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Info sull'Opera
Autore:
Pittura
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Matteo Massagrande a Padova

di Pittura

Tributo a uno dei principali artisti figurativi italiani viventi.
Museo al Santo 8 giugno -15 luglio

Matteo Massagrande, una grande personale a Padova

Per Padova è uno dei principali eventi d’arte contemporanea degli ultimi anni. Un centinaio di quadri, tutti inediti del periodo 2002- 2007 e alcune incisioni, raccontano dall’8 giugno al 15 luglio al Museo al Santo di Padova chi è Matteo Massagrande, uno dei più quotati artisti figurativi viventi. Lo fanno attraverso poveri condomìni dell’Est, ritratti, nature morte, velati da una tramatura che è il “marchio di fabbrica” di questo pittore intimista che ha da poco compiuto trent’anni di attività. “Sono sensazioni, luoghi, ricordi, odori, colori, vissuti e che voglio condividere” spiega l’autore.
“Presentando alla città la produzione più recente di Massagrande colmiamo un vuoto che durava da oltre dieci anni e diamo il giusto riconoscimento a un alfiere dell’arte moderna padovana in tutto il mondo” dice il sindaco Flavio Zanonato. Organizzata dal Comune di Padova- Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo col patrocinio di Regione Veneto e Provincia di Padova, la mostra itinerante Dalle voci di una conchiglia. Matteo Massagrande è curata da Sandro Parmiggiani e Giorgio Segato e da Padova proseguirà per prestigiose sedi pubbliche e musei europei. I dipinti, selezionati da Alberto Buffetti, rappresentano, come spiega lo stesso autore, “Il desiderio di fare ricerche su materia, luce e tagli di composizione: sono il mio linguaggio artistico maturo, ma anche un punto di partenza da cui riprendere a sperimentare”.
Massagrande espone dal 1973, e dopo personali e collettive in tutto il mondo, recentemente alcune sue incisioni sono entrate a far parte del Gabinetto delle Stampe agli Uffizi di Firenze. Grande conoscitore della storia dell’arte, ha arricchito il suo bagaglio personale con molte importanti amicizie: da Saviane a Moravia, da De Chirico a Guidi, da Ermanno Olmi a Giuseppe Berto e Fulvio Tomizza, a Zancanaro e Licata.
La mostra di Padova (piazza del Santo) è accompagnata da due nuovi volumi sull’autore: la monografia (336 pagine, 120 illustrazioni) edita da Silvana Editoria e Alberto Buffetti Arte, che alle introduzioni di Sandro Parmiggiani e Giorgio Segato unisce le principali recensioni dell’artista: da quella di Marco Goldin a Ermanno Olmi, da Marco Vallora a Enzo Siciliano; e il libro fotografico di Alberto Buzzanca Le Voci di una conchiglia (120 pagine, 74 immagini)- commento di Giorgio Segato- edito da Alberto Buffetti Arte, che con immagini in bianco e nero illustra la quotidianità del pittore nella sua casa- studio di Padova.
La mostra a ingresso libero, è organizzata in collaborazione con la Galleria d’Arte Nino Sindoni di Asiago. Apre dalle 10 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 19, chiusa il lunedì. Vernice il 7 giugno alle 18.

Info: Comune di Padova - Servizio Mostre 049 8204528 infocultura@comune.padova.it
www.padovacultura.padova.net
Ufficio stampa: Roberto Brumat 049 9201401 - 347 3020664 a@robertobrumat.it

della nostalgia (stralci del testo critico)


In alcuni degli interni desolati che Matteo Massagrande ha dipinto di recente, il respiro del tempo sembra essersi fermato, mentre lo sguardo del pittore pare intriso di un’ansia, di una aspettativa all’incontro e allo stupore che apertamente stridono con questo stato di silente, dimesso abbandono - ci si aspetterebbe che nulla lì possa accadere. Mi richiamano alla memoria due sguardi affini e complementari: l’uno, quello di Edward Hopper, proprio di una pittura che coglie una solitudine senza fine in cui s’incarna l’essenza del destino delle umane esistenze, con le persone bloccate, dentro una luce acquosa, nella lunga attesa di qualcosa che mai giungerà; l’altro, quello di Andrei Tarkovskj, proprio di un cinema che sa vedere oltre gli schemi consolidati, le inquadrature consuete, per entrare là dove l’occhio abitualmente non posa il suo sguardo (... )
Dipinge il presente come insieme di memoria del passato e di presagio del futuro, il perenne esistere dentro il tempo delle cose, della natura, delle persone, e di uno sguardo su di loro che non muta al di là dello scorrere del tempo stesso, quasi che nella sua ormai lunga fedeltà agli strumenti e ai valori, soprattutto etici, della pittura, avesse maturato la consapevolezza che la sua pittura poteva incontrare il suo destino solo se sapeva scoprire, riconoscere, introiettare ciò che era stato fatto prima di lui. In questo percorso Massagrande ha trovato la sua identità di pittore.
Il contenuto e la struttura della pittura di Massagrande possono essere pienamente colti solo se se ne intendono le ripetizioni e le varianti interne che rivelano, per accumuli successivi, il senso compiuto di un motivo - in una stretta analogia con le sue raffigurazioni, che sono l’esito di stratificazioni successive di colore. Nella pittura di Matteo c’è una sorta di idea borgesiana: (...) ogni suo dipinto è “l’eco di altri che nel passato lo precedettero, (…) o il fedele presagio di altri che nel futuro lo ripeteranno fino alla vertigine” (....)
E tuttavia, se si osservano attentamente le sue opere, subito cogliamo qualcosa che stride: il taglio, l’inquadratura dei suoi dipinti sarebbero impensabili senza una costante frequentazione della fotografia e del cinema, senza l’acquisizione di modalità proprie del vedere che esse hanno portato con sé (...) consegnandoci una nuova dimensione del vedere. Certi tagli di Massagrande tradiscono una contiguità con i piani-sequenza cinematografici, e gli stessi oggetti (...)
Altre volte, mi sembra che il cinema irrompa nella pittura di Massagrande: certe sue vedute orizzontali ricordano i piani-sequenza, la capacità dello sguardo di muoversi in orizzontale a scrutare ciò che lo circonda, e che l’artista ci rivela per segmenti: la realtà sempre è più estesa del quadro, ci chiede di concentrarci su quella porzione del veduto, per poi lasciare libero sfogo al nostro immaginario di coglierne tutta la complessità.
Un’ulteriore pista ci porta ai sentimenti, all’idea della vita che Massagrande ci trasmette. Ciò che lui raffigura è qualcosa che gli è entrato nel cuore, appartenga esso al passato o al presente: qualcosa che è insieme, inscindibilmente, nostalgia di un passato che più non è e desiderio di un presente, che pure esiste, intriso di molti segni del passato, e pertanto vitale, ricco (...)

Sandro Parmiggiani, storico dell’arte

Dalle voci di una conchiglia (stralci del testo critico)

Tutti, o quasi tutti, da bambini abbiamo subito il fascino delle conchiglie (...) soprattutto di quelle che, accostate all'orecchio facevano sentire il flusso e riflusso del mare. Come se il mare fosse dentro, voce potente e misteriosa o, meglio, insieme di voci accumulate nel tempo (...). Matteo Massagrande ricorda che il padre lo sollecitava a scoprire e ad ascoltare quelle voci, a farne segreto giacimento di suggestioni, di allusioni, di illusioni anche, e di ricordi, di premonizioni, di presagi (...). La conchiglia che Matteo conserva (presente in uno dei suoi quadri recenti, su una vecchia credenza) è la metafora dell'universo poetico di Massagrande: mare, voci, la Sibilla indovina, la Sirena ammaliatrice, i frammenti della memoria che la Sibilla evoca e trasforma in voci misteriose che si compenetrano con le voci di dentro, della memoria personale e di quella collettiva (..). La conchiglia diventa pretesto per continuare il dialogo con se stesso, con la propria memoria, con le proprie esperienze di vita (...). Questa lenta, meticolosa traduzione dell'ascolto, questa naturale attenzione sempre ricca di spontanea sorpresa e di meraviglia, è ciò che fa di Matteo un autentico grande narratore per immagini, un pittore di racconti come sintesi meditate, calibrate, ricchissime di risonanze, di ri-ferimenti, di echi, di proiezioni. La conchiglia è la 'sirena', il richiamo, la voce misteriosa, suadente, ma mai del tutto deduttiva: non lo distrae dal presente, non sveglia irresistibili nostalgie, umori malinconici (...). Anzi, lo convince a continuare il percorso che ricompone il senso della vita, e a ritrovare i luoghi reali dell'esperienza, i volti amati, le cose, gli oggetti (...): e tornano le voci degli odori e dei colori, le voci degli oggetti familiari, dei mobili, delle fotografie sparse per la casa, le voci di Zaccaria e Angela, di giocattoli e utensili l'ansimare dei cani, la voce della musica (...). Matteo Massagrande è costantemente 'in ascolto' per nutrire la propria ingorda curiosità, per sollecitare il bisogno di dipingere come modalità di apprendimento: dipingere per conoscere la realtà, per conoscersi e per riconoscersi nella realtà, questa è certamente una delle maggiori motivazioni di Matteo e, insieme, la chiave di comprensione del suo dipingere e del suo stile che nasce da una coltivatissima predisposizione disegnativa (...). Con straordinaria prensilità visiva ha imparato dal Rinascimento, dai Manieristi, dal Barocco, dal realismo romantico, dal verismo veneto, dal più recente realismo esistenziale (...).
Massagrande lascia tra sé e il soggetto quanta più luce possibile e la visione è attraversamento emotivo, prolungamento dell'ascolto ed espansione della risonanza intima. Di notevole interesse è la galleria di volti, particolarmente interessanti per la rispondenza somatica e per l'emergenza caratteriale attraverso la definizione di sguardi espressivi (...).
Altro grande tema della pittura recente di Massagrande è quello delle città: (..) interi quartieri a volo d'uccello (Padova, Budapest), periferie mutanti, mettendo alla prova il suo senso costruttivo e prospettico, esercizio dello sguardo in competizione. Giorgio Segato, critico d’arte


Matteo Massagrande


Profondo conoscitore della storia dell’arte contemporanea, ma anche di quella antica (tecniche di pittura, di incisione e arte del restauro), Matteo Massagrande è nato nel 1959 a Padova, dove vive con la moglie e il figlio e dove svolge l’attività di pittore e incisore dividendosi tra lo studio padovano e quello di Hajòs (Ungheria).
Dai suoi frequenti viaggi in Europa e nel mondo sono nati e continuano a nascere cicli pittorici e grandi composizioni, che fin dal 1973 (con la sua prima mostra, a Treviso) hanno dato luogo a oltre cento personali in Italia e all’estero, più collettive e concorsi. Le sue opere si trovano in numerosi musei, chiese, collezioni pubbliche e private.

Prima di approdare al Museo al Santo di Padova con questa importante personale dopo dodici anni di assenza espositiva dalla città, Massagrande ha ottenuto molti premi e riconoscimenti, tra i quali il Premio Internazionale Città di Pordenone 1980, il Premio Rizzoli per la grafica 1982, il Premio Burano di pittura 1986, il Premio Under 35 alla Terza Biennale d’Arte Sacra di Venezia 1987.

Tra le mostre personali in sedi pubbliche, nel 1992 quella alla Fondazione Ghirardi a Villa Contarini di Piazzola sul Brenta (catalogo a cura di Giorgio Segato); nel 1995 a Palazzo Crepadona di Belluno con Opere 1974-1994 (catalogo a cura di Paolo Rizzi) e nel 1996 a Palazzo Sarcinelli di Conegliano con Opere 1986-1996 (catalogo a cura di Marco Goldin). Nel 1995 il Museo Civico di Padova gli ha dedicato una mostra antologica nell’oratorio di San Rocco, Incisioni 1974-1994, (catalogo a cura di Giorgio Segato). Nel 1997 a Casa dei Carraresi, Treviso, Opere su carta, (catalogo a cura di Marco Goldin). Nel 1997 ha esposto alle Civiche Gallerie di Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara (catalogo a cura di Franceso Loperfido). Nel 1998 di nuovo in Casa dei Carraresi, Treviso con Incisioni 1974-1998 (catalogo con testi di Enzo Siciliano, a cura di Marco Goldin) e nel 1999 al Museo delle Mura di Borgotaro (Pr).

Parallela a quella pittorica si è sviluppata l’attività grafica iniziata nel 1974 e che recentemente ha portato alcune sue incisioni a far parte del Gabinetto delle Stampe degli Uffizi di Firenze.

Come artista grafico partecipa a numerose collettive di prestigio: nel 1984 alla Collezione grafica della Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; nel 1998 a Incisori trevigiani del Novecento a Palazzo Sarcinelli, Conegliano; nel 1992 al Gabinetto delle Stampe dell’Accademia di Scienze e d’Arte di Zagabria, nel 1993 alla Prima Biennale dell’incisione Romeo Musa e al Repertorio degli incisori italiani al Gabinetto delle Stampe Antiche e moderne, Bagnacavallo (Ra).

La sua attività di illustratore: nel 1989 ha illustrato il libro Passato prossimo, edito dal Rotary Club International; nel 1991 la raccolta Ne Tisini con poesie di Giorgio Segato, edito da Biscupic, Zagabria; nel 1993 il racconto Cercando Sisol di Ermanno Olmi; nel 1998 il racconto di Fulvio Tomizza Le stelle di Natale.
Rifiutando tutti gli “ismi” e le mode del tempo, Matteo Massagrande ama definirsi fedele ad una personale visione pittorica nobile. Il suo linguaggio è una sintesi colta tra la grande storia e le più moderne ricerche figurative.

Gli incontri più significativi
Strada facendo nel suo trentennale cammino di artista, ha incontrato alcuni protagonisti dell’arte e della cultura del nostro tempo, da alcuni dei quali ha tratto utili insegnamenti. Sono scrittori come Alberto Moravia, Giorgio Saviane, Giuseppe Berto e Fulvio Tomizza; registi come Ermanno Olmi e Giulio Bosetti; attori come Marcello Mastroianni; poeti come Paolo Ruffilli e Mario Stefani; il tenore e pittore Mario del Monaco; lo sceneggiatore Rodolfo Sonego. E naturalmente molti artisti, tra cui: Giorgio de Chirico, Virgilio Guidi, Tono Zancanaro, Riccardo Licata, Augusto Murer, Nino Springolo, Orfeo Tamburi, Gina Roma, Giovanni Barbisan, Guido Cadorin, Luigi Tito, Giuseppe Marchiori, Guido Perocco, Bruno Saetti e Carlo Ludovico Ragghianti; gli incisori Lino Bianchi Bariviera e Valeria Vecchia.

CRONOLOGIA D’ARTISTA

1973 Inizia a esporre in una collettiva di pittori locali a Treviso. Conosce Nino Springolo, Gina Roma e il tenore e pittore Mario del Monaco con cui spesso discute di tecniche pittoriche.
1974 Primo incontro con Giovanni Barbisan da cui apprende le tecniche dell’incisione e con cui instaura una profonda amicizia destinata a durare negli anni.
1975 A Venezia conosce il pittore Luigi Tito che lo invita alla Scuola Libera del Nudo dell’Istituto d’Arte: incontro fondamentale, che gli trasmette l’importanza della materia nell’opera pittorica.
1976 Conosce Guido Cadorin che, vedendo le sue prime opere, decide fin dal primo incontro di fargli da insegnante. La prima lezione è una prova di umiltà nei confronti dell’arte: il maestro gli insegna a fare la punta alla matita. I successivi incontri affrontano le più sofisticate tecniche della tempera all’uovo quattrocentesca, che ancora oggi fanno parte del patrimonio tecnico di Massagrande.
Nel 1976 partecipa per la prima volta allo storico Premio Burano di Pittura, dove conosce Giuseppe Marchiori, Guido Perocco e Carlo Ludovico Ragghianti.
1977 Conosce Giorgio de Chirico che lo definisce “faccia da pittore”. Si fa promettere da Massagrande di rimanere sempre fedele alla grande pittura e lo incoraggia a proseguire nello sviluppo delle grandi tecniche pittoriche.
1978 Frequenta Virgilio Guidi, Tono Zancanaro, Augusto Murer, Alberto Moravia, Giuseppe Berto, Paolo Ruffilli, Mario Stefani, Bruno Saetti.
1979 Frequenti viaggi di studio a Parigi.
1980 A Roma conosce Lino Bianchi Bariviera e Valeria Vecchia, da cui apprende molte tecniche di incisione e la libertà espressiva del segno grafico. Ottiene il Premio Internazionale Città di Pordenone.
1981 Conosce Ermanno Olmi che lo induce a riflettere sull’importanza della sobrietà dell’espressione artistica.
1982 Abbandona definitivamente il lavoro del restauro, al quale si dedica fin dal 1977. Ottiene il Premio Rizzoli per la grafica.
1983 Stringe amicizia con Rodolfo Sonego.
1984 Conosce Riccardo Licata.
1985 A Parigi frequenta Orfeo Tamburi da cui impara ad amare la visione delle città, senza cadere nella ripetitività. Conosce l’editrice Franca May e Valerio Adami.
1986 Realizza un grande ciclo di affreschi e dipinti in un palazzo storico nel cuore di Londra. Ottiene il prestigioso Premio Burano di pittura.
1987 Compie diversi viaggi di studio a New York e Washington, in Belgio, Olanda e Germania. Ottiene il Premio Under 35 alla Terza Biennale d’Arte Sacra di Venezia.
1989 Ha l’opportunità di salire sui pontili della Cappella Sistina durante i restauri agli affreschi della volta. Illustra il libro Passato prossimo, edito dal Rotary Club International.
1990 Visita la storica mostra di Velàzquez al Prado di Madrid e riprende gli studi sulla materia.
1991 Realizza una pala per la chiesa di Consandolo (Fe). Illustra la raccolta Ne Tisini con poesie di Giorgio Segato, edito da Biscupic, Zagabria.
1993 Sposa Angela. Illustra il racconto Cercando Sisol di Ermanno Olmi.
1994 Viene pubblicata una monografia con la quale si chiude simbolicamente il periodo della pittura giovanile. Inizia a frequentare annualmente Hajòsi Alkotòtàbor, il Campus Internazionale d’Arte di Hajòs (Ungheria) dove, oltre a dipingere insieme ad affermati artisti dei paesi dell’Est, insegna a giovani studenti di diverse Accademie d’Arte.
1995 Inizia la collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto diretto da Giulio Bosetti per il quale realizza i dipinti delle affiche che promuovono gli spettacoli teatrali. Tra questi, il più amato da Massagrande è Le ultime lune con Marcello Mastroianni, artista a cui è legato da amicizia fin dal 1982.
1996 Iniziano i lavori di restauro dello studio in Ungheria.
1997 Realizza la pala dell’altare maggiore della chiesa di S. Ignazio di Loyola a Padova.
1998 Conclude il lavoro di restauro dello studio ungherese. Illustra il racconto di Fulvio Tomizza Le stelle di Natale.
1999 Nasce il figlio Zaccaria Rodrigo.
2001 Realizza una pala per la chiesa di San Bartolomeo a Mestrino.
2002 Inizia a elaborare nuove tecniche, conduce studi approfonditi sulla materia e sulla luce, caratteristiche inconfondibili della sua pittura.

La mostra colma un vuoto decennale

Con la personale dedicata a Matteo Massagrande l’Amministrazione Comunale ha voluto colmare un vuoto che durava da più di dieci anni, presentando alla città la produzione più recente dell’artista padovano e scegliendo come spazio espositivo quello del Museo al Santo, uno spazio ideato nell’Ottocento dall’architetto Camillo Boito, ricco di memorie e di storia, dal fascino antico e insieme moderno.
Un’atmosfera ideale per l’opera di Massagrande, la cui ispirazione è ricca di suggestioni che sembrano emergere dalla memoria collettiva e personale del vissuto quotidiano di più generazioni, rese vive e palpitanti con grande abilità e perizia tecnica, frutto dello studio e dell’assimilazione, del tutto personale e originale, della lezione dei grandi maestri.
L’artista indugia nei particolari e nei dettagli, senza mai cadere in una pittura calligrafica, per descrivere luoghi, persone, ambienti, definiti con una pennellata morbida e sfumata e un particolare taglio di luce, divenuti negli anni tratti identificativi del suo operare.
L’effetto sullo spettatore è sorprendente: sembra di percepire a livello sensoriale la realtà raffigurata, arrivando a provare sulla pelle l’aria gelida di paesaggi invernali o il calore del sole dietro la finestra che abbaglia di luce l’ambiente.
I soggetti rappresentati, interni di abitazioni, paesaggi di campagna o di città, spiagge, oggetti e arredi del vissuto quotidiano fanno parte di una realtà familiare all’artista, all’interno di un territorio geografico ben preciso, ma nello stesso tempo sono anche riconducibili ad uno spazio e ad un tempo assoluto, in cui confluisce la memoria e la storia di tutti, al di fuori dei confini regionali o nazionali.
Questa è la grandezza dell’artista che sa cogliere nella realtà che ci circonda qualcosa di universale, un patrimonio comune all’umanità intera, una comunanza di emozioni e affetti per luoghi, cose e persone, che appartengono ad ogni uomo, da qualunque parte del mondo provenga.

Monica Balbinot Flavio Zanonato
Assessore alle Politiche Culturali e Spettacolo Sindaco di Padova

Una lettura poetica della realtà

Definire la pittura di Massagrande è impresa assai difficile anche perché, per sua stessa ammissione, la sua arte non vuole definire ma suggerire, creare un’emozione, uno stato d’animo, una lettura poetica della realtà.
E’ un artista di indubbie e riconosciute capacità tecniche, che spaziano dall’uso della tempera su carta, alle tecniche miste su tela, all’incisione ad acquaforte su zinco, testimoniando un lungo e appassionato lavoro di affinamento e compiutezza stilistica, acquisito nel tempo con esiti del tutto originali, ma in cui confluiscono anche gli studi e l’osservazione diretta dei capolavori dei grandi maestri del passato.
Affiorano nelle opere di Massagrande atmosfere antiche profuse di lirismo, che vivono ancora dentro ognuno di noi nel racconto di quelli che ci hanno preceduto, ma non si percepisce tristezza o rimpianto anacronistico per il passato, quanto la volontà di riappropriarsi della memoria come elemento irrinunciabile del proprio destino: il passato, il presente e il futuro sembrano incontrarsi in uno spazio senza tempo.
Oltre ai ritratti, alle nature morte, agli interni di abitazioni, si avvicendano sulla tela immagini di città, periferie e zone industriali, in cui l’artista, libero dagli stereotipi che bloccano l’immaginazione e impediscono ai più di vedere oltre i segni di una città degradata, riesce a cogliere l’armonia di linee, forme e volumi scolpiti o appena sfiorati dalla luce. Un’atmosfera irreale connota, invece, le spiagge assolate, incredibilmente vuote e spaziose, dove l’orizzonte altissimo riduce il mare ad una striscia sottile, mentre la sabbia sconfina a perdita d’occhio e invade i due terzi del dipinto, invitando lo spettatore ad un cammino lungo e paziente prima di giungere alla contemplazione del mare. E proprio in riva al mare si compie il rituale, tanto caro ai bambini, di raccogliere conchiglie, appoggiarle all’orecchio e ascoltare echi di maree, voci misteriose provenienti da mondi lontani, espressione del desiderio di sconfinare oltre il limite della ragione e della realtà visibile.
Tutta l’arte di Massagrande ruota attorno al desiderio, chimera irraggiungibile per ogni artista, di cogliere la bellezza assoluta di luci e forme, attraverso la sapiente ricerca di aspetti inediti e imprevedibili di linee e volumi conosciuti, oltrepassando la visione tradizionale e definita delle cose, alla ricerca di una dimensione del tempo infinito, fermato e sospeso nell’attimo in cui si posa lo sguardo dell’osservatore.

Mirella Cisotto Nalon Alessandra De Lucia
Capo Servizio Mostre e Attività Culturali Capo Settore Attività Culturali Comune di Padova Comune di Padova


A Matteo Massagrande

Le tue opere mi son sempre piaciute e le ho apprezzate con piena convinzione. Ma col tempo, qualcosa è cambiato: adesso, quando sono di fronte a un tuo quadro, avverto una sensazione nuova che prima non percepivo. Qualcosa di strano che quasi mi fa sentire a disagio con me stesso: una sorta di “spiazzamento”. Come se svanissero i miei abituali riferimenti estetici, culturali, emozionali. Allora, istintivamente, allo stesso modo di quando si avverte un vuoto, vien da ritrarsi. E tuttavia ci si sente attratti da qualcosa di ignoto che attende di rivelarsi se solo abbiamo il coraggio di “perderci”, di rinunciare al cosiddetto “distacco critico”, alle certezze della nostra razionalità. E questo è ciò che chiede la poesia, che abita nel mistero delle cose.

Non ci sono ragionamenti, spiegazioni, elucubrazioni specialistiche che possano rivelarci la poesia. Solo l’arte può mostrarci i segreti sentieri che conducono al luogo dell’incanto. Qual è dunque il “tuo” sentiero, Matteo? Quale il tuo esclusivo percorso lungo il quale ci aiuti ad accostarci alla soglia dell’ineffabile? Ecco qua: credo sia, almeno per me, una complicazione del concetto di tempo. Ogni artista ha la propria “complicazione” nel rapporto con la realtà, e da questa “complicazione” ne risulta la sua esclusiva visione del mondo. La “tua” riguarda il valore del tempo. Guardo i tuoi quadri e vedo un mondo che mi è familiare: riconosco oggetti, luci, materie. Quasi in un rapporto fisico, di percezione tattile; e persino olfattiva, tanto è concreto e vivo il tuo contatto con l’esistente. Ma non è certo questo lo scopo della tua pittura. Non ti basta “rappresentare”. E neppure ti compiaci del saper evocare sentimenti di tenere memorie che ci legano alle silenziose storie che ogni oggetto porta con sé.

C’è qualcosa di diverso e impalpabile nella tua pittura che ha a che fare con l’idea del tempo. O meglio: col sentimento del tempo. Qualcosa che ciascuno di noi ha provato e mai dimenticato: il tempo così come lo abbiamo vissuto nella nostra infanzia. Che non è il tempo dell’orologio o degli anni, bensì il tempo dell’incanto. Per questo quelle nostre giornate parevano lunghissime e le stagioni interminabili: il tempo soddisfaceva ogni nostra aspettativa, conteneva tutti i nostri sogni. Un suono, una luce, un colore, era l’universo intero. Ogni cosa, anche la più apparentemente banale e insignificante, allo sguardo di un bambino si presenta come una meraviglia da scoprire. Allo sguardo dell’innocente, solo a lui, si rivela l’essenza poetica di ogni realtà. E il tempo che pur consuma i giorni delle nostre vite, non può intaccare la sospensione dell’incanto.
La poesia sconfigge il tempo. Nella tua pittura ho ritrovato questa innocenza dello sguardo. Nei tuoi quadri, ogni cosa evocata è lì sospesa in quell’istante infinito che è l’incanto della poesia. L’arte indica a ciascuno di noi la via per ritrovare il nostro rapporto armonioso con l’esistente. Guai a noi se rimaniamo indifferenti all’arte, estranei alla poesia. Ma ancora di più: guai a quegli artisti che per convenienze o vanagloria ingannano le nostre attese, confondono i nostri sguardi, mortificano i nostri incantamenti.
Tu, caro Matteo, non hai tradito mai.
Ermanno Olmi

Com’è nato il libro fotografico di Alberto Buzzanca
A casa di Matteo

Un giorno ricevo una telefonata: “Sono Angela, moglie di Matteo Massagrande, il pittore…” Arrivo a casa loro e vengo risucchiato in un’atmosfera coinvolgente e particolare. La dimora non è soltanto antica, è pregna di fascino, di oggetti, trasuda vita. Lo vedi subito che è la casa di un artista. E non solo perché l’ingresso è già lo studio di Matteo. Lui e la moglie mi si fanno incontro, così immediatamente capisco che non sarà una conoscenza fredda, ma accogliente. Ed è subito un tuffo al cuore immergermi nel mare tempestoso di colori e pennelli che mi ricordano mio padre pittore. Chi non apprezza l’arte queste cose non le vede, si ferma al caos apparente, non va oltre. Invece la casa di Matteo e Angela ti trasmette armonia, il loro sorriso ti mette a tuo agio. E piano piano, mentre i cani prendono confidenza col tuo odore, entri nella dimensione dell’artista.
“Vorrei delle foto semplici, che facciano capire il mio lavoro” mi chiede. E allora comincio a muovermi, prima in punta di piedi, poi mi accorgo che quando lui è all’opera, anche se mi parla continuamente, non mi vede. Così scatto. All’inizio i primi “clic” li sente, è quasi infastidito dall’idea, per nulla abituato a farsi riprendere, ma poi non ci fa più caso.
Alle 5 la famiglia si riunisce accanto al maestro, ognuno col proprio impegno. Spesso Matteo si ferma, chiede un parere ad Angela seduta sopra la scrivania. La sua opinione è sempre fondamentale. Discutono di colori, di forme. Io non mi intrometto, scatto. Zaccaria finisce i compiti e si mette sul pavimento a giocare.
“Sei un concertista dell’arte” gli dico quando scopro la tastiera del vecchio pianoforte composta di tubetti ad olio. E il tempo scorre. Quattro - cinque ore al giorno, volano via otto pomeriggi, con il colore che si fissa nei bianchi e neri. Lui è molto tranquillo, misurato, le tele sono piccole, ma anche grandi più di due metri. Chiacchiera amabilmente. E ascolta. Dietro l’artista, Angela, il suo angelo custode.
Ho scattato 600 foto e ne ho usate 140, lavorando con luce ambiente a 1.600 ISO e diaframma molto aperto, il grandangolo spinto a 2.8. Ci sono dei mossi, non intenzionali, ma direi che non sono nemmeno degli errori… perché ho fotografato sempre a mano libera per catturare l’immagine giusta, i movimenti reali. Ho cercato di essere poco invadente, senza chiedere mai di ripetere un gesto, di mettersi in posa. La sola foto posata, quella della biografia, è stata per questo l’unica difficile da realizzare. Alla fine di ogni lavoro fa un gesto strano, che mi ha colpito. Passa la mano sui colori rappresi, accarezza il quadro che sente suo.
Alberto Buzzanca

La monografia


Massagrande dalle voci di una conchiglia è una monografia in 336 pagine, con 120 illustrazioni ed i commenti dei critici d’arte Sandro Parmiggiani e Giorgio Segato. Edita da "Silvana Editoria e Alberto Buffetti Arte" e fa parte della collana di Silvana Editoriale "Collezione Contemporanea" curata da Alberto Buffetti.
Nella stessa collana sono già stati pubblicati i volumi su Maurizio Bottoni, Ettore Greco - Atelier, Ettore Greco - Sculture e Romano Lotto; mentre sono in preparazione tre volumi su Abdallah Khaled, Ottorino De Lucchi e Fausto De Nisco.
Lo spirito che anima tale progetto è rappresentato dalla frase di Calvino riportata in quarta di copertina: Far conoscere artisti già apprezzati e già presenti nelle grandi collezioni, ad un pubblico più vasto.
Non è il progetto di un imprenditore dell'arte, ma di un semplice collezionista ed amante delle cose belle.




dal commento al volume fotografico Le Voci di una conchiglia

…Mi pare che Alberto Buzzanca abbia saputo davvero entrare nei luoghi e a contatto con
le persone e con le cose senza essere in scena, come spettatore cauto, discreto e silenzioso per cogliere la naturalezza di momenti e di gesti semplici, ma significativi di rapporti armoniosi con il fare, tra persone, con l'ambiente di vita e di lavoro.
L'esito è, a mio avviso, davvero notevole come sequenza di un tempo breve
ma vero, non costruito, di dialogo con un artista e il suo ambiente di lavoro, le persone, gli animali, le cose che quotidianamente entrano nel suo sguardo, toccano la sua sensibilità,
svegliano la sua immaginazione.

Giorgio Segato



In una saletta del Museo al Santo, durante la mostra, uno schermo al plasma riproduce le immagini del libro.

Alberto Buzzanca, fotografo padovano

Eredita dal padre Vittorio in arte Busàn, pittore visionario, scenografo e vignettista pungente, l'armamentario per fotografare; ma forse molto di più. Nasce così, a 23 anni nel '92, l'impegno artistico di Alberto Buzzanca. Due vecchie reflex, gli obiettivi, la voglia di provare per gioco. Una passeggiata lungo il fiume, i primi scatti. Poi cascate di manuali, libri, riviste, la curiosità di imparare, capire come nasce la magia dei capolavori dei grandi.
Buzzanca capisce di non essere fatto per i paesaggi inanimati, che le sue foto devono vivere, emozionarlo ed emozionare. Arrivano i ritratti, le modelle. Poi i workshop, il mettersi in gioco. Fino al grande momento: abbandona il lavoro sicuro per la passione. Un atto di coraggio, un mix di consapevolezza e umiltà. Apre uno studio.
Lavoro con poche luci, spesso una sola- spiega- laterale, molto morbida, che dà i contorni giusti, quasi fosse la luce naturale di una finestra.
E' fotografo pubblicitario, collabora con agenzie, pubblica su riviste nazionali. Il soggetto preferito sono le persone: modelle in studio o immerse in suggestive location, ma anche uomini donne bambini ritratti nei reportages in giro per il mondo. Presi a distanza ravvicinata, con un 16 millimetri, perché per Alberto vale quel che diceva il grande Robert Capa: La foto non è bella se non ti sei avvicinato abbastanza. Bisogna saper entrare dentro le persone, le loro storie, con coraggio e umanità.
In cinque secondi devo far capire che non sono un invasore, ma uno di loro. Lo stesso vale per la modella ripresa a distanza ravvicinata col 50 millimetri. Serve una forte empatia, deve sentire che si può fidare e solo allora uscirà la sua personalità.
Alberto Buzzanca lavora in digitale, tecnologia in cui ha creduto da subito e che aggiorna continuamente.
Sul set, dove il soggetto è chiamato a dar vita emotivamente a una sorta di film in 9-10 quadri, si capisce subito che il fotografo è ispirato. Ma anche che quello non è il suo mestiere, è la sua vita.

Roberto Brumat
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