche rosse passeggiare nel parco e accanto al padiglione una sentinella armata di fucile con baionetta inastata.
- I maledetti hanno paura - mormorò egli all'orecchio di Sandokan dopo di essere disceso. - Vegliano bene.
- Non monta, Yanez, chi sa che tutti quei soldati non sieno che semplici invitati?
Infatti qualche tempo dopo, prima che l'oscurità fosse completa, il Portoghese dall'alto dell'osservatorio vide un drappello di sedici o diciotto soldati abbandonare la villa. Cercò guardare ove si dirigessero, ma non poté indovinarlo. Essi scomparvero sotto la foresta dopo di aver fatto un ultimo saluto al lord che si affrettò a rientrare.
L'oscurità si accrebbe qualche ora dopo tanto di impedire di scorgere gli alberi a venti passi lontano. Verso la mezzanotte, i due pirati, che si erano tenuti nascosti sotto la macchia contando minuto per minuto, si alzarono.
- Andiamo! - disse Sandokan che non sapeva più dominarsi. - Andiamo, Yanez, che sono tutto fuoco!
- Hai notato tu la sentinella che si tiene presso il padiglione? - domandò il Portoghese arrestandolo.
- Sì, l'ho notata, ma la spaccieremo. Io ho le mie corde, tu hai il bavaglio. Vieni, Yanez, ho la febbre; il delirio mi prende.
Attraversarono i duecento passi e giunsero alle palizzate del parco come la notte precedente. Il Portoghese le varcò pel primo; guardò sotto gli alberi e fra le aiuole porgendo orecchio al fischiar del vento che scuoteva il fogliame, poi rassicurato che nessuno vegliava lì vicino, si lasciò cadere dall'altro lato. Sandokan lo raggiunse subito dopo, e si nascosero sotto la fitta tenebria degli alberi cacciandosi fra i cespugli.
- Il nemico dorme - disse il Portoghese all'orecchio di lui, che si frenava a gran pena.
- Vedi nessun lume, vedi nessuna ombra alla fenestra di lei? Io sono diventato cieco.
- Fa troppo oscuro per veder qualche cosa. Andiamo, Sandokan, silenzio e prudenza innanzi a tutto.
Si misero a camminare senza movere le foglie, a passi furtivi, tenendosi nascosti dietro ai tronchi d'albero e ai cespugli, strisciando fra le aiuole, facendo meno rumore di un serpente. Essi giunsero così fino a cento passi dal padiglione dove se ne stava la sentinella mezza addormentata sulla sua carabina.
D'un tratto Sandokan si arrestò e vacillò come un bue sotto la mazza del beccaio. Aveva veduto una forma bianca appoggiata alle sbarre di ferro di una fenestra e che tendeva le mani verso di lui. Tutto il sangue gli affluì alla testa.
- Marianna! Marianna! - mormorò il pirata giungendo le mani verso la forma bianca che pareva un'ombra.
Egli, l'uomo che aveva sfidato cento volte la morte, che era vissuto fra il sangue e le stragi, in quel momento supremo ebbe paura ma questa durò un lampo. Si rizzò coll'energia della tigre, gettando un sordo ruggito che era un appello alle sue forze, e cacciandosi in mezzo ai cespugli senza muoverli, coll'occhio in fiamme, i capelli irti sul capo, colla febbre addosso, il fuoco nell'anima, strisciò verso il padiglione sempre seguito da Yanez che non fiatava.
Egli sorse alle spalle della sentinella semi-addormentata come uno spettro e in un baleno l'atterrò chiudendogli la bocca con una mano, mentre coll'altra gli serrava la gola con tal forza che nessun gemito uscì dalle labbra. Il Portoghese era là. Sei pollici di lama nel cuore e la sentinella passò dalla vita alla morte senza emettere un sospiro.
Il pirata gettò un urlo di gioia soffocato e si lanciò verso la palazzina. Trovò una fune a nodi sotto le sue mani e mentre che il Portoghese si appostava accanto al cadavere, si mise a salire con tutta la rapidità infusagli dalla passione. Egli giunse al balcone senza quasi sapere il come e sentì due braccia che sporgendo fra le sbarre lo circondarono sorreggendolo. Gli si rimescolò tutto il sangue.
- Sei tu Sandokan? - chiese una voce che lo scosse fino al fondo dell'anima.
- Marianna! Marianna! - mormorò egli, coprendo di baci le mani della giovanetta. - Finalmente ti vedo! Tu sarai mia, non è vero?
- Tua, Sandokan, in vita e in morte - mormorò la giovanetta, ebbra d'amore. - Non mi aveva adunque ingannato il mio cuore, quando batteva di speranza e mi diceva che tu saresti venuto. Ah! Sandokan, quanto ho sofferto!
- E io, amor mio, credi tu che non abbia sofferto? Sento ancora il cuore che mi sanguina, la gelosia che mi rode, sento la febbre che mi divora. Marianna! Dal giorno che sono fuggito inseguito come una belva dai tuoi, cacciato di foresta in foresta, moschettato, sciabolato, ho tanto sofferto laggiù nella mia isola selvaggia, che mi domando ancora se quelle sofferenze furono un sogno. Credo di aver compiuto miracoli per isfuggire ai miserabili che volevan bere il mio sangue, e per ritornare alla mia Mompracem. Quando ho udito per la bocca di un prigioniero che tuo zio ti vendeva al baronetto, sono partito senza indugiar un istante. Ho affrontato la tempesta, ho affrontato gl'incrociatori, ho corso mille pericoli, ma che importa quando sono giunto qui e che ti vedo?
- Sandokan! Sandokan! - mormorò la giovanetta incrociando le mani attorno al collo del pirata.
- Ascolta, Perla di Labuan - disse Sandokan stringendola contro le sbarre di ferro che avrebbe voluto svellere a onta della loro grossezza. - Tu sei prigioniera nelle mani di loro, ma io ti libererò dovessi porre Labuan a ferro e a fuoco. Non ho che mio fratello, il Portoghese, il buon Yanez, oggi, ma domani i miei uomini approderanno: quaranta tigri che al mio grido si getteranno sulla casa e io ti porterò meco ove tu vorrai.
La giovanetta ebbe paura. Lo guardò con ispavento accostando il suo volto a quello di lui. Due lagrime, due perle, caddero sulle labbra del pirata che sentì il cuore sanguinargli a quel contatto.
- Non piangere, Marianna, io vorrei ricambiare quelle lagrime con goccie del mio sangue. Non aver paura, amor mio, ti libererò e berrò il sangue dei miserabili che ti hanno rinchiusa fra queste sbarre di ferro.
- Ho paura, Sandokan. Perché venire su queste coste dove ti si spia, dove ogni cespuglio nasconde un nemico, dove si veglia giorno e notte? Io fremo tutta a pensare a tanta audacia e tutto per me!
- Per te, Marianna, io vorrei fare cento volte di più di ciò che feci. Che importa a me se il nemico anela il mio sangue, che importa a me se egli mi spia o mi ferisce, quando ti ho veduta, quando ti ho stretta fra le mia braccia, quando mi sono inebbriato dei tuoi sospiri? Posso io aver paura quando tu mi aspetti e mi ami poiché giurasti d'amarmi? Dillo, Marianna, posso aver paura?... Anima divina! Avrei sfidato cento volte la morte per trovarmi qui, questa sera, sospeso ad una fune, diviso da sbarre di ferro, ma fra le tue braccia!...
- E se ti sorprendessero? Dio mio, che sarebbe mai di me se avessero ad ucciderti!
- Oh! Non parlare così, non dire queste parole Marianna! - esclamò Sandokan. - Vi ha qualcuno che mi protegge.
- Chi?
- Che ne so io? Dio, Maometto o il diavolo, so che qualcuno veglia sulla Tigre della Malesia. E poi, che importa se questa invulnerabilità venisse meno e mi assassinassero, quando morrei stretto fra le tue braccia? Guarda, quando saliva questa fune, sulla cui cima m'aspettava la Perla di Labuan, mi pareva salire in paradiso.
La giovanetta si sforzò a sorridere.
- Non illudermi, Sandokan. Tutti in questa villa hanno sete del tuo sangue.
- Lo so, ma nol berranno, te lo giuro Marianna. Non aver paura, che la sentinella è morta e che Yanez, il mio buon fratello, veglia sotto i miei piedi. Lasciami che io goda questi momenti di sublime felicità che mi inebbriano e de' quali ho tanto bisogno dopo tante sofferenze. Ah! Se tu sapessi, Marianna, quanto io ti amo! Non puoi mai e poi mai immaginarlo. Sento di diventare pazzo dalla gioia, al pensare che tu fra poco sarai mia, e che mi seguirai sull'isola della felicità, sull'isola incantata, dove potremo amarci senza paure, senza ansie, senza pericoli.
- Gli è adunque vero, mio prode amico, che tu abbandonerai la tua Mompracem, che tu abbandonerai il mare che tu chiamavi sangue delle tue vene e tutto ciò per me? - disse la giovanetta. - È vero adunque che tu dimenticherai la fama che tanto ti fece brillar fra i pirati della Malesia? È vero adunque che tu ti lascierai incatenare senza un lamento, senza un sospiro?
Qualche cosa che pareva un singulto uscì dalle labbra del pirata.
- Sì, creatura celeste, sì abbandonerò tutto, mi lascierò incatenare senza lamenti, senza rimpianti - disse il pirata con veemenza furiosa. - Sì, noi andremo lontani a godere la felicità che nella mia isola sarebbe impossibile trovare; sì, noi andremo su di un'altra terra, dove non udrò più né il fragor dei cannoni né le urla dei miei tigrotti, né più mai il nome della Tigre della Malesia!... Quel caro nome che un dì andavo orgoglioso di possedere, quel caro nome che era la mia gloria, la mia potenza, la mia vita!...
Il pirata chinò la testa sul petto e forse qualche stilla cadde dai suoi occhi. Un fischio debole, ma abbastanza distinto gli fe' rialzare la testa. Era il fischio d'allarme di Yanez.
- L'hai udito, Marianna? - mormorò egli. - L'ora tremenda della separazione è giunta; mio fratello ha mandato il segnale. Dei pericoli vagano fra le ombre della notte.
La giovanetta lo strinse contro i ferri della fenestra. Due lagrime caddero sul maschio volto del pirata che accostò le labbra a quelle di lei. Il rumore di un bacio risuonò fra le tenebre.
- Sandokan, adorato Sandokan! - esclamò la giovanetta mentre i singhiozzi sollevavano il suo petto.
- Marianna!
- Se non ci vedessimo più mai?
- Non dirlo, non dirlo, Marianna. Dimmi, amor mio, che vuoi che faccia; per te mi sento capace di fare l'impossibile. Vuoi che io rimanga, io rimarrò, vuoi che tenti infrangere questi ferri che ti tengono prigioniera, io lo tenterò, vuoi che io dia fuoco alla villa per tentare di rapirti, io lo darò. Parla, la tua bellezza mi rende pazzo. Mi sentirei capace di espugnare da solo a solo la fortezza!...
- No, Sandokan, nol farai. Va, noi corriamo pericolo: va, e quando tu sarai tanto forte da poter lottare coi miserabili che mi tengono prigioniera, verrai a liberarmi e io sarò tua, tua per sempre... Ah! ecco il terribile momento!...
- Ma tu, anima divina, vuoi rimaner sola in balìa di essi? No, Marianna, io rimarrò qua a difenderti!
La giovanetta l'attirò ancora una volta a sé, bagnandolo delle sue lagrime. Il pirata sentì un groppo che forse era un singhiozzo montargli alla gola. Il fischio del Portoghese giunse agli orecchi dei due amanti.
- Lo odi tu, Sandokan? Vi ha qualche pericolo, va, parti, mio nobile amico; io te lo comando.
Il pirata stava per ubbidire, quando un terribile grido risuonò nella stanza. Due mani di ferro strapparono la giovanetta dalla fenestra facendola cadere sulle ginocchia.
- Miserabili!... - urlò una voce furiosa che Sandokan riconobbe per quella del lord.
- Marianna! Marianna! - gridò egli tentando risalire all'inferriata.
Non ebbe il tempo. La corda fu recisa e il pirata abbandonato a sé stesso precipitò roteando nel vuoto!




Due pirati in una stufa

Ogni altro uomo che non fosse stato la Tigre della Malesia o per lo meno un Malese si sarebbe senza dubbio rotte le gambe o la testa in quella repentina caduta, ma non così avvenne per quell'uomo che oltre essere fatto d'acciaio possedeva l'agilità del felino. Aveva appena toccato terra, sprofondando nelle aiuole, che già era in piedi col kriss in mano sbuffante d'ira, pronto a precipitarsi contro la porta e tentarne arditamente l'assalto.
Il Portoghese fortunatamente gli era vicino. Egli gli saltò addosso e lo trascinò via, nel momento che una fucilata scoppiava a una delle fenestre.
- Vieni, insensato! - gridò Yanez, sollevandolo fra le braccia. - Vuoi farti ammazzare?
- Lasciami, Yanez, noi la rapiremo. All'assalto! All'assalto! - urlò il pirata afferrando la carabina.
Tre o quattro canne di fucile apparvero alle fenestre togliendoli di mira.
- Fuggi! Fuggi! Sandokan! - gridò una voce che il pirata riconobbe per quella di lady Marianna.
Il pirata fece un salto di quindici piedi salutato da una scarica di fucili, una palla dei quali gli portò via il grosso diamante del turbante. Si voltò ruggendo come una tigre, e scaricò la sua carabina contro una delle fenestre frantumando i vetri e colpendo un Inglese che cadde al suolo sfracellandosi la testa.
- Sono qua Marianna! Sono qua! - tuonò Sandokan tendendo le mani verso la giovanetta che si teneva disperatamente aggrappata alle sbarre della fenestra malgrado tutti gli sforzi del lord per trascinarla via.
- Fuggi! Fuggi! - gridò ella per l'ultima volta.
La porta della palazzina si aprì fragorosamente. Una mezza dozzina di soldati armati di carabine, guidati da un sergente che Sandokan riconobbe in Willis e una decina d'indigeni portanti torcie accese e armati di pistole. comparvero slanciandosi all'aperto. Il Portoghese fece fuoco attraverso il fogliame.
Il comandante barcollò e cadde gettando un urlo di dolore, e mentre gli altri si arrestavano attorno a lui spaventati dall'improvviso attacco, i due pirati si diedero alla fuga tenendosi sotto gli alberi per non offrire punti di mira, caricando le armi e cercando di dirigersi verso le palizzate, che quantunque nascoste dalle tenebre, sapevano trovarsi sulla loro via. Percorsero cinquanta passi prima che gl'Inglesi pensassero a inseguirli e si gettarono fra le aiuole scomparendo del tutto dai loro occhi abbagliati dal chiaror delle torcie.
- Fila diritto, se non vuoi farti prendere - disse il Portoghese, nel momento che Sandokan s'arrestava.
- Non so decidermi a partire, Yanez!... Io ho paura a lasciarla sola., sento le sue grida impresse nel mio cuore... Yanez, se noi ritornassimo? - disse il pirata con voce rotta armando la carabina per far fronte al nemico.
- Nemmen sognarlo, fratello mio! - esclamò il Portoghese, che gli afferrò le braccia deciso a impedirgli il passo. - Non correrà alcun pericolo lei; essa è una donna energica. Siamo noi che corriamo pericolo di buscarci una palla nella schiena. Fila diritto, che le canaglie vengono colle loro dannate torcie.
- Non sono che sedici, io li ho contati. Possiamo gettarci su di essi e sbaragliarli. Ritorniamo.
- Non commettiamo pazzie, testardo pirata! Essi, essi hanno sedici palle, noi ne abbiamo due. Che valgono le nostre forze e il nostro coraggio quando il piombo fischia? Domani, mi comprendi, Sandokan, daremo l'assalto.
Il pirata non si mosse. La sua testa era in rivoluzione, la passione lo faceva delirare. Egli guardò il Portoghese con occhio supplichevole. L'altro, cui premeva la pelle d'entrambi, fu inflessibile.
- I minuti volano, ti ho detto di fuggire, Sandokan. Vieni, lei lo vuole, io lo voglio: ti porterò se non fuggi.
Un soldato apparve quaranta passi lontano con una torcia in mano la cui luce illuminava la canna della carabina e la punta della baionetta. Altri quattro comparvero dietro di lui mettendosi a frugare le macchie.
I due pirati non esitarono più, e fuggirono d'accordo, cercando le palizzate. Passarono senza arrestarsi dinanzi al chiosco chinese, si tuffarono in mezzo ai fiori, guizzarono fra i cespugli, lasciando qualche lembo di veste nei rosai e si precipitarono verso il fondo del parco salutati da un nuovo colpo di carabina tirato a casaccio. Essi raggiunsero le palizzate senza essere scorti, mentre che i soldati e gli indigeni li cercavano su una falsa via, andando e venendo fra le macchie, sfogando il loro malumore con imprecazioni.
- Si screditano - mormorò il Portoghese che in fondo era ancora un po' cristiano. - Andiamo, Sandokan, la via mi sembra libera, e mentre essi c'inseguono all'ovest o all'est, noi filiamo al sud con tutta sicurezza. Non aver paura per lei che saprà cavarsi d'impiccio meglio di noi. Lascia che le cose questa notte vadano così e vedrai che avrò l'onore di stringere la sua mano e tu di stringerla fra le braccia, dopo un brillante attacco.
- Sì, domani - rispose Sandokan, che si avvicinò quasi con ripugnanza alla palizzata.
Già stava per prendere lo slancio e varcarla, quando il Portoghese lo arrestò bruscamente, facendolo curvare fino a terra.
- Non moverti! - gli mormorò egli all'orecchio, accovacciandoglisi vicino. - Zitto!
Il pirata tese l'orecchio, ma non udì che il sibilar del vento che faceva gemere gli alberi della foresta e stormire le fronde.
- Che hai veduto? - gli chiese sotto voce Sandokan, che non vedeva nulla.
- Non ho veduto alcuno, ma ho udito un ramo spezzarsi dietro la palizzata.
- Può essere stata una bestia o il vento che ha fatto cadere qualche ramo morto. Non lo odi tu soffiare?
- No, non fu una bestia, fu un uomo, te l'assicuro, Sandokan. Mi è persino parso di udirne una voce. Ci scommetterei il diamante del mio turbante contro una piastra, che dietro la palizzata vi sono delle giacche rosse che ci aspettano colla sicurezza di prenderci. Non ti ricordi del drappello che abbandonò la villa al calar del sole?
- Hai ragione, Yanez. Esso andava a imboscarsi, ma noi saremo più astuti di quei soldati. Aspetta che vada ad assicurarmene.
Sandokan, diventato prudente, si alzò, senza fare più rumore di un insetto volante, lento per non far stridere le foglie secche, guardandosi dinanzi, di dietro e ai fianchi. Stette un momento così in ascolto, rattenendo persino il respiro, poi si arrampicò colla leggerezza di un gatto sulle palizzate. Non aveva ancora raggiunto la cima, che udì al di là alcune voci e dei passi.
Si issò con maggior precauzione e gettò un rapido sguardo sotto il bosco: vide una dozzina e più di ombre che si appostavano dietro gli alberi. Egli si affrettò a ritornare raggiungendo il Portoghese.
- Non ti sei ingannato, Yanez. Il nemico ci tende un agguato al di là delle palizzate; ma avrà da far con me prima di prenderci. È il drappello che tu hai veduto partire, e che allarmato dalle detonazioni dei fucili, è ritornato.
- Che abbiano sospettato la nostra presenza, che ci tendano un'imboscata? Affrettiamoci a battere in ritirata, fratello mio, finché la via è libera. I prahos possono essere giunti.
- Taci, Yanez - mormorò Sandokan. - Odi, essi parlano.
Due voci si udivano al di là delle palizzate, l'una imperiosa, l'altra rauca. Il vento portava i loro discorsi chiaramente agli orecchi dei pirati, che senza curarsi dei soldati che frugavano il parco a quattrocento metri di distanza, si misero in ascolto.
- Queste moschettate, non c'è dubbio, segnalano la presenza dei nemici - diceva la voce imperiosa. - Non perdiamo un istante in vane chiacchiere, giovanotti miei, allargatevi e imboscatevi dietro gli alberi. Chi dice che questi nemici non sieno pirati guidati dalla Tigre in persona, che tentano una delle loro solite mariuolerie? Mi comprendi, Bob, essi sono nel parco, e noi tendiamo la rete entro la quale cadranno. Non perdiamo colpi, soprattutto.
- State sicuro, luogotenente, che i maledetti non ci sfuggiranno questa volta. Non possono essere molti loro, mentre noi siamo in grosso numero capace di far fronte a un battaglione di essi. Fossero anche dodici noi siamo sempre trentasei.
- Le canaglie sono cresciute bene di numero - mormorò il Portoghese all'orecchio di Sandokan.
- Taci, Yanez - rispose egli, stringendo una delle sue mani con tal violenza da farne scricchiolar le ossa.
- Si dice che il mariuolo - ripigliò la voce imperiosa, - quello che si fa chiamare pomposamente la Tigre della Malesia, sia pazzamente innamorato della nepote di lord Guillonk, un boccone destinato al baronetto. Eh! Si vede che il selvaggio non manca di buon gusto, e vi ha di più, Bob, che milady ne è innamorata. Non lasciamoci sfuggire una sì bella preda amico mio, sulla cui testa pesa un migliaio di sterline.
- Se la Tigre della Malesia ha avuto l'imprudenza di cacciarsi in questi luoghi, per quanto sia astuta e coraggiosa non ci fuggirà sì facilmente come l'altra volta. Sapete, comandante, che bisogna essere ben bravi per filarsela a Mompracem dopo di averci spediti al sud, e per mostrarsi poi al baronetto senza curarsi dei cannoni del piroscafo e delle migliori carabine!
- Lo so, amico mio, quel mariuolo è l'uomo più audace che abbia incontrato in vita mia, ma non la farà lunga. Si parla di già di una poderosa spedizione a Mompracem, e chi sa che, a quest'ora, non abbiano intrapreso qualche cosa di buono intendendosela a meraviglia cogli indigeni e con qualche pirata corrotto a furia d'oro. Mi capirai bene, Bob, che, caduta Mompracem e appiccata la Tigre, Labuan brillerà.
- Lo so, comandante, ma stiamo in guardia. Ecco che gli uomini sono al loro posto; toccherà al lord e agli altri rimasti nella villa a scovarlo, se si trova nel parco. Si aveva ragione di temere e di mandarci all'agguato. La notte buona è venuta, e lo sfido io a uscire vivo dal recinto.
- Bene, Bob, al tuo posto laggiù a trenta passi dietro quell'artocarpo. Tre carabine su sessanta passi sono più che sufficienti per arrestare un pirata, per quanto corra. Va, e orecchi aperti! Dove odi il fischio, tutti dietro e senza perdere tempo. Le mille sterline mi sembrano di già in tasca.
I due pirati udirono il rumore secco delle carabine che si armavano, e il passo dell'uomo chiamato Bob che andava allontanandosi, a prendere il suo posto. Il comandante non si mosse e restò senza dubbio lì dietro.
- Egli conta sulle mille sterline senza di me - disse Sandokan sogghignando. - Bisogna bene che sia un uomo prezioso per mettermi una simile taglia sul capo; tocca a me a farli viaggiare ancora.
- Che facciamo noi? - domandò il Portoghese guardando il compagno che pareva pensasse.
Egli gettò uno sguardo verso i soldati e gl'indigeni. Cercavano sempre all'estremità opposta del parco.
- Siamo circondati - disse Sandokan. - Se tentiamo la fuga avremo una quarantina d'uomini alle spalle prima di aver percorso cento passi. Tu mi hai detto che la vita è preziosa, lei mi ha detto che morto io morrà anch'essa! Bene, se non sono più la Tigre per tentare quelle pazze imprese dove l'audacia suppliva il coraggio, giuocherò coll'astuzia dell'uomo dei boschi. Vieni, Yanez, la vedrai bella.
- Ecco che parli bene, Sandokan. Ma dove andremo noi, che siamo circondati?
- Fida in me, Yanez, e vedrai che non te ne lagnerai. Questa notte accontentiamoci di far perdere le traccie e di nasconderci in un luogo dove non sapranno trovarci. Domani, accada ciò che si vuole, prenderemo il volo. Spicciati.
I due pirati si alzarono colle carabine sotto al braccio, e si allontanarono a lenti passi tenendosi sotto le piante per non essere scorti dai soldati, che gironzolavano nel parco.
Sandokan condusse il suo compagno in mezzo alle aiuole e di là al chiosco chinese. Vi entrò e camminò fino al fondo dove sapeva esservi una serra di fiori; aprì, senza far rumore, la porta e gettò uno sguardo nell'interno.
Vi erano entro dei vasi di tutte le forme e dimensioni, i cui fiori delle piante esalavano un penetrante profumo, e qua e là delle sedie di bambù d'estrema leggerezza. Non era ciò che cercava, ma un'enorme stufa che poteva nascondere nel suo interno tre uomini della fatta dei due pirati.
- Dove diavolo mi conduci? - domandò il Portoghese che non capiva nulla. - Credi tu che le giacche rosse non penetreranno in questa serra con un migliaio di sterline che luccicano davanti ai loro occhi?
- Certamente, Yanez, che penetreranno in questa serra - disse Sandokan. - Ma io credo che non salterà a loro il ticchio di venirci a cercare nel fondo di una stufa.
Il Portoghese diede in un grande scoppio di risa.
- In una stufa?...
- Sicuro, ci nasconderemo in questa stufa.
- Ma sai, Sandokan, che noi diverremo più neri del più nero africano?
- Non importa, Yanez; l'avventura sarà più magnifica. GI'Inglesi, e soprattutto il lord, mai più s'immaginarono che un giorno in questa stufa si nasconderebbe la Tigre della Malesia. Andiamo, fratello mio, entra pel primo.
- Ma, Sandokan... ti pare?
- Se vi entra la Tigre, puoi entrarvi anche tu. O la stufa o le moschettate degli Inglesi, Yanez: non vi ha da scegliere.
Il Portoghese non esitò più e sparve nell'interno della stufa strisciando per l'imboccatura. Sandokan, dopo di aver dato un ultimo sguardo agl'Inglesi che cominciavano a dividersi, ma accresciuti di numero, lo seguì. I due pirati si trovarono nell'interno della stufa annerita afferrandosi per le mani, ma senza vedersi tanto l'oscurità era profonda. Il Portoghese lasciò libero sfogo alla sua ilarità non ostante la pericolosa situazione.
- Chi potrà immaginarsi che noi ci troviamo in una stufa? - diss'egli tasteggiando le pareti caliginose.
- Non parliamo troppo, Yanez, potrebbero udirci e trovarci: gl'Inglesi si dirigevano verso il chiosco.
- E se essi venissero a vedere nella stufa? - esclamò il Portoghese che rabbrividì al solo pensarlo. - Sai, Sandokan, che essi ci prenderebbero senza che noi avessimo a difenderci. Corpo di una spingarda! La sarebbe magnifica.
- Ma non tanto facile a farsi, amico Yanez. Siamo come in una fortezza quantunque oscura e troppo ristretta, e non vi riusciranno che dopo un lungo assedio, e vedrai che noi al bisogno lo sosterremo gagliardamente.
- Sì, noi abbiamo le nostre carabine e munizioni sufficienti per mandare al diavolo tutti gli assedianti, ma bisognerà capitolare quando si morrà di fame, a meno che tu non trovi maniera di cangiare la caligine in viveri belli e buoni. E poi, la nostra fortezza ha delle muraglie deboli a quanto sembra, e quelle canaglie pur di guadagnare mille sterline sarebbero capaci di porre in batteria un pezzo di cannone e di fulminarci.
- Sei tu ora che corri, Yanez - disse il pirata che fidava forse troppo nelle sue forze e nelle scarse risorse che aveva a sua disposizione. - Prima che il cannone abbatta le muraglie, ci slanceremo noi all'assalto. Il foro è ristretto, ma si uscirà a dispetto delle loro carabine.
- Taci, mi fai venire i brividi, Sandokan, colle tue parole. Io non so come l'andrebbe a finire una volta assediati, ma certamente a nostro svantaggio. Io ho paura delle palle che non si vedono.
- Non parlare: ecco gl'Inglesi - mormorò Sandokan, che trasse il kriss impugnandolo con mano ferma.
Si udivano delle voci che andavano avvicinandosi assieme ad un calpestio. Sandokan, dopo di aver raccomandato assolutamente silenzio e immobilità completa al compagno, si abbassò tasteggiando il suolo coperto di cenere e di fuliggine e strisciando verso l'apertura sporse il capo.
Il chiosco era ancora oscuro, ma dieci passi lontano vide un drappello di sette od otto soldati che andava avvicinandosi seguiti da due indigeni che portavano le torcie. Capì che si preparavano a visitare la piccola e graziosa abitazione, e si ritirò lestamente chiudendo con precauzione lo sportello di ferro della stufa.
- Eccoli - mormorò egli toccando il Portoghese, che non fiatava più. - Stiamo pronti a tutto, e se ci scoprono non indugiamo a saltar fuori appoggiando la fuga con due colpi di carabina. Tiriamo giusto e picchiamo sodo.
Un filo di luce penetrò nella stufa, attraverso le fessure dello sportello. I due pirati si gettarono sulle ceneri spiando le mosse del nemico colle mani sulle carabine. Il drappello fece la sua entrata nel chiosco e si mise a rovistarlo spostando i grandi vasi di fiori e sollevando persino i sedili. Il Portoghese rabbrividì.
Se gl'Inglesi, ai quali premeva, senza dubbio, guadagnare le mille sterline e liberarsi da un uomo sì pericoloso che ogni dì cresceva d'audacia, minacciando direttamente le sorti di Labuan, rovistavano a quel modo, era da vedersi che l'ampiezza della stufa avrebbe loro dato nell'occhio.
Sandokan stesso ebbe questo timore, e si affrettò a battere in ritirata verso il fondo della negra fortezza, sollevando una nube di cenere e di caligine, seguito dal Portoghese.
- Teniamoci pronti a saltar fuori - diss'egli al compagno. - Le nostre negre figure sono sicuro che faranno scappare quei poltroni.
- Zitto che parlano, Sandokan. Odi?
- Che il maledetto pirata abbia preso il volo - disse un soldato, che andava smovendo con precauzione i vasi - o che si sia inabissato nelle viscere della terra? Quel diavolo d'uomo sarebbe capace di farlo, poiché per parte mia, non esito a prenderlo per un figlio di Belzebù, checché se ne dica.
- E io, credi che sia di parere contrario? - disse un altro soldato, che doveva avere la sua parte di paura dalla voce tremula. - Non l'ho veduto io per la prima volta avventarsi da solo contro cento soldati? E non l'ho veduto io la seconda volta cadere da un secondo piano senza fracassarsi né una gamba né un braccio? Questa Tigre della Malesia mi mette paura nel sentirla solo a nominare.
- Ma Tigre o non Tigre, il miserabile qui è venuto e qui vi lascierà le ossa - disse un terzo soldato. - Noi battiamo il parco, i nostri compagni circondano le palizzate, come vuoi, James, che abbia a fuggire? Scommetterei la paga di due mesi contro un solo penny che noi lo prenderemo.
- Ma come vuoi trovarlo, se egli è uno spirito? - ripigliò la prima voce.
- Uno spirito?... Tu sei matto, James. Guarda mò se i marinai dell'incrociatore che distrussero i suoi prahos alla foce del fiumicello non gli allogarono una buona palla nelle costole? Lord Guillonk, che ebbe la sfortuna di curare il maledetto, asserì che la ferita gettava sangue eguale al nostro. Ora ammetti tu che gli spiriti abbiano sangue?
- No.
- Allora non è più uno spirito, ma un uomo in carne ed ossa. Cerchiamo attivamente e vedrai che lo troveremo, il brigante.
- Uhm! - fe' colui che si chiamava James. - Non ho speranza che lo si abbia a trovare. Se si crede a me, io dico che ormai fila come un cervo fra le foreste, e chi sa? forse si è anche imbarcato, quantunque il mare non sia troppo calmo.
- E poi - disse un altro soldato, - credete, amici, che anche scovato, si lascierà prendere sì facilmente? Quel demonio d'uomo, se è veramente un uomo, poiché anch'io ho i miei rispettabili dubbi, prenderà il volo passando dinanzi alle nostre carabine, senza che le palle l'abbiano a toccare. Andate a domandare al povero Willis, se è ancora vivo, come il pirata l'ha giuocato sotto le foreste. My-God! mi narrava che dinanzi al terribile uomo, tremava come una foglia.
- E credi tu che io non tremi la mia parte, malgrado le mille sterline che mi luccicano dinanzi agli occhi? Non è da dubitarsi, amici miei, che tre o quattro di noi andranno domani a trovare Belzebù, prima di prenderlo. La Tigre non ischerza, signori: morde e graffia mortalmente.
Un brivido di spavento corse per le ossa dei soldati, che investigavano con maggior prudenza, temendo la improvvisa comparsa del pirata. Se Sandokan non avesse saputo che il parco era circondato, non avrebbe esitato a balzar fuori, sicuro di porre in fuga quel drappello non troppo coraggioso.
- Il pirata non è venuto a nascondersi in questo chiosco - disse un soldato. - Orsù andiamo a cercarlo altrove.
- Oibò - disse un altro, cui il premio di mille sterline metteva un certo coraggio addosso. - Vedo là una serra con certi vasi, dove il valentuomo potrebbe tenersi celato. Mano alle carabine e dito sul grilletto, amici miei.
I soldati in gruppo coi due indigeni s'avanzarono in mezzo alle piante. La luce penetrava nella stufa attraverso le fessure, illuminando i volti anneriti dei due pirati, che si tenevano immobili come due statue.
- Guarda, James - disse d'un tratto un soldato. - Ecco là una stufa che mi sembra ben ampia per contenere una mezza compagnia di pigmei del re d'Abissinia. Hanno bisogno di gran caldo questi fiori rari.
- Possibile, amico mio; ma io penso che si potrebbe trovare là entro il nostro uomo.
Lo sportello fu aperto e un guizzo di luce penetrò nell'interno, ma insufficiente per rischiarare l'intera stufa. Il soldato vi cacciò a metà la testa, ma la ritirò quasi subito starnutando.
- Non vi ha che caligine che mi ha acciecato - disse egli bestemmiando. - Tutto è nero come la notte più buia di questo mondo. Al diavolo le stufe e l'idea che un uomo si possa trovare in quell'inferno!
- Era ridicola - disse un soldato, ridendo. - Ed ecco il nostro amico più nero di un africano.
I soldati dettero in uno scroscio di risa a cui vi si associò l'annerito, e dopo di aver fatto il giro della serra, sicuri che il pirata non si trovava più nel chiosco, si allontanarono, ripigliando le loro ricerche nel parco.
Il Portoghese quando non li udì più, emise un sospirone che pareva volesse durare un quarto d'ora.
- Corpo di una spingarda! - esclamò egli. - Credo di aver vissuto dieci anni in dieci minuti. Sai, fratellino mio, che noi possiamo accendere un cero alla madonna di Lisbona, d'averla scappata bella. Io credevo di non dover uscire più vivo da questa stufa.
- Lo credo bene, Yanez - disse Sandokan, che rideva fino a slogarsi le mascelle. - Nel momento che quella canaglia d'Inglese introduceva la testa nella stufa, ho veduto passare come una nube rossa dinanzi ai miei occhi. Ti assicuro, Yanez, che non mi sarei, però, lasciato prendere sì facilmente; avrei avuto denti e artigli per tutti e dieci.
- E avresti dato così l'all'armi mettendoci alle calcagna tutti quelli che sono imboscati dietro le palizzate. È meglio che sia passata così liscia.
- Lo so, Yanez, e voglio sperare che a quei codardi non salterà più in capo di ritornare al chiosco. Possiamo ormai considerare questa serra come casa nostra.
- E vorrai tu rimanere in eterno fra questi fiori che ci soffocano? Non abbiamo viveri, e per di più non si può dormire con tutta tranquillità. Non ti nascondo che mi trovo a disagio in questo luogo, sapendo che i prahos sono in viaggio e che forse sono anche arrivati.
- Io non dico di rimanere lungo tempo qui, Yanez; appena che la vigilanza delle giacche rosse sarà rallentata, noi prenderemo il volo. I prahos, non aver timore che possano venir scoperti; Giro Batoë, tu sai che è un uomo che la sa lunga e che è pratico più di me di questi luoghi.
- Ma i viveri?
- Ne troveremo. Ho veduto nella serra degli ananassi e degli aranci d'inverosimile grossezza che non aspettano che il momento di venire mangiati. Usciamo, Yanez, dalla nostra fortezza, e andiamo a fare le nostre provviste dopo di aver dato un'occhiata alle mosse delle giacche rosse. Animo, cammina innanzi.
Il Portoghese, che in quella stufa sentivasi mancare il respiro, non se lo fece ripetere e spingendo innanzi la carabina per ogni precauzione, strisciò all'aperto avendo cura di saltare immediatamente sui vasi per non lasciare traccie nere sul suolo. Sandokan lo seguì quasi subito.
Al di fuori era sempre oscuro, ma i loro occhi abituati alla oscurità della stufa distinsero facilmente gli aranci che non indugiarono a saccheggiare per ispegnere la sete e calmare gli stiracchiamenti dello stomaco.
- Non far rumore e non moverti, Yanez, io andrò a vedere come va la faccenda - disse Sandokan.
- Io stimo cosa imprudente allontanarsi dal chiosco, fratello mio. Rimani e lascia che le cose corrano da sé senza arrischiare di venir scoperto, o peggio ancora, di ricevere qualche scarica in pieno volto.
- Sarò prudente, lo vedrai, Portoghese. Bisogna che io vada a vedere qualche cosa per ideare il mio piano.
- E che vuoi vedere, quando noi ci troviamo in una fortezza dove il nemico non torna più? Al diavolo il tuo piano, che con simile notte non può diventare che pericoloso. Vedremo domani mattina ciò che bisognerà fare.
Il pirata crollò il capo, mise la sua carabina nelle mani del Portoghese e traendo il kriss, la sua arma favorita, disse:
- Lasciami andare; io sarò più agile della scimia e più prudente d'un babirussa. Fra dieci minuti ritorno.
Il Portoghese non si oppose più, quantunque paventasse per ciò che poteva fare Sandokan. Questi uscì, aprendo senza far rumore i cristalli ed entrando nel chiosco diede una rapida occhiata all'interno, rattenendo il respiro cogli orecchi tesi, e assicurato dal silenzio che regnava, lo attraversò, camminando sulla punta dei piedi.
Il drappello poco prima composto di soli sedici soldati era cresciuto fino a una ventina di più, e diviso in piccoli gruppi batteva le aiuole e i cespugli, procedendo colle torcie, e decisi più che mai a impadronirsi del pirata quantunque mettesse loro un certo spavento addosso, sicuri che era ancora nel parco. Egli si strinse nelle spalle.
Uscì del tutto dal chiosco e guardò attentamente la villa lontana un trecento passi. Vide la fenestra della giovanetta illuminata e sussultò impugnando il kriss.
- Se potessi rapirla! - mormorò il pirata, che aveva l'idea di tentare un ardito colpo di mano.
Fece tre o quattro passi tenendosi più basso che poteva per non essere scorto dai soldati, poi si arrestò cogli occhi fissi sulla fenestra sempre illuminata.
Egli poté distinguere un'ombra che passava dinanzi ai vetri seguita da un'altra.
Abbassò lo sguardo dinanzi alla porta e vide una terza ombra, una sentinella che si teneva immobile ma sbarrando l'entrata colla carabina, e che senza dubbio non si sarebbe lasciata sì facilmente avvicinare né ammazzare come la prima caduta sotto il kriss del Portoghese.
Sandokan che aveva già progettato il suo piano si arrestò indeciso guardando fissamente la sentinella immobile.
- Soldati di sopra, soldati di sotto! - mormorò egli coi denti stretti, tormentando l'impugnatura del kriss.
L'esitazione non durò che un lampo per quell'uomo che non conosceva paure. Tentò l'avventura e si mise ad avanzare coll'occhio fisso sui gruppi dei soldati, che andavano e venivano pel parco per non lasciarsi tagliare la ritirata. Ma non aveva ancor fatto venti passi che la sentinella si scosse, alzando la carabina.
- Chi va là? - gridò il soldato con voce rauca e puntò l'arma verso la nera ombra che si arrestò.
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