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Info sull'Opera
Autore:
Pietro Aretino
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

DIALOGO tra Comare e Balia (III Giornata, 2 )

di Pietro Aretino

Non si curi del Ciel che in terra vive
felice amando e del suo amor contento;
né lassù brami fra le cose dive
sentir la gioia ove ogni spirto è intento:
perché al sommo diletto par che arrive
solo il gioco amoroso; e in quel momento
che de la donna sua si bascia il viso,
s'ha quasi un dei piacer del paradiso.
O beati color che hanno duo cori
in un sol core, e due alme in una alma
due vite in una vita, e i loro ardori
quetano in pace graziosa ed alma.
Beatissimi quei che hanno i fervori
con par desire scarchi d'ogni salma
né invidia o gelosia né avara sorte
gli nega alcun piacer fino a la morte.

BALIA. L'anima, l'anima mi hanno tocca: oh son dolci, oh sono soavi!
COMARE. Recitate le due stanze, de le quali si cibarono le orecchie de la fanciulla, ecco darci drento. Già i lor petti si congiungano sì fervidamente insieme, che i cori di tutti due si basciarono con uguale affetto. In quello essi si beeano dolcemente gli spiriti corsi ne le labbra per diletto; e beendosigli, gustano le dolcezze del Cielo: e i sopradetti spiriti fecero segno di allegrezza, mentre gli "ahi, ahi", gli "oimè, oimè", e "vita" e "anima" il "cor mio", il "moro", lo "aspetta che io fo" finirono. Onde cadde questo e quella lentamente, spirandosi l'un l'altro in bocca l'anima con un sospiro.
BALIA. Un Sasso, un Tibaldeo, non che il Petrarca, non saprebbe raccontarlo così bene. Ma non ne contar più di loro, e lasciami con la bocca dolce.
COMARE. Che ti sia fatta la grazia: benché faccio torto al sonno il quale gli piovve negli occhi a poco a poco; onde si gli aprivano e serravano, togliendogli e rendendogli la luce come toglie e rende il lume al sole un nuvoletto che ora se gli atraversa e ora se gli leva dinanzi.
BALIA. A sua posta.
COMARE. Un qualificato uomo, una reputata persona, il quale aveva più vertù che la bettonica, adocchiò una vedova né vecchia né giovane, molto bella e molto polita, la quale ogni mattina quasi veniva a la messa; e io, per far correre qualcuno, come io feci, sempre inanzi a lei compariva a la chiesa; e mi poneva appunto ne la predella del suo altare: e ciò usai nel principio per darle via di parlarmi, se non con altro, col dirmi "Levati di qui"; e mi venne fatto: e sempre che mi vedeva, per sua grazia mi salutava, diman<dan>domi spesso come io la faceva, s'io aveva marito, e quanto pagava di pigione, e altre novelle. Onde colui che la vagheggiava, prese per partito di farmi mezzana del suo amore; e una sera se ne viene a me solitario, e con una maniera onesta mi richiede; e io, latina di bocca, prometto e sprometto: prometto con dire "Una mia pari dee servire a un par vostro", e sprometto dicendo "Io dubito, pure io le favellarò, siatene certo". E così lo faccio venire a la chiesa; e accostandomi a la vedova, parlo d'altre cose; e voltandomi a lui, accenno: cioè gli dico coi cenni che ella, la qual rideva de le mie ciance, ride nel sentirlo mentovare; ed egli contento.
BALIA. Capassone.
COMARE. Finissi l'uffizio, e me ne vengo a casa: ed egli comparisce; onde gli tocco la mano, e dico: "Buon pro' vi faccia il ben che ella vi vòle; non le poteva ragionare di cosa che più le piacesse. Ma per la prima volta, non si è arrischiata a dirmi l'animo suo: ma chi non lo conoscerebbe? Scrivetele una lettera con qualche sonettino, perché se ne diletta: e io gliene darò". Come sente de la lettera, un paio di ducatuzzi venner via: "E non ve li do per pagamento" disse egli, "ma per arra di quelli che vi ho a dare; e istasera portarò la lettera". Partisi, torna e me la porta ravolta in un poco di velluto nero, legata con fili di seta verde; e basciata che l'ebbe, me la dà: e io la ribascio e la piglio.
BALIA. Cerimonie per cerimonie.
COMARE. E pigliatela, gli do licenzia con promettergli darla a lei la mattina seguente. E vado a la chiesa: e la trovo e non le parlo, mostrando una fante seco, la quale non ci soleva venire; e non facendo altro, mi scuso con lui; ed egli: "Sta bene, quello che non si pò, non si può: purché mi aviate a mente, mi basta"; "Come avervi a mente? Io la darò oggi o morrò; lasciate, io voglio andarle a casa. Siate qui a due ore, che vi saperò dir qualcosa". Egli mi ringrazia e proferisce; e dà uno altro ducatetto, e partisi. E io, ivi a un buon pezzo, vado a casa de la vedova: le chieggo, se non lino, stoppa o capecchio da filare (perché, se ti ricordi bene, io ti ho detto che ne le case ricche andava vestita da povera, e da ricca ne le povere). Io ebbi lino e ciò che volsi; e tornando a me l'uomo, gli dico: "Io gnele ho data col più bel modo, con la più nuova astuzia del mondo"; e contatagli una filostroccola né vera né in quel lato, gli faccio credere che doman da sera vado per la risposta. Vien l'altra mattina, e mi conviene essere a convertire una di queste innaspaseta, bella giovanetta e povera al possibile: onde lascio una mia nepotina in casa; e non mi rammento de la lettera (che io non aveva data, né era per dare) lasciata ne la cassetta de la tavola. E mi fu per rovinare cotale smemoraggine: perché la persona che me la diede venne a casa mia, non ci essendo io, e la bambina gli aprì; e andando suso, razzolò per la cassetta, e trovò la sua lettera; e portossela seco, con dire: "Io vo' vedere ciò che dirà la ruffiana ribalda, in risposta del mio servigio".
BALIA. Eccoti peste l'ossa.
COMARE. Adagio. Io ritorno, e perché il core mi diceva "qualcosa ci è", guardo la cassetta e non veggo la lettera; dimando la putta: ella mi dice "Messere tale ci è stato", e io a pensare la scusa. In questo, eccolo a me: e non si guasta punto, anzi vien via con i suoi ghigni a l'ordine e con le sue parolette in sommo. Ma la tua Comare cattiva non ci sta; e fattosigli incontra, comincia a dirgli: "Io so che sapete non lasciar dormire, né far pro' la cena, a le vostre servitrici: per l'anima mia, che io ho avuta una de le pessime sere, una de le triste notti che si possa avere. È vero che vi dissi di aver data la lettera, io nol nego, e non ho fatto per dirvi bugia: ma non avendo avuto commodità di darla, sendo certa di poterlo fare istasera, dissi meco "questo dirgli di averlo servito potendolo servire a otta, non importa". Così voi avete ritolta la vostra lettera, e son chiara che non mi crederete più la verità: ma datemela, e vedrete non domani, ma l'altro, ciò che io so fare.
BALIA. Odi tresca.
COMARE. Egli tutto soave e tutto buono si trae la lettera di seno e ridammela, con dire: "Certamente io era un poco in collera, perché mi pareva esser trattato da goffo, ma io sono uomo ragionevole, e perciò accetto le scuse vostre: e ogni ruggine è andata via, ed emendesi l'errore con la prestezza"; e io a lui: "Io so bene quanto importi a dir quel che non è, a un tal signore; ella è fatta: al rimedio". E con queste traforellerie se ne va: e io a ridere e a dispiegar la lettera. Balia, mai si vidde la più bella cosa, ogni lettera pareva una perla, e non saria donna sì dura e sì villana che le parole scritteci non movessero: oh che bei trovati, che bei modi di pregare, e che belle vie di rintenerire e di fare ardere altrui. Io ebbi uno spasso mirabile nel leggere e rileggere questo madricalino, il quale ci era drento:

Donna, beltà sopra ogni meraviglia
è bella, perché a voi sola simiglia;
ma, per crescerle onore,
scemate il ghiaccio in voi, e in me l'ardore:
e sarete più bella a meraviglia,
quanto più la pietade vi simiglia.
Che alfin biasmo vi sia
s'indarno spera la speranza mia;
e dirassi: "È crudele a meraviglia
crudeltà, perché a voi sola simiglia".

BALIA. Gentile.
COMARE. Tosto che io l'ebbi letta a mio modo, la riposi; e feci del velluto, nel quale era ingoluppata, due brevicini da tenere al collo, ridendomi de lo aspettatore de la risposta: che venne come udirai. Nel ritornare io a casa de la vedova, sento che si grida per non so che collana rotta, nel tirare, in quattro pezzi: e perché la più bella facitura non si vidde mai, né in Roma era chi sapesse lavorarne, la madonna faceva uno schiamazzo grande; e io trincata, penso la malizia e dico: "Non vi scandalizzate, perché vi farò, come venite a la messa, favellare a un maestro, il quale potreste avere veduto altre volte, che ve la riconciarà di sorte che sarà più bella dove è spezzata che dove è intera". Ed ella tutta riavuta, mi dice: "Fate che domattina veniate a la chiesa senza fallo"; e doppo lo averle promesso, trotto a casa: e non stette un benedir di tavola a comparir lo amico. E io: "Si vòle esser donna, e aver volontà di servire come ho servito voi: la lettera è piaciuta, e tanto tanto che vi parrà di nuovo: pianti e cose, sospiri non vi dico, e qualche risetto ancora; dieci volte ha letto i versi, lodatigli non si pò dire; e non senza basciarla e ribasciarla, se l'ha riposta fra quelle sue pocce di neve e di rose. E la conclusione è che domattina, partito ognuno di chiesa, vi vuol favellare". Ed egli udendo ciò, volse ringraziarmi ad alta boce; e io: "Piano ai mali passi", "Come ai mali passi?", risponde egli; "Vi dirò" gli dico io, "ella non si fida de la sua fante; e perché non si scopra il vostro segreto, aviamo trovato una bella strada: la gentildonna ha rotta una catena che la stima assai, e vuol fingere di credere che vostra Signoria sia or<a>fo; e perché la fante riportatrice non se ne avvegga, vi mostrarà la catena, e diravvi quanto costarà ad acconciarla e quando l'arà: e voi, non uscendo di proposito, fate sì che ella rimanga sodisfatta".
BALIA Che diavolo d'intrigo.
COMARE. La berta venne in campo, e si aboccarono a sieme: e saresti crepata de le risa se mentre l'uccellaccio maneggiava la collana, se avesse visto come la boce e le mani gli tremavano; e sforzandosi di cicalare per parabole, non si lasciava intendere, né manco intendeva la vedova. A la fine si partì col promettere di mandarla a vedere un lavoro simile a quello de la catena rotta. E lasciossi menar per il naso tre mesi dal mio "oggi" e "domani sarete a le strette": e tanto gli parlai di lui mai, quanto ne parlasti tu. Al tratto dirieto, si chiarì; e per vergogna del suo aversi lasciato aggirare, non ne fece più motto. E sopra tutte l'altre burle si arrossava d'una bella mattinata fatta a la vedova, ne la quale accozzò i primi musici d'Italia; e con gli stormenti e senza, cantò molte cosette nuove.
BALIA. Se te ne ricordi, dimmele.
COMARE. Così mi ricordassi io di avere a morire, e degli orazioni i quali mia madre mi insegnò da piccina. Egli cantò suso il liuto:

Alma mia fiamma e donna,
s'io veggio ogni mio ben nel vostro viso,
io dico che ivi solo è il paradiso;
e s'egli è pure altrove
debbe esser uno essempio da voi tolto,
ed è bel perché vien dal vostro volto.

BALIA. Soave e corto.
(COMARE.) Cantarono al libro, con un monte di gente intorno:

Poi che il mondo non crede
che in me, d'amor mercede, ogni mal sia,
e ogni ben ne la nimica mia,
o empio re de le perdute genti,
e tu dio degli dèi,
questa grazia vorrei:
ch'un togliesse a le fiamme, ai mostri e al gelo
la più tormentata alma;
e l'altro, la più alma
agli angeli del Cielo;
e la mal nata stesse una ora meco,
e la beata seco.
Son certo che la rea a ognun direbbe,
fuggendo i miei lamenti:
"Io ho del fallir mio minor tormenti".
E la buona contenta non vorebbe,
presa dal volto adorno
lassù far più ritorno.
Perché in me è un più crudele inferno,
e un paradiso in lei più sempiterno.

BALIA. Questo è bello bestialmente, e dicano di gran poltronerie cotesti tuoi poeti cicale, e ferneticano continuamente.
COMARE. Ai dipintori e a loro sta bene ogni bugia: ed è un modo di favellare facendo grandi le donne che amano e la passione che sopportano amando.
BALIA. Una fune, e legare insieme dipintori, scultori e poeti: perché son pazzi.
COMARE. I dipintori e gli scultori, salvo la grazia di Baccino, son matti volontari: e che sia il vero, tolgano il naturale a lor medesimi per darlo a le tavole e ai marmi.
BALIA. Leghiamogli adunque.
COMARE. Lasciamo il biscantare

Occhi, per voi, per voi morir sopporto:
voi, voi mi avete morto...

BALIA. Fà tu.
COMARE. ...e quel che dice ne la fine, a non so che occhi:

Faccia il sole fra noi
chiara la notte come fate voi.

Io ti vo' contare de le menutezze, perché non ci è dubbio alcuno che la ruffiana non voglia essere a le volte simile al ragnatelo: e s'avviene che i disegni le sieno guasti, rifacciagli come egli rifà le tele che se gli rompano; e sì come il ragno sta tutto un dì paziente per tarpare una mosca, così la ruffiana dee stare queta e fissa per carpire altrui; e veduto il bello, lanciasi al suo utile nel modo che il ragno si scaglia a lo animaletto dato ne le sue reti; e se bene la caccia è pochina, non importa: purché si becchi un boccone, basta. E quando la ruffiana s'imbatte ad alloggiare a discrezione, mercé de la menchionaria di qualcuno, sugga il sangue de le borse, come sugge il ragnatelo quel dei mosconi presi da lui. Il ragno vegghia, e la ruffiana è desta; il ragno, ad ogni pelo che dà ne le maglie, corre; e la ruffiana senza indugio apre a chi le tocca pur la porta: sempre buscando, come anche sempre busca il ragno.
BALIA. Io non credo che la natura, che fa le cose da le quali togli le simiglianze, sapesse come te trovare le similitudini.
COMARE. O pensa se io ci pensassi.
BALIA. Se tu ci pensassi, faresti stupire il Cielo.
COMARE. Qualcosa farei io, benché non mi curo di nome e non son di quelle vanagloriose spasseggia-largo e gonfia-fama; io mi sto nei miei panni, e mi contento di quel che io sono. Ma lasciamo il mormorare d'altri; io, Balia mia, ho navicato secondo i tempi, non perdendo mai ora: e sempre ho guadagnato, poco o assai. Talvolta, doppo desinare, me ne andava per Banchi, per Borgo e fino in San Pietro; e squadrava i forestieri menchioni, i quali si conoscano altrimenti che non si conoscano i melloni; e squadrato che io ne aveva uno, me gli accostava balorda balorda, e salutatolo gli diceva: "Di che paese sète voi, omo da bene?". Poi gli entrava nel quanto era che si trovava in Roma, e se cercava padrone, e cotali chiacchiarine: e mi domesticava seco al primo. E fatta l'amicizia, stupiva insieme con lui de la gente che tuttavia passa per ponte Santo Agnolo. A la fine gli diceva: "Di grazia, venite meco fin dove io alloggio: perché ho a far conto con la padrona, e non conosco questi baiocchi, questi mezzi giuli e questi interi, né quanto si vaglia un ducato di camera, né altro". Lo scempione, con un "bene e volentieri", senza star punto a l'erta, trottava meco. E così io lo conduceva in una cameretta dove era una puttana frola; e nel giugnere diceva: "Chiamate vostra madre"; ed ella che sapeva il gergo, mi rispondeva: "La vi spetta in casa di sua zia e dice che andate là per ogni modo: perché non so chi, vi vuol parlare; e poi tornarete a far conto".
BALIA. Che pratica, che trama, che andamento: ma non mi cape ancora.
COMARE. "Sta bene", diceva io; e voltatami al cornacchione, dico: "Or ora sarò a voi, fate colazione intanto"; ed egli, vedendo la poledra domata per lo in giù e per lo in su: "Andate pure, che son per aspettarvi uno anno, non che un poco poco". A che fare perdere il giorno in diceria? Il poveruomo non stando forte a le carezze che gli fece la cialtrona, ci diede drento; e credendosene andare senza pagar lo scotto, ella gli leva il rimor drieto: e gli tolse la cappa, e lo spinse fuora di casa con villanie crudeli.
BALIA. Ah! eh! oh!
COMARE. Ogni dì ci coglieva gente, e chi non aveva un quattrino ci lasciava dei panni di dosso: e potevano spettare che io ritornassi!
BALIA. Chi non sa notare ed entra nel cupo senza notaiuolo di giunco e senza zucca, affoga tosto: questo dico per chi si mette nel voler ruffianare senza maestra.
COMARE. Tu la intendi.
BALIA. S'io non la intendo, mi pare intenderla.
COMARE. Attendi ben bene a questa.
BALIA. Io non fo motto.
COMARE. Non so in che modo il diavolo fece rompere il collo a la moglie d'uno uomo di conto, la quale era famosa per le sue bellezze: e se ne andò, né mai si seppe con chi. E mentre non si favellava d'altro che del suo esser fuggita, io chiamo un favorito d'un gran maestro, e gli faccio giurare su la pietra sacrata di tener secreto quel che io gli dirò; ed egli giura e rigiura di non favellarne pure a se stesso. Intanto io gli dico, dandomi la mano per questa fede, che la moglie de l'amico è in camera mia, ma serrata al buio; e saria gran cosa, che facesse scoprirmela a veruna persona. Come egli intende che io l'ho al mio comando, corre al leccarmi con le carezzine, e dammi de la madre, de la madonna, de la sirocchia e de la padrona; e io: "Non vorrei che si sapesse, perché, oltra che la poverina ne andria a pericolo di essere uccisa, io ne scavezzarei il collo, la spalla e la coscia, saria scopata, bollata e forse arsa".
BALIA. A qualche fante darà la stretta costui: mi par così vederla.
COMARE. E a chi credi tu che l'avesse a dare?
BALIA. Non te l'ho io detto?
COMARE. Balia, doppo molte cerimonie, no senza la bene andata, lo condussi a l'oscuro con la fante che indivinasti: la qual pagò e chiavò da uomo; e ringraziatomi se ne andò a trovare uno imbasciadore; e poi che ebbe tolta la sua fede, gli narrò la trama: e fu forza che, travestito venisse a infantescarsi. E la toccò e ritoccò più di dieci volte; e non pur egli, ma un centinaio di cavalieri e di uffiziali e di cortigiani gnele accoccarono: di modo che ne guadagnai quasi tutto quello che io ho.
BALIA. Dimmi, scoprissi la ribaldaria?
COMARE. Scoprissi.
BALIA. Come?
COMARE. Mentre una mattina per tempo si aveva tirato sopra uno schiericato, sendo il freddo grande, una tegghia di carboni, che io aveva posta in camera, levarono da loro stessi un poco di fiamma, per la qual cosa il monsignore la vidde in viso, e conoscendo non esser quella, mi volle manicare: e mi disse una villania de le buone, e due e tre volte mi spinse le dita negli occhi per cavarmigli; né si poté tenere di non darmi un rifrustetto di pugna: e se non che la lingua mi diè socorso, io era spacciata. E poco mancò, ne lo spargersi de la berta che io faceva ad altrui, che il marito di colei che se ne era fuggita, parendogli infatti che gli fosse maggior vergogna la seconda che la prima, non mi tritasse a pezzi e a minuzzoli. Pur, chi scampa da una scampa da cento: e perciò la soia si convertì in risa.
BALIA. Mi piace.
COMARE. Quante puttane e quanti uomini ho io traditi, assassinati e scornati ai miei dì!
BALIA. L'anima scontarà le poste.
COMARE. Pazienzia: non si pò esser santa e ruffiana insieme, e caso che ella paghi i debiti del corpo ne l'altro mondo potrà pur dire "Chi gode una volta non istenta sempre"; e poi ci è tempo a pentirsi.
BALIA. Egli è vero.
COMARE. Io ho fatto dormire venti pollaiuoli, trenta acquaiuoli e cinquanta mugnai con le prime cortigiane che ci sieno, dandogli a credere che fossero signori e cavalieri che vi adunate (dice lo Innamoramento): vero è che hanno dato del buono. Volgendo poi carta, ho fatto trassinare di gran baldracche a molti gran personaggi, repezzando le bruttezze loro con i drappi accattati a vettura: e non mi terrei mai di non raccontartene una che io ne feci per utile de la signora e mio. Guarda, fratellina, benché io faccia accorta la cortigiana che io ti dico, fìccati pur nel cervello che ogni suo accorgimento sia condito col mio olio e col mio sale.
BALIA. Non è lecito a credere per altro verso.
COMARE. Venne qui un mercatante forestiere, anzi ci stava per sue faccende otto mesi de l'anno: e come volse Amore, s'innamorò d'una de le prime, la quale si stava molto più bene che non saprei dirti. Ed essendone cotto come si dee, non avendo altro mezzo, capitò ne le mie mani: e dicendomi il suo affanno, gli rispondo con quel "vedrò" e con quel "non so", "potria essere", "forse", "ma", che si mescola con il dubbio che si ha ne lo ottenere de le cose. Pur vado, favello, ritorno, do speranza, la ritolgo, e simili baie; ed egli mi dà lettere, mi dà sonetti appresso: e io il tutto porto a la sua donna.
BALIA. Sempre i sonetti o le lettere sono i primi a visitarci: e perché non i denari? Altro che carte e versi bisogna, a chi non se lo vuol menare a l'odore di costei e di colei.
COMARE. Tu parli di costrutto: nientedimeno le gentilezze son gentilezze; ed erano già molto usate le canzoni, e quella che non ne avesse saputo una frotta de le più belle e de le più nuove, se ne saria vergognata; e cotal piacere tanto era ne le puttane come ne le ruffiane: e la Nanna qui non mi lasciarà dir bugia, perché so il pro' che ella ne cavò, e con che spasso intertenne un tempo altrui con quella che dice:
Io ho, donne, una cosa
che, quando Amore un solo fa di doi,
l'avete ancora voi.
L'è bianca e il capo ha d'ostro,
i capei come inchiostro,
drizzasi s'un la tocca,
e sempre ha il latte in bocca;
cresce e scema sovente,
non ha orecchie e sente:
dunque, per vostra fé,
ditemi ciò che ella è.

BALIA. So ben: tu vuoi dire quella da la coda.
COMARE. Da la coda, madonna sì. Ma il mondo, più invecchia, più s'intristisce; e le virtù de le cortigiane sono trafigurate in saperci essere, e quella n'è piena che ha più arte e più sorte: come la Pippa dee avere inteso da sua madre. Ma diciamo del mercatante, al quale doppo un mezzo mese di pratica gli dico: "La signora è contenta di contentarvi: e non crediate che ciò faccia per i vostri denari, che denari non le mancano; ma la vostra grazia, la vostra bona presenzia l'ha mal condotta". E così, fattogli credere che ella verrà in casa mia e che per buon rispetti non lo lascia condursi ne la sua, la faccio comparire: e si aviticchiano insieme. E l'ebbe alcune volta furon furoni, e le fece de bei presenti, credendosi perciò che ella per star mal di lui venisse ne la mia casetta, e anche perché un grande uomo che la teneva non se ne accorgesse (mi era uscito di mente). Il mercatante tanto pregò, tanto giurò e tanto donò, che la sforzò e costrinse a dormire due notti nel mio letticciuolo; onde ella, avezza ne le piume, nei matarazzi, nei lenzuoli di rensa con la coperta di seta e fra le cortine di velluto, nel voltarsi a lui con abbracciarlo disse: "L'amore che io vi porto mi fa dormire dove non dormirebbe la più trista fante che io avessi mai; ma gli spini, gli spini mi diventano morbidi, essendoci voi"; e dandogli un basciuzzo, segue: "Doman da notte delibero che veniate nel mio; e che più, se me ne riuscissi male?".
BALIA. La polvere lavora drento, e scoppiarà lo scoppio.
COMARE. Udita la promessa, il corre-corre le manda da cena: fasciani e cose. E nel primo tocco de l'una ora, l'entra in casa; e messo il piè drento, al lume d'un torchio bianco monta la scala: e giunto in sala, la vede parata, la vede larga; condotto in camera, stupito dei suoi paramenti, dice fra se stesso: "E con che le pagarò i disagi sofferti per me mentre ha dormito nel letto che ella ha dormito?". Per abbreviarla, cenarono e andàrsene a riposare; e poco poi de lo spegner de la candela, anzi appunto nel chiudere gli occhi al primo sonno, ecco sfracassare ogni cosa da un mattone avventato; onde ella si ristrigne a lui con dire "Oimè". Intanto la coperta del letto è levata via e quasi rimasero scoperti: e nel tirarsela a dosso scoppiano molte risa. Il mercatante tutto sospeso le dice: "Sarebber mai spiriti?".
BALIA. Io mel pensava.
COMARE. "Messer sì, signor mio" rispose ella, "e oltra un che mi ha fatta quel che io sono il quale non pò patire che le mosche mi guardino, e perciò robbo la commodità che io do ai vostri compiacimenti, lo spirito d'un mio amoroso poverello impiccatosi per amor mio mi perseguita: e sempre sempre, quando io dormo con qualcuno, mi fa de le tresche che tu odi; dormendo sola, si quieta". In questo una fanticella sua, che si aguattava sotto il letto, ritorna a scoprirgli e a ridere.
BALIA. O Iddio, le son pur belle truffe.
COMARE. Ne l'udire parlar lei e nel sentire gli scherzi de la fante, il mercatante spiritava: e se non che ella gli faceva animo, era forza di menarlo a la colonna. E levatosi la mattina, fece segnare e benedire la camera, la sala, la cocina, la cella dal vino, dove si tengano le legne, il tetto, e per tutto; e trovato un prete dei manco tristi che poté, disse col dargli un ducato: "Dite le messe di san Gregorio per l'anima de lo spirito che sta in casa de la signora tale".
BALIA. Ah! ah!
COMARE. La bestiaccia, la quale faceva del sacente e del pratico, si lasciò ficcare in mente che lo spirito non aveva fatto mai le pazzie che fece dormendo egli con lei: e questo avveniva perché mai ella amò con il core che amava lui.
BALIA. Caprone.
COMARE. Il bello è che il balordo, contando la trama de lo spirito, sendo ripreso del dar fede a così fatti cianciumi, voleva combattere con tutti coloro che non credevano.
BALIA. Mercatante di bucce d'anguille.
COMARE. Egli era ricco, il pappa-lasagne.
BALIA. Tanto peggio.
COMARE. Si mi ricordo bene, io promessi dirti in che modo le puttane ci rendono l'onore che ci hanno usurpato.
BALIA. Tu mi hai detto non so che di man ritta.
COMARE. Quando le puttane, le quali ci disprezzano circa l'onorarci, hanno bisogno di noi che, se scoppiassino, non ponno far senza, ci vengano incontra, ci menano in camera, e ponendoci di sopra ci danno del voi, ci si raccomandano, ci promettano, ci donano e ci basciano; e la minor parola che ci dicano, "Voi sète la mia speranza" e "La nostra vita è in man vostra" e noi sempliciacce ce gli gittiamo drieto. Ma è forza di mutar natura, e di non andarsene così a la buona: e quando spasimano di martello, di morbo e di necessità, lasciarle spasimare e non dargli il rimedio ad ogni cosa; e se pur gliene diamo, far che gli costi o vero che ci rendino il grado. E non conosco uomo, parlo di signori e di principi, che non lasci il favellare de lo Stato, non che il mangiare, tosto che gli è fatto sapere de la ruffiana: e si riserrano con noi, e a la domestica ci trattano, e sempre a man ritta.
BALIA. Non ti darei nulla de le tue man ritte.
COMARE. Tu sei pazza per ciò: io ho veduto fare a le pugna insieme per il luogo de la predica dal rettore de lo Studio; e quando il papa cavalca in pontificale, ogni persona di dignità combatte il suo lato; i camerieri son da più che gli scudieri, gli scudieri degli staffieri, e gli staffieri dei famigli di stalla, e i famigli di stalla dei guattari; e che fatica si dura a diventare messere di sere, e di messere signore. Tutte le cose denno andar per l'ordine; ci son le gentildonne, le cittadine e le popolane: ed essendoci nel caminar insieme o nel sedere, la gentildonna si porrà in mezzo, la cittadina a la man ritta e la popolana a la man mancina. Sì che la ruffiana ha ragione; e se non che il litigare è uno smagra-litigatori e uno ingrassa-avvocati o procuratori che si chiamino, io litigarei questo passo con qual puttana si voglia: ma le ladroncellarie loro mi fanno star così così.
BALIA. Litigare, ah? È meglio avere a dare che ad avere.
COMARE. De la coscienzia ruffianesca non ti ho favellato: non, che io non te ne ho favellato.
BALIA. No.
COMARE. Ipocresie e coscienzie sono orpellamenti de le nostre cattività. Eccomi passare da una chiesa: ed ecco che io entro, e intingo la polpa del dito ne l'acqua santa, e me ne faccio una croce in fronte; e dico un pater e una ave, e vado via. Veggo una figura dipinta per la strada, e dommi d'un "renditi in colpa" ne la bocca e seguo il mio viaggio: saluto i sacerdoti facendo due parti d'un moccolo, e dollo per limosina, e due morsi di pane, un danaio e una cipolletta ancora. Sempre porto la sacchetta sotto il braccio, e quando ci ho .XX. fichi secchi, quando dieci noci mezze forate, quando una cocitura di fava infranta, quando una scodella di cicerchie, e quando tre capi d'aglio, alcuni fusi, alcuni tozzi e alcune scarpacce; sempre tengo in mano de le candeluzze, degli agnusdei; qualche volta mentre camino, volgo una carta de la confessione, mando giuso de la corona; se cade un poverino, lo aiuto ad arizzarlo; insegno le feste a chi me ne dimanda; do in iscritto il conoscere il dì di San Pavolo converso, cioè:

S'è sole o solicello,
noi siamo a mezzo il verno;
se fulmina o se piove,
del verno siamo fore;
s'è nebbia o nebbiarella,
carestia o coticella.

Io non me ne rammento più, tanto è che non la dissi. Che bel vedermi la stomana santa darla per tutto con la sportella piena di cose; e senza mai sputar in sacrato, udire il passio con la mia candela accesa e la palma de lo olivo; al basciar de la croce, i pianti celati mi rigavano le gote soavi soavi; il sabito santo stava a tutto l'uffizio; a la predica de la Passione onorava il frate con i gridi che io, spigolistra e picchia-petto, cacciava. E acquistai un gran credito per una berta che io feci.
BALIA. Come berta?
COMARE. Io mi imbatto un giorno a passare da una strada ne la quale si stavano forse da dodici donne filando il fiore de la bambagia; e salutatele e riveritele, mi fecero seder giuso; e cominciando a entrarmi nei miei fatti, gli cacciai le più belle carote del mondo: io gli dissi d'un mio compare che, per avermi promesso prima che morisse, mi era venuto a trovare e non mi aveva fatto paura; gli feci credere che una strega mi aveva menata non solo a la noce, ma, senza bagnar mai i piedi, sotto i fiumi e sopra il mare; gli contai in che modo si possano intendere le favelle de le bestie di Beffania, e quante vertù hanno le vie in croce; e dato a tutte co<n>sigli, ammaestramenti e rimedi fin per il riscaldato, nel levarmi su per andarmene lascio cadere una pezza ne la quale era inguluppata la disciplina: e tosto che fu veduta, la brigata mi tenne una magnificatte, non pure una santificetur e un alleluia.
BALIA. Il mondo è dei gabba-dèi.
COMARE. È e sarà. Sappia pur fingere la santità chi vuol còrcigli tutti, vadisi a messe, vadisi a vespri e vadisi a compiete, e stiasi le belle ore inginocchioni: che, se ben non si crede altro, sei padron de le lodi e de le glorie. Quante donne conosco io vestite di bigio, digiunatrici lemosiniere, che se lo tolgano dove gli è messo; e quanti graffia-indulgenzie ho io veduti imbriacare, sodomitare e puttaneggiare: e per sapere torcere il collo e far di boto di non mangiar storione né carne che passi tre soldi la libbra, governano e Roma e Romagna. E perciò una ruffiana catolica è una corgnuola apprezzata da ognuno.
BALIA. Chi non ti crede è eretico.
COMARE. Al tenere scola mo'.
BALIA. A che fare scola?
COMARE. Per far più cose: per passar tempo, per esser tenuta d'assai, e per beccar qualche avanzetto. Io ti poteva mostrar già, ora no, quindici o sedici bambine sotto il mio comando, insegnandogli a contare il pane che vien dal forno, a piegare i panni de la bocata sciutta, a fare inchini, a portar le cose in tavola e a benedirla, a rispondere a madonna e a messere, a segnarsi, a inginocchiarsi, a tenere lo ago in mano, e così fatte vertuette da fanciulline.
BALIA. Che donna.
COMARE. Acconciava garzoni, dava ricapito a omini fatti. Ma dove lascio le fanti? Sempre ne teneva cinque o sei in conserva: e poi che io ne aveva tratto il sugo con il farle provare a questo e a quello, a chi le dava per figliuole d'anima, a chi per vergini e a chi per la sacentaria: e nel partirsi di casa mia, gli dava ricordi e gli faceva ammonizioni che una madre non poteva migliorare; e sopra tutto le confortava a serrar gli occhi agli andamenti de le padrone: "Siate secrete" gli diceva io in segreto, "perché se sarete, elleno vi diventaranno fanti e voi gli diventarete padrone: il lor letto sarà comune, le lor camisce il lor pane, il lor vino, beendo sempre di quel dolce che smaglia".
BALIA. Tu gli ricordavi la pura verità.
COMARE. Io salto, con il cervello che vola, a un fratacchione grasso, paffuto, con una chierica tonda, vestito del più fino panno che si possa trovare: egli cercò di farmisi amica, e me si fece e facendomisi, mi presentava di alcuni cordonucci molto artifiziosi, d'insalatucce, di qualche susina e, che so io, di alcune altre fantasticarie fratine; e come mi vedeva in chiesa, lasciava ognun per venire a me. E io, che ben mi accorgeva da qual piede zoppicava il mio mulo, sto sempre ne la contrizione, nel far del bene per l'anima con tutti i mali del corpo. Al tratto de le fini egli mi si scopre: e mi fa consapevole del suo innamoramento, e mi vòl mandare a fare una imbasciata la quale averebbe messo pensieri agli imbasciadori, che non portano pena di quanto gli è commesso che dichino.
BALIA. Anco ai frati piace il menare de le calcole?
COMARE. A loro sa egli buono, e che sapor che gli danno.
BALIA. Fuoco di san Bano, il qual si spegne coi sassi.
COMARE. Io, che non posso mancare a la paterna Paternità del padre, ne lo aprirmi del suo core dico: "Non dubitate che farò più assai; domattina sono a voi"; e con questo il lascio. E vado pensando, lasciato che io l'ebbi, in che modo io ho a cavargli de l'anima cento ducati, dei quali mi faceva pala spesso spesso non per altro che per farmi volare per contentarlo: e non lo andai molto pescando, che io lo trovai.
BALIA. Possi dire come il pescasti?
COMARE. Ben sai.
BALIA. Or dillo.
COMARE. Ecco che io imbrocco la fantasia a una poltrona che, circa le fattezze e le membra grosse e grasse, si assimigliava, cioè al buio, a la matrona che sua Reverenzia cercava; ma ne l'altre cose, il demonio non l'arebbe fiutata. Ella aveva saziati i famigli degli Spagnuoli e dei Todeschi, i quali fecero il bello scherzo a Roma; aveva sfamati quelli de lo assedio di Fiorenza, e quanti ne furono mai drento e fuora di Milano: or pensa, se al tempo de la guerra si portò sì bene, che prove fece al tempo de la pace, e per le stalle, e per le cucine, e per le birrarie. Ma le sue bellezze ricoprivano i difetti de la sua verginità: ella aveva due occhi che, a la barba de la canzona la qual dice "duo vivi soli", si poteva dirgli "due morte lune".
BALIA. Perché? Erano cispi?
COMARE. Messer sì, madonna. Oltra questo, un gozzo assai orrevole le faceva postema ne la gola: e si disse che Cupido il teneva pieno de la ruggine dei dardi che faceva brunire da non so che suo patrigno fabbro; le sue poppe parevano litighe ne le quali Amore manda gli amanti che si ammalano in suo servigio a lo spedale.
BALIA. Non me ne contar più.
COMARE. Son contenta. Ti contarò bene che il frate vestito da capo di squadra venne a casa mia a l'ora che io gli dissi; e perché ne doveva spettare anco tre, se misse a leggere un libretto tenuto da me per passar tempo; e ne lo aprire legge forte un cotale che dice:
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