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Info sull'Opera
Autore:
Tommaso Campanella
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

La Citta del Sole ( Seconda parte,2 )

di Tommaso Campanella

OSPITALARIO: Con chi fan le guerre? e per che causa, se son tanto felici?
GENOVESE: Se mai non avessero guerra, pure s’esercitano all’arte di guerra e
alla caccia per non impoltronire e per quel che potria succedere. Di più’ vi son
quattro regi nell’isola, li quali han grande invidia della felicità loro, perché
li popoli desiderariano vivere come questi Solari, e vorriano star più soggetti
ad essi, che non a’ proprii regi. Onde spesso loro è mossa guerra, sotto color
d’usurpar confini e di viver empiamente, perché non sequeno le superstizioni di
Gentili, né dell’altri Bragmani: e spesso li fan guerra, come ribelli che prima
erano soggetti. E con tutto questo perdono sempre. Or essi Solari, subito che
patiscono preda, insulto o altro disonore, o son travagliati l’amici loro, o
pure son chiamati d’alcune città tiranneggiate come liberatori, essi si mettono
a consiglio, e prima s’inginocchiano a Dio e pregano che li faccia ben
consigliarsi, poi s’esamina il merito del negozio, e così si bandisce la guerra.
Mandano un sacerdote detto il Forense: costui dimanda a’ nemici che rendano il tolto o lascino la tirannia; e se quelli negano, li bandiscono la guerra,
chiamando Dio delle vendette in testimonio contra chi ha il torto; e si quelli
prolungano il negozio, non li dànno tempo, si è re, più d’un’ora, si è
republica, tre ore a deliberar la risposta, per non esser burlati; e così si
piglia la guerra, se quelli son contumaci alla ragione. Ma dopo ch’è pigliata,
ogni cosa esequisce il locotenente del Potestà; ed esso comanda senza consiglio d’altri, ma, si è cosa di momento, domanda il Amor e ‘l Sapienza e ‘l Sole. Si propone in consiglio grande, dove entra tutto il popolo di venti anni in su, e le donne ancora, e si dichiara la giustizia dell’impresa dal Predicatore, e
metteno in ordine ogni cosa.
Devesi sapere ch’essi hanno tutte sorti de arme apparecchiate nell’armari, e
spesso si provano quelle in guerre finte. Han per tutti li gironi, nell’esterior
muro, l’artellerie e l’archebugi preparati e molti altri cannoni di campagna che
portano in guerra, e n’han pur di legno, nonché di metallo; e così sopra le
carra li conducono, e l’altre munizioni nelli muli e bagaglie. E se sono in
campo aperto, serrano le bagaglie in mezzo e l’artellerie, e combattono gran
pezzo, e poi fan la ritirata. E ‘l nemico, credendo che cedano, s’inganna;
perché essi fanno ala, pigliano fiato e lasciano l’artiglierie sparare, e poi
tornano alla zuffa contro nemici scompigliati. Usano far i padiglioni alla
romana con steccati e fosse intorno con gran prestezza. Ci son li mastri di
bagaglie, d’artellerie e dell’opere. Tutti soldati san maneggiar la zappa e la
secure. Vi son cinque, otto e diece capitani di consiglio di guerra e di
stratagemme, che comandano alle squadre loro secondo prima insieme si
consigliorno. Soleno portar seco una squadra di fanciulli a cavallo per imparar
la guerra e incarnarsi, come lupicini, al sangue; e nei pericoli si ritirano, e
molte donne con loro. E dopo la battaglia esse donne e fanciulli fanno carezze
alli guerrieri, li medicano, serveno, abbracciano e confortano; e quelli, per
mostrarsi valenti alle donne e figli loro, fanno gran prove. Nell’assalti, chi
prima saglie il muro ha dopo in onore una corona di gramigna con applauso
militare delle donne e fanciulli. Chi aiuta il compagno ha la corona civica di
quercia; chi uccide il tiranno, le spoglie opime, che porta al tempio, e si dona
dal Sole il cognome dell’impresa.
Usano i cavalieri una lancia, due pistole avanti cavallo, di mirabil tempra,
strette in bocca, che per questo passano ogni armatura, ed hanno anco lo scocco.
Altri portano la mazza, e questi son gli uomini d’arme, perché, non potendo
un’armatura ferrea penetrare con spada o con pistola, sempre assaltano il nemico con la mazza, come Achille contra Cigno, e lo sconquassano e gittano. Ha due catene la mazza in punta, a cui pendeno due palle, che, menando, circondano ilcollo del nemico, lo cingeno, tirano e gettano; e, per poterla maneggiare, non tengono briglia con mano, ma con li piedi, incrocchiata nella sella, ed avvinchiata nell’estremo alle staffe, non alli piedi, per non impedirsi; e le staffe han di fuori la sfera e dentro il triangolo, onde il piè torcendo ne’
lati, le fan girare, ché stan affibbiate alli staffili, e così tirano a sé o
allungano il freno con mirabil prestezza, e con la destra torceno a sinistra ed
“a contrario”. Questo secreto manco i Tartari hanno inteso, ché stirare e
torcere non usano con le staffe. Li cavalli leggeri cominciano con li schioppi,
e poi entrano l’aste e le frombole, delle quali tengono gran conto. E usano
combattere per fila intessute, andando altri, ed altri ritirandosi a vicenda; e
le spade sono l’ultima prova.
Ci son poi li trionfi militari ad uso di Romani, e più belli, e le supplicazioni
ringraziatorie. E si presenta al tempio il capitano, e si narrano li gesti dal
poeta o istorico ch’andò con lui. E ‘l Principe lo corona, ed a tutti soldati fa
qualche regalo ed onore, e per molti dì sono esenti dalle fatiche publiche. Ma
essi l’hanno a male, perché non sanno stare oziosi ed aiutano gli altri. E
all’incontro quei che per loro colpa han perduto, si ricevono con vituperio, e
chi fu il primo a fuggire non può scampar la morte, se non quando tutto
l’esercito domanda in grazia la sua vita, ed ognuno piglia parte della pena. Ma
poco s’ammette tal indulgenza, si non quando ci è gran ragione. Chi non aiutò
l’amico o fe’ atto vile, è frustato; chi fu disobediente, si mette a morire
dentro a un palco di bestie con un bastone in mano, e se vince i leoni e l’orsi,
che è quasi impossibile, torna in grazia.
Le città superate o date a loro subito mettono ogni avere in commune, e riceveno gli offiziali solari e la guardia, e si van sempre acconciando all’uso della Città del Sole, maestra loro; e mandano li figli ad imparare in quella, senza contribuire a spese.
Saria lungo a dirti del mastro delle spie e sentinelle, degli ordini loro dentro
e fuore la città, che te li puoi pensare, ché son eletti da bambini secondo
l’inclinazione e costellazione vista nella genitura loro. Onde ognuno, oprando
secondo la proprietà sua naturale, fa bene quell’esercizio e con piacere per
esserli naturale; così dico delle stratagemme ed altri. La città di notte e di
giorno ha le guardie nelle quattro porte e nelle mura estreme, su li torrioni e
valguardi: e lo girone il dì le femine, la notte li maschi guardano; e questo lo
fanno per non impoltronire e per li casi fortuiti. Han le veglie, come i nostri
soldati, divise di tre in tre ore; la sera entrano in guardia.
Usano le cacce per imagini di guerra, e li giochi in piazza a cavallo e a piede
ogni festa, e poi segue la musica. Perdonano volentieri a’ nemici e dopo la
vittoria li fanno bene. Se gettano mura o vogliono occider i capi o altro danno
a’ vinti, tutto fanno in un giorno, e poi li fanno bene, e dicono che non si
deve far guerra se non per far gli uomini buoni, non per estinguerli. Se tra
loro ci è qualche gara d’ingiuria o d’altro, perché essi non contendono se non
di onore, il Principe e suoi offiziali puniscono il reo severamente, s’incorse
ad ingiuria di fatto dopo le prime ire; se di parole, aspettano in guerra a
diffinirle, dicendo che l’ira si deve sfogare contro l’inimici. E chi fa poi in
guerra più atti eroici, quello è tenuto c’abbia raggione nell’onoranza, e
l’altro cede. Ma nelle cose del giusto ci son le pene; però in quello di mano
non ponno venire, e chi vol mostrarsi megliore, faccilo in guerra publica.
OSPITALARIO: Bella cosa per non fomentar fazioni a roina della patria e schifar
le guerre civili, onde nasce il tiranno, come fu in Roma e Atene. Narra or, ti
prego, dell’artefici loro.
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