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Info sull'Opera
Autore:
Cinema
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
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"LA BATTAGLIA DI ALGERI"

di Cinema

Lunedì 23 aprile, ore 21,00, alla Casa della poesia di Baronissi (Salerno), riprendono le "Visioni d'autore", con un ciclo dedicato al mondo e agli autori arabi e mediorientali.
I registi che faranno parte di questa serie sono il tunisino Nacer Khemir, l'egiziano Youssef Chahine, l'algerino Rachid Benhadj, il palestinese Elia Suleiman, gli iraniani Abbas Kiarostami e Mohsen Makmalbaf, ecc.
Per incamminarci in questo viaggio partiremo invece da un autore italiano, presentando un capolavoro del nostro cinema, che riguarda però quel mondo (avevamo già proiettato, "Il fiore delle Mille e una notte" di Pier Paolo Pasolini).
Il film è "La battaglia di Algeri" (1965) del grande regista Gillo Pontecorvo, su sceneggiatura dello stesso Pontecorvo e di Franco Solinas.
Si tratta di uno dei film piú potenti e sinceri mai realizzati sull'occupazione colonialista e sulla resistenza a tale occupazione.
Il film racconta, con tecniche innovative e rivoluzionarie per l'epoca, una delle lotte anti-imperialiste piú sanguinose del XX secolo - la ribellione nel periodo dal 1954 al '62 contro il dominio coloniale in Algeria, una delle colonie francesi piú vecchie e piú grandi.
Dopo più di 40 anni, il film continua ad avere un impatto notevole (è considerato un film culto in tutto il mondo), mostrando il modus operandi dell'oppressione colonialista contemporanea e rivelando le cause ed origini di un movimento d'insurrezione nazionalista. Gli assedi dell'intera città, le retate di massa e le torture mostrate nel film ci fanno ripensare a repressioni, orrori e metodi militari assolutamente contemporanei.


Lunedì 23 aprile 2007, ore 21,00

Casa della poesia
Biblioteca–Mediateca
Convento francescano della SS. Trinità
Baronissi (Salerno)

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La battaglia di Algeri

Un film di Gillo Pontecorvo

Con Yacef Saadi, Jean Martin, Brahim Haggiag, Michele, Fawzia El Kader, Ugo Paletti, Tommaso Neri, Mohammed Ben Kassen, Kerbash, Franco Morici, Jean Martin, Brahim Haggiag, Tommaso Neri.
b/n, 121 minuti. Italia, 1966
Nell'ottobre 1957, mentre i paracadutisti del colonnello Mathieu rastrellano la Casbah, Ali La Pointe, uno dei capi della guerriglia algerina, rievoca il passato, l'organizzazione dell'FLN (Fronte di Liberazione Nazionale), gli attentati, gli scioperi, le delazioni. Ali La Pointe è ucciso, ma tre anni dopo, in dicembre, il popolo algerino scende in piazza, proclamando la propria volontà di indipendenza. Sobria rievocazione di taglio documentaristico sulla base di una solida sceneggiatura di Franco Solinas che, con forte coralità e qualche dilatazione nelle fasi degli attentati, mostra una guerra di popolo, spiegando anche le ragioni del "nemico", i francesi. Leone d'oro alla Mostra di Venezia, il film ebbe vasta risonanza internazionale, soprattutto sui mercati di lingua inglese, diventando, fra l'altro, un film di studio per le Black Panthers. Musica di E. Morricone e splendido bianconero scope di Marcello Gatti.

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Bio - Gillo (Gilberto) Pontecorvo
19 Novembre 1919, Pisa / 12 Ottobre 2006, Roma.

Lo disse Gillo: «Il cinema deve essere vicino all'uomo, dentro all'uomo, deve parlare dell'uomo e non parlare del nulla: questo è il pericolo.» Così Pontecorvo si lancia in una riflessione sulla funzione del cinema, indossando ancora una volta i panni del regista indipendente, meticcio per ideologie, curioso dei temi sociali, e mettendo in ombra la generazione di quel cinema che era tutta legata alla dolce vita. Ribelle, eclettico e mai banale, è il guru di tutti quei registi che cercano, nelle storie che raccontano, la verità umana, nuda e cruda, rifiutando stili ed etichette e miscelando lo sporco del vivere allo scintillio della vita.
Fratello del fisico nucleare Bruno Pontecorvo, laureatosi in chimica prima di intraprendere la carriera giornalistica, si accosta al cinema dopo aver visto Paisà di Roberto Rossellini, facendosi apprezzare, poco più che ventenne, come attore nel ruolo di un operaio che viene fucilato ne Il sole sorge ancora (1946) di Aldo Vergano con Massimo Serato, Lea Padovani e Carlo Lizzani (il film è la prima pellicola finanziata dall'Anpi, l'Associazione Nazionale Partigiani Italiani). E, dopo alcune esperienze come aiuto-regista di Allégret (I miracoli non si ripetono, 1951), Monicelli (Le infedeli, 1953, e lo scandaloso Totò e Carolina, 1955), nonché di Francesco Maselli (L'amore in città, per l'episodio Storia di Caterina, 1953), passa al genere documentaristico firmando: Missione Timiriazev (1953), Porta Portese (1954), Pane e zolfo (1959) e Cani dietro le sbarre (1955).
Il primo esperimento di film a soggetto è con il frammento-mediometraggio Giovanna (1955), storia di un'operaia che, durante un'occupazione di fabbrica, viene osteggiata dal marito comunista. Ma, per il vero lungometraggio dobbiamo aspettare il 1957 quando dirige La grande strada azzurra con Yves Montand, Alida Valli e Francisco Rabal. Storia vera di un gruppo di pescatori di frodo, tratta dal racconto "Squarciò" dello sceneggiatore Franco Solinas, con il quale darà luogo a un vigoroso e lungo sodalizio d'impegno sociale.
Nascono capolavori come Kapò (1959) con Emmanuelle Riva, storia di una giovane ebrea che diventa crudele sorvegliante delle sue compagne in un campo di concentramento, ma soprattutto La battaglia di Algeri (1966), premiato con il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, che ricostruisce con taglio documentaristico - ma senza abbandonare la tensione - la sanguinosa lotta di liberazione algerina contro la Francia del Colonnello Mathieu. Il film viene vietato in Francia dalla quale provengono numerose critiche, ma si guadagna due nominations all'Oscar: una per la regia e una per la sceneggiatura.
Nel 1970 vince il David di Donatello come miglior regista per Queimada dove affronta il problema del colonialismo, con una magnifica interpretazione di Marlon Brando. Maestro del dramma umano e sociale, lontano da quelle che sono le rigorose rappresentazioni artistiche, Gillo Pontecorvo si spinge nelle suggestioni intrinseche umane e morali, sempre curato, senza mai trascurare un oggettivo senso della misura. Il suo cinema è un cinema intenso ed efficace, e lui è un ottimo operaio della condizione umana tragica.
Dieci anni più tardi è ancora un David di Donatello per la miglior regia per Ogro, che esamina il tema del terrorismo basco, avvalendosi della recitazione di Gian Maria Volonté. In seguito, realizzerà vari spot pubblicitari e, alla morte dell'amico e collaboratore, Franco Solinas, insieme a Felice Laudadio, darà vita al Premio Solinas, prestigioso riconoscimento per i giovani autori del cinema italiano.
Non molto prolifico, nel 1992 dirige Ritorno ad Algeri, documentario girato per la Rai, con la rivisitazione della città africana in un assetto politico diverso da quello che il regista stesso aveva raccontato nel '66. Dal 1992 al 1996 è direttore della Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia e torna nel capoluogo veneto solo nel 1997, presentando il cortometraggio Nostalgia di protezione.
Diventato presidente di Cinecittà Holding, sposato e padre di tre figli, muore il 12 ottobre al Policlinico Gemelli di Roma. Veterano dei festival più prestigiosi del mondo, professionalmente serio, è stato un regista che ha documentato e narrato senza esitazioni o timori sul proprio futuro, quella che è la vera condizione umana, valicando generazioni e generi, continenti ed etnie, con grinta, autoironia e risolutezza e soprattutto quella capacità di osare, di misurarsi con tematiche diverse e lontane da quelle che appartengono alla realtà italiana. Un uomo che con il suo talento e la sua determinazione ha saputo inseguire il cinema, che ne è stato operaio e ne era fiero
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