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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Francesco Cascavilla, L'erede del Podestą, nella rivista Como, storia, arte, cultura, attualitą e turismo

di Rassegna Stampa

'Si legge d'un fiato il romanzo L'erede del Podestà (Aletti editore, 2006, pp. 252, euro 18,50) di Giovanni Casaura, a lungo docente di Italiano e Latino al Liceo classico 'Volta" di Como e autore di saggistica, di teatro e di raccolte poetiche. Il libro narra del ritorno nel settembre del 1985 nel paese natio, Ruviano, nel Casertano, di Onofrio Domusuro, un quarantaduenne professore di lettere che vive e insegna a Como. Ritorno, dopo tanti anni di assenza, dovuto ad una inaspettata convocazione presso lo studio di un notaio di Caserta per la lettura di un testamento. In tale circostanza il professore apprende che un certo Antonio Chiavuto, ex podestà del paese, lo ha nominato erede di tutti i suoi beni: alcuni miliardi di lire, una ben awiata azienda agricola e diversi immobili. Unica condizione è che Onofrio si stabilisca a Ruviano per dedicarsi alla conduzione dell'azienda, in caso contrario il lascito andrebbe alla Chiesa. In una lettera, allegata al testamento, Antonio Chiavuto rivela ad Onofrio di essere stato in gioventù amico di suo padre, convinto socialista, fino a quando, per convenienza, non aveva aderito al movimento fascista, divenendo attivista e, in seguito, podestà del paese. I rapporti tra i due amici di un tempo progressivamente si deteriorarono. Il padre del professore sarà perseguitato per i suoi atteggiamenti e discorsi antifascisti: verrà condannato al confino e subirà anche un pestaggio squadrista. Finita la guerra, però, è proprio il padre di Onofrio che, pur non dimenticando le angherie subite, lo salva da morte sicura, sottraendolo alla giustizia sommaria che erano intenzionati a fare gli abitanti di Ruviano, che ritenevano Chiavuto corresponsabile dell'eccidio nazista di alcuni giovani del Casertano che avevano attaccato, all'indomani dell'8 settembre del '43, una camionetta di soldati tedeschi in ritirata. La decisione dell'ex podestà di lasciare ad Onofrio i suoi averi è dettata dal desiderio di riparare in qualche modo alle ingiustizie e alle sofferenze che aveva inflitto a chi, malgrado ciò, lo aveva salvato dal linciaggio con un'azione di grande dignità e moralità. Onofrio ritrova nella terra natìa un mondo quasi dimenticato: la dolcezza del paesaggio del Medio Volturno, i perduti sapori della cucina tradizionale, la parlata della gente. Riemergono i ricordi dell'infanzia e, a stretto contatto con i poveri braccianti che fanno capo alla masseria, lentamente riscopre anche l'umanità, il calore, gli essenziali e sani valori della civiltà contadina. Deve, però, fare i conti con le ipocrite e interessate manifestazioni d'amicizia dei notabili del paese - che, tra l'altro, restano scandalizzati dai rapporti amichevoli che Onofrio instaura con i contadini che lavorano per lui, facendosi perfino dare del tu; con l'ostilità del prete, dal volto sorridente ma dagli occhi freddi, interessato a mettere le mani sull'eredità; con il fattore, dall'oscuro passato, che spesso fa ambigui discorsi sull'utilità sociale della camorra.
Questi forti contrasti che connotano il mondo che ha appena ritrovato non facilitano, ormai quasi trascorse le due settimane di congedo concessegli dal preside della scuola in cui insegna, la scelta che Onofrio deve compiere. La situazione precipita quando il professore riceve una videocassetta - accompagnata dalla richiesta di una cospicua somma di denaro in cambio del silenzio - in cui sono filmati i suoi appassionati incontri amorosi con Alida, la esuberante moglie del farmacista conosciuta al banchetto di benvenuto organizzato in suo onore. Onofrio sta quasi per rinunciare all'eredità e per ritornare a Como, dove conduce una tranquilla esistenza da single, tutto sommato appagante anche se un po' piatta, motivato dall'amore per l'insegnamento e confortato dall'affetto dei suoi studenti. La volontà di non cedere a quello che ha tutta l'aria di essere un ricatto camorristico finisce, però, col prevalere e col fargli fare la scelta di vita coerente con la sua nuova acquisita consapevolezza.
La vicenda de L'erede del Podestà si snoda con un ritmo che avvince il lettore ed è narrata avvalendosi di una scrittura agevole e sapiente, opportunamente impreziosita dall'uso del dialetto di Ruviano (reso accessibile anche a chi meridionale non è) che conferisce ai dialoghi una notevole vividezza e credibilità. Il romanzo di Casaura è, peraltro, così ben ambientato, a Como come a Ruviano, ricco di riferimenti, descrizioni, riflessioni puntuali e convincenti da sembrare, considerato che protagonista ed autore sono accomunati dalla stessa professione e dallo stesso luogo di nascita, autobiografico. C'

Francesco Cascavilla, L’erede del Podestà, nella rivista Como, storia, arte, cultura, attualità e turismo, Aprile 2007, n° 4, pp. 94-95.
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