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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

“In un giorno come questo” di Marianna Loredana Sorrentino: una presentazione dettagliata dell’opera

di Rassegna Stampa

PER CHI COME ME SI SENTE ADAMO

“Essendo, comminando, guardando e pensando vivo. E da sotto il cappello cerco”.
Una vita coniugata al “gerundio” è quanto di più originale si possa credere.
E funziona, in quanto si realizza il “cambio di prospettiva” che Eva la protagonista, si auspica “vivendolo”. Dovrebbero imitarlo tutti il suo modo di osservare il mondo in maniera disincantata, iniziando dai particolari.
Proprio così, dai particolari cui non facciamo più caso. Sarebbe questa la vera rivoluzione senza bisogno di sangue, senza cagionare morti, senza arrecare dolore.
I sensi, per quando fallaci e limitati, ma lungi dal limitarci, non farebbero altro che catalizzare le nostre energie, orientandole come antenne vibranti per scrutare più che la realtà noi stessi.
Ciò che ho capito, ciò che ho imparato leggendo questo testo è che la vita, quella che veramente ci appartiene, altro non è che il viaggio più avventuroso e misterioso che esista.
Nessun sentimento, nessun emozione è in grado di sminuirne il senso.
In un giorno come questo, non peggiore né migliore di altri, si può essere sé stessi, senza l’ansia di predare, rubare, privare la voglia di vivere dell’altro.
È sorprendente come il passo di Calvino, scelto dall’autrice per introdurre il suo “scrigno di pensieri”, possa aver offerto un’ispirazione tanto feconda ed illuminata. Complice anche la sua passione per la musica, ha dimostrato che le parole possono evocare emozioni, profumi, sapori non solo sentimenti e concetti.
Sono vortici di vento che sparpagliano e confondono volutamente i pensieri, vertigine di volo per chi, comunque, non vuole smettere di sognare.
Sono appena quattro i Capitoli della storia, ma quanti altri ancora sono nascosti alla nostra e alla vista della scrittrice?
Spetta solo a lei rivelarceli in «un altro giorno “diverso”
da questo».




“VERSO LA STAZIONE”

È vero ogni giorno, svuotati di sogni e di sentimenti, ci leghiamo ad un “biglietto” di opportunità smarrite. Tutti abbiamo bisogno di un treno come di un alibi esistenziale che sappia riassumere le nostre fermate e soste di vita.
Siano l’un l’altro anonimi, pur conoscendo la sorte comune che ci attanaglia.
È questo che ci rende gelosi e ostili a caccia di un posto di libertà e di luce che ci sfugge ad ogni stazione, ogni giorno della nostra esistenza.
Non lo nego, appartengo anch’io all’esercito di sognatori, canticchiato da Eva di prima mattina.

“CLAUDIO”
A volte sono i piccoli gesti quotidiani a riempirci la vita, a tenerci compagnia per giorni interi, forse per tutta la vita.
Non sappiamo spiegarci il perché, ma comprendiamo che un suono, un volto, una parola, inseriti nella nostra routine, possono infonderci la felicità vagheggiata o forse perduta.
Rappresentano il nostro passato, ci conformano al presente, ci prefigurano il futuro.
Divenuti per abitudine nostro talismano, li vorremmo adoperare contro tutti i mali, compresi quelli dell’anima dovuti al tedio di esistere.
Quando poi, per un motivo indipendente dalla nostra volontà ci vengono sottratti, ne sentiamo il vuoto, il peso. E’ come se il Destino, si incarnasse per limitarci, facendoci sentire la sua tirannia insopportabile, impadronendosi del senso unico che hanno per noi.
È come morire dentro perché fuori ciò che cerchiamo non esiste più.

“L’ATTESA”
L’anomia quotidiana continua, pervade la scena, quasi la consuma.
L’umanità è senza volto, a tratti apatica, assente.
A muovere il “gioco” è ancora una volta la materia, il prodotto dell’uomo che si fa vita, rumore, colore che muove, trascina i destini degli altri, terminando e riprendendo la corsa del suo tempo a piacimento.
Il macchinista, anch’egli parte di un meccanismo del pensiero, divertito quasi invoca una fortuna, una provvidenza di echi e di volontà, figli più del caos che di una Entità superiore, impalpabile o addirittura inesistente.
L’unica realtà che domina, l’unica azione che si percepisce è lo sgomitare forte dell’umano patire.

“SUL TRENO”
È sempre e comunque la “gara” a farla da padrona nelle nostre vite.
A renderla tangibile, respirabile è la metafora del treno che ricapitola le esistenze molli e decadenti dei suoi passeggeri alla ricerca di improbabili battiti di ali.
Più che di sentimenti si tratta di istinti, di odori acri, penetranti, molesti come molesti sono talvolta i nostri insani pensieri di morte e di sopravvivenza in un ambiente sempre più selettivo e ostile.
Non ci sono eroi nella storia, solo protagonisti stonati di vittorie effimere, di banalità consumate. Non amori, neppure odi, solo odori ripugnanti provenienti dalle deiezioni delle quotidiane ansie di esistere.
Scorciatoie meschine, furbizie delle mente niente più per arrivare prima di altri all’effimero successo, pronto a divorarci, precipitandoci nel nulla.

“PERSONE”
L’insostenibile leggerezza dell’essere vissuta attraverso passaggi e variabili di intensità e di colore: Galleria. Buio. Luce. Galleria. Buio. Luce.
Non una virgola, solo punti e lettere maiuscole, quasi a serrare in soliloqui i respiri, i pensieri con valanghe di parole, frullate in libertà; ad ingannarci sul passato per non farsi sorprendere dal futuro. È come se telegrafando al di là di Noi stessi la nostra voglia di emergere dalla banalità potesse indurci a pensare ed immaginarci diversi.
Parole senza pause, precedute dal niente e seguite da un punto.

“CINZIA”
In “Cinzia” è racchiuso l’eterno femminino (Goethe nel Faust) della ricerca senza fine e senza tempo dell’autrice. Fonte di ispirazione perenne, vestita di bellezza algida, mossa da sovrastruttura inutile seppure necessaria al movimento e al senso.
Eppure la protagonista è distante dal desiderio di “Cinzia” che si consuma per conoscerne il nome e il destino. Eva invece ha necessità di sentirli, vederli, prima di denudarsi e farsi una complice. Iniziando dagli occhi, dove è possibile intravedere la prigione e il paradiso che ci attende.
Da un incontro casuale può sortire l’appuntamento con sé stessi, filtrato dai fori d’anima celati da iridi riflettenti, quando non sono opachi.
“Cinzia” è un pretesto, un diversivo, per parlarsi dentro, per inseguire e agguantare il proprio passato, che ancora ci emoziona ma resta, ciò nonostante freddo, disteso, illusoriamente rettilineo come le rotaie di un treno che non smette di smarcarci dentro. Pieno di ricordi, eppure con tanti posti ancora da assegnare ad improbabili viaggiatori di sogni.

“LAURA”
Maschere per coprire la nostra fragilità.
Spezzoni di bellezza frugati, rubati ai cento volti che si incontrano e si lasciano per strada.
Di silicone, di gomma, inespressive, ecco come sono le illusioni che ci riflettono in specchi deformati, aberranti dove i vestiti, gli accessori parlano più delle nostre parole.
Non portano lontano ma dentro noi stessi, ci recludono per non farci uscire più.
Amiamo, desideriamo ma è veramente ciò che vogliamo?
O è piuttosto la felicità dell’altro che ci turba, il suo volerci troppo per poi distruggerci?
Tempo finito….come sempre niente di più, niente di meno.
Bellezza che sfuma in un’ora per un’anima che sfuma in tutta una vita.

“PONTI”
I ponti di cui parla la scrittrice sono intessuti di pura poesia.
Rappresentano un ritratto di un’anima cristallina e solare, che ha bisogno del movimento perenne per continuare ad elevarsi come quei gabbiani reali che talvolta si materializzano unitamente ai tanti cuori trafitti e alle corde annodate che popolano questa terra, facendo la spola tra cielo e terra.

“CAPOLAVORI”
Chi s’intende di capolavori ha le chiavi di molti cuori.
Attraverso l’arte s’impara a leggere quei fogli bianchi su cui sono celate tantissime poesie.
Una scritta sul muro è il pretesto che avvia il lettore a scoprire un gioiello nascosto di Roma descritto con una minuzia che incanta e stimola la voglia di ripercorrere il tragitto di Eva per rivivere le sue emozioni realmente.

“AL PALAZZACCIO”
Sommi pensieri distratti dalla banalità del presente?
È tutto oro quello che luccica in alto?
O è da preferirsi quello che c’è in basso?
L’alluce di “Paolo” è solo un espediente per cambiare prospettiva?
Circolare nel Palazzaccio, comunque, risulta molto istruttivo ma solo per chi sa osservare attentamente.

“LA SIGNORA DEI FUMETTI”
Ci chiediamo se si può vivere senza speranza.
Tutto sommato quella signora, che tanto ricorda un personaggio dei fumetti della tua fantasia, non potrebbe aver trovato nel suo dolore cieco una prospettiva all’ingiustizia della vita?
A pensarci bene, quel suo ostinarsi a portare il fardello della sua croce potrebbe aver trovato senso e valore proprio perché una ragazza come Eva ha saputo coglierlo.

“DOVERI DI “AVVOCATO”
Delicatezza sublime che scuote l’anima: “L’avvocato” è un ritratto di rara umanità, dipinto con i colori della poesia.

“ELENA”
“Elena” è un’altra donna che inesorabile ed eterna continua il suo viaggio intorno alla vita.
A suo modo è un’eroina come “Laura” e la “Donna dei fumetti”.
A mezz’aria fra sogno e realtà, tra pazzia e verità.
Rimane, tuttavia, bellissima dentro anche se il tempo sta inesorabilmente passando sulle sue forme e sul suo volto d’infelice che ha fatto dei ricordi un motivo di vita.
La sconfitta, l’abbandono non hanno presa su di Lei, in quanto ha saputo trovare una dimensione d’intoccabilità “non troppo in basso per non toccare la terra che potrebbe seppellirLa se solo realizzasse che è per sempre che sarà mai più”.

“IL PRESIDENTE”
Le mani come specchio non solo della personalità ma dell’anima.
“Il Presidente”, l’ultimo dei Cavalieri, non è una figura posticcia ma al contrario palpitante di umanità. Come per l’ “Avvocato” è possibile cogliere attorno a questa nuova “figura”, un eguale denominatore di vita: dolore, sacrificio, dedizione che non piegano lo spirito ma lo sublimano.
C’è ancora speranza per chi ben spende la propria esistenza per ideali alti e nobili? O è solo retorica?

“IL CLEPTOMANE”
Un’analisi introspettiva graffiante e suggestiva quella condotta sul “Cleptomane” che ci fa interrogare fin dove le “tare” caratteriali, i sensi di colpa possono incidere su quanti, a causa di una infermità, commettono fatti criminosi.
Anche in questo caso la delicatezza e la dolcezza dello stile della nostra autrice hanno saputo rendere senza compassione o retorica una prospettiva diversa da cui cogliere e giudicare la realtà che spesso, non vogliamo saper comprendere.

“IL RITORNO”
Di ritorno da un viaggio ci sentiamo sovente stanchi e melanconici.
Ma non è quello che è successo a Eva al termine di un giorno come questo.
Il perché è presto detto e va ricercato nella sua libertà di vivere in un luogo dove la mente e l’anima riescono a dialogare.
Merito della Capitale ma soprattutto merito della scrittrice che ha saputo cogliere le bellezze nascoste che la circondano.
Quello che conta è essere liberi di cogliere la vita dovunque essa palpiti e aspetta di essere conosciuta anche se questo può costare qualche imbarazzo o fraintendimento per coloro che non riescono a penetrare questa “originalissima” prospettiva di vita.

Allora buon viaggio. Signori, vi consiglio di partire con Eva.



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