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Info sull'Opera
Autore:
Tommaso Campanella
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

La Citta del Sole ( Seconda parte,3 )

di Tommaso Campanella

GENOVESE: Devi aver inteso come commune a tutti è l’arte militare,
l’agricoltura, la pastorale; ch’ognuno è obbligato a saperle, e queste son le
più nobili tra loro; ma chi più arti sa, più nobile è, e nell’esercitarla quello
è posto, che più è atto. L’arti fatigose e utili son di più laude, come il
ferraro, il fabricatore; e non si schifa nullo a pigliarle, tanto più che nella
natività loro si vede l’inclinazione, e tra loro, per lo compartimento delle
fatiche, nullo viene a partecipar fatica destruttiva dell’individuo, ma solo
conservativa. L’arti che sono di manco fatica son delle femmine. Le speculative son di tutti, e chi più è eccellente si fa lettore; e questo è più onorato che nelle meccaniche, e si fa sacerdote. Saper natare è a tutti necessario, e ci sono a posta le piscine fuor, nelle fosse della città, e dentro vi son le fontane.
La mercatura a loro poco serve, ma però conoscono il valor delle monete, e
batteno moneta per l’ambasciatori loro, acciocché possino commutare con la
pecunia il vitto che non ponno portare, e fanno venire d’ogni parte del mondo
mercanti a loro per smaltir le cose soverchie, e non vogliono danari, se non
merci di quelle cose che essi non hanno. E si ridono quando vedeno i fanciulli
che quelli donano tanta robba per poco argento, ma non li vecchi. Non vogliono che schiavi o forastieri infettino la città di mali costumi; però vendono quelli che pigliano in guerra, o li mettono a cavar fosse e far esercizi faticosi fuor della città, dove sempre vanno quattro squadre di soldati a guardare il
territorio e quelli che lavorano, uscendo dalle quattro porte, le quali hanno le
strade di mattoni fin al mare per condotta delle robbe e facilità delli
forastieri. Alli quali fanno gran carezze, li donano da mangiare per tre giomi,
li lavano li piedi, li fan vedere la città e l’ordine loro, entrare a consiglio
e a mensa. E ci son uomini deputati a guardarli, e se voglion farsi cittadini,
li provano un mese nelle ville e uno nella città, e così poi risolveno, e li
ricevono con certe cerimonie e giuramenti.
L’agricoltura è in gran stima. non ci è palmo di terra che non frutti. Osservano
li venti e le stelle propizie, ed escono tutti in campo armati ad arare,
seminare, zappare, metere, raccogliere, vindemiare, con musiche, trombe e
stendardi; e ogni cosa fanno fra pochissime ore. Hanno le carra a vela, che
caminano con il vento, e quando non ci è vento, una bestia tira un gran carro
—bella cosa!—e han li guardiani del territorio armati, che per li campi sempre
van girando. Poco usano letame all’orti e a’ campi, dicendo che li semi
diventano putridi e fan vita breve, come le donne imbellettate e non belle per
esercizio fanno prole fiacca. Onde né pur la terra imbellettano, ma ben
l’esercitano, e hanno gran secreti di far nascer presto e multiplicare, e non
perder seme. E tengon un libro a posta di tal esercizio, che si chiama la
Georgica. Una parte del territorio, quanto basta, si ara; l’altra serve per
pascolo delle bestie. Or questa nobil arte di far cavalli, bovi, pecore, cani ed
ogni sorte d’animali domestici è in sommo pregio appresso loro, come fu in tempo antico d’Abramo; e con modi magici li fanno venire al coito, che possan ben generare, inanzi a cavalli pinti o bovi o pecore; e non lasciano andar in
campagna li stalloni con le giumente, ma li donano a tempo opportuno inanzi alle stalle di campagna. Osservano Sagittario in ascendente, con buono aspetto di Marte e Giove: per li bovi, Tauro, per le pecore, Ariete, secondo l’arte.
Hanno poi mandre di galline sotto le Pleiadi e papare e anatre, guidate a pascere dalle donne con gusto loro presso alla città e li luochi, dove la sera son serrate a far il cascio e latticini, butiri e simili. Molto attendono a’ caponi
ed a’ castrati ed al frutto, e ci è un libro di quest’arte detto la “Bucolica”.
Ed abbondano d’ogni cosa, perché ognuno desidera esser primo alla fatica per la docilità delli costumi e per esser poca e fruttuosa; ed ognun di loro, che è
capo di questo esercizio, s’appella Re, dicendo che questo è nome loro proprio,
e di chi non sa. Gran cosa, che le donne ed uomini sempre vanno in squadroni, né mai soli, e sempre all’obedienza del capo si trovano senza nullo disgusto; e ciò perché l’hanno come padre o frate maggiore.
Han poi le montagne e le cacce d’animali, e spesso s’esercitano.
La marineria è di molta reputazione, e tengono alcuni vascelli, che senza vento
e senza remi caminano, ed altri con vento e remi. Intendono assai le stelle, e
flussi e reflussi del mare, e navigano per conoscer genti e paesi. A nullo fan
torto; senza esser stimolati non combattono. Dicono che il mondo averà da
riducersi a vivere come essi fanno, però cercano sempre sapere se altri vivono
meglio di loro. Hanno confederazione con gli Chinesi, e con più popoli isolani e
del continente, di Siam di Cancacina e di Calicut, solo per spiare.
Hanno anche gran secreti di fuochi artifiziali per le guerre marine e terrestri,
e stratagemme, che mai non restan di vincere.
OSPITALARIO: Che e come mangiano? e quanto è lunga la vita loro?
GENOVESE: Essi dicono che prima bisogna mirar la vita del tutto e poi delle
parti; onde quando edificaro la città, posero i segni fissi nelli quattro angoli
del mondo. Il Sole in ascendente in Leone, e Giove in Leone orientale dal Sole,
e Mercurio e Venere in Cancro, ma vicini, che facean satellizio; Marte nella
nona in Ariete, che mirava di sua casa con felice aspetto l’ascendente e
l’afeta. e la Luna in Tauro, che mirava di buono aspetto Mercurio e Venere, e
non facea aspetto quadrato al Sole. Stava Saturno entrando nella quarta, senza far malo aspetto a Marte ed al Sole. La Fortuna con il capo di Medusa in decima quasi era, onde essi s’augurano signoria, fermezza e grandezza. E Mercurio, sendo in buono aspetto di Vergine e nella triplicità dell’asside suo, illuminato dalla Luna, non può esser tristo; ma, sendo gioviale, la scienza loro non mendica; poco curando d’aspettarlo in Vergine e la congiunzione.
Or essi mangiano carne, butiri, mele, cascio, dattili, erbe diverse, e prima non
volean uccidere gli animali, parendo crudeltà; ma poi vedendo che era crudeltà
ammazzar l’erbe, che han senso, onde bisognava morire, consideraro che le cose ignobili son fatte per le nobili, e magnano ogni cosa. Non però uccidono
volentieri l’animali fruttuosi, come bovi e cavalli. Hanno però distinto li cibi
utili dalli disutili, e secondo la medicina si serveno; una fiata mangiano
carne, una pesce ed una erbe, e poi tornano alla carne per circolo, per non
gravare né estenuare la natura. Li vecchi han cibi più digestibili, e mangiano
tre volte il giorno e poco, li fanciulli quattro, la communità due. Vivono
almeno cento anni, al più centosettanta, o duecento al rarissimo. E son molto
temperati nel bevere: vino non si dona a’ fanciulli sino alli diciannove anni
senza necessità grandissima, e bevono con acqua poi, e così le donne; li vecchi di cinquanta anni in su beveno senz’acqua. Mangiano, secondo la stagione dell’anno, quel che è più utile e proprio, secondo provisto viene dal capo medico, che ha cura. Usano assai l’odori: la mattina, quando si levano, si
pettinano e lavano con acqua fresca tutti; poi masticano maiorana e petroselino o menta, e se la frecano nelle mani, e li vecchi usano incenso; e fanno l’orazione brevissima a levante come il “Pater Noster”; ed escono e vanno chi a servire i vecchi, chi in coro, chi ad apparecchiare le cose del commune; e poi escono all’esercizio, poi riposano poco, sedendo, e vanno a magnare.
Tra loro non ci è podagre, né chiragre, né catarri, né sciatiche, né doglie
coliche, né flati, perché questi nascono dalla distillazione ed inflazione, ed
essi per l’esercizio purgano ogni flato ed umore. Onde è tenuto a vergogna che
uno si vegga sputare, dicendo che questo nasce da poco esercizio, da poltroneria o da mangiar ingordo. Patiscono più tosto d’infiammazioni e spasmi secchi alli quali con la copia del buon cibo e bagni sovvengono; ed all’etica con bagni dolci e latticini, e star in campagne amene in bello esercizio. Morbo venereo non può allignare, perché si lavano spesso li corpi con vino ed ogli aromatici; e il sudore anche leva quell’infetto vapore, che putrefà il sangue e le midolle.
Né tisici si fanno, per non essere distillazione che cali al petto, e molto meno
asma, poiché umor grosso ci vuole a farla. Curano le febri ardenti con acqua
fresca, e l’efimere solo con odori e brodi grassi o con dormire o con suoni ed
allegrie; le terzane con levar sangue e con reubarbaro o simili attrattivi, e
con bevere acque di radici d’erbe purganti ed acetose. Di rado vengono a
medicina purgante. Le quartane son facili a sanare per paure sùbite, per erbe
simili all’umore od opposite; e mi mostraro certi secreti mirabili di quelle.
Delle continue tengono conto assai, e fanno osservanza di stelle e d’erbe, e
preghiere a Dio per sanarle. Quintane, ottane, settane poche si trovano, dove
non ci sono umori grossi. Usano li bagni e l’olei all’usanza antica, e ci
trovaro molti più secreti per star netto, sano, gagliardo. Si sforzano con
questi ed altri modi aiutarsi contra il morbo sacro che ne pateno spesso.
OSPITALARIO: Segno d’ingegno grande, onde Ercole, Socrate, Macometto,
Scoto e Callimaco ne patiro.
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