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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
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Incontri letterari - I versi emozionanti di ANGELO SCANDURRA, nelle parole di LUZI, MERINI, SGALAMBRO

di Rivista Orizzonti

“Non c’è che lo spazio di una postilla, / il decoro di un probabile / risultato da contrabbandare. / Poi la parola si torce / come serpe inchiodata dalla canna”.
È una delle descrizioni più nobili, più eleganti e al tempo stesso più incerte della parola. Così deve averla pensata anche un Maestro come Mario Luzi, se questi versi di Angelo Scandurra sono andati ad arricchire la collana di “Passigli Poesia”, con testi scelti proprio da Luzi. Una collana fatta di perle, che hanno anche il volto del poeta catanese.
Classe 1948, nato a Valverde, nell’immediato hinterland del capoluogo etneo, Angelo Scandurra inizia da giovanissimo a coltivare la poesia, se ne innamora, si lascia trascinare nei suoi vortici giovanili e oggi, a 62 anni, ne è diventato uno dei maggiori esponenti. Di quella poesia che è vago ricordo tra le strade della propria città, gradevole passeggiare tra le vie dell’anima e le emozioni in versi. Tragica confessione, infine, e palpitante dichiarazione d’amore: per una donna, per una città, per l’arte tutta di essere poeta. Uno dei più apprezzati critici, Carlo Muscetta, di lui ha scritto: “Nella poesia di Angelo Scandurra l’astrazione e la realtà trovano un sorprendente equilibrio di forma e d’immagini. La valenza stilistica ricca e sempre originale si manifesta in una scrittura colta ed epifanica. /…siamo di fronte a una delle personalità più suggestive e valide del decorrente millennio”.
Promotore del “Gruppo Teatro Nuovo” e direttore della rivista “Il Girasole”, nel 1986 Angelo Scandurra ha fondato “Il Girasole Edizioni”. La sua produzione letteraria va da “Proposta per incorniciare il vuoto” (Caltanissetta, Sciascia, 1979) a “Fuori dalle mura” (Sciascia, 1983), da “L’impossibile confine” (Lecce, Piero Manni, 1989, Premio Cilento-Pinto) a “Trigonometria di ragni” (Milano, Scheiwiller, 1993). Una scelta delle sue poesie è stata pubblicata in Svezia nel 1993 (“Appunti per una morte di re e altre poesie”, a cura di Ingamaj Beck, Stoccolma, Symposion) e negli Stati Uniti nel 1996 (“L’iracondo musicista e altre poesie”, a cura di Roberto Severino, Washington, Georgetown University).
Ma forse le parole più dolci e intime che definiscono al meglio la poesia di Scandurra sono quelle che Alda Merini ha scritto presentando nel 2003 la raccolta poetica “Il bersaglio e il silenzio” (Passigli Poesia): “In questa raccolta, già dal titolo bellissimo e significativo, mi commuove e mi coinvolge particolarmente l’idea che Angelo Scandurra abbia percepito che il poeta è un bersaglio mobile che si può impunemente punire da qualsiasi baraccone di tiro a segno. Come tutte le marionette il poeta cade e risorge”.
Oggi Angelo cammina per la sua città con il passo leggero e lo sguardo sognante, la saggezza nel cuore e la malinconia nella parola.

Domanda - Produzione poetica e tempo: per lei è un binomio fondamentale nella composizione delle sue opere?

Risposta - “Non sono molto prolifico. Dal punto di vista temporale, forse incostante. Tra un libro e l’altro ci sono ampie pause, intervalli di almeno quattro o cinque anni. Anche le raccolte, vanno dalle cinquanta alle settanta poesie. Ma è principalmente alla qualità che guardo”.

Domanda - Da eleganti raccolte poetiche come "Criteri di fuga" (1998) e "Il bersaglio e il silenzio" (2003, quest’ultimo con una breve presentazione di Alda Merini) per Passigli Editori, selezionati dal Maestro Mario Luzi, ai mini-racconti dell’ultimo volume: come mai questo passaggio dal verso alla prosa?

Risposta - “Sono uno che scrive di getto, per cui non c’è un calcolo preordinato, anche se la mia cifra resta fondamentalmente poetica”.

Domanda - Lei è un poeta siciliano. Che significa per lei?

Risposta - “Sicuramente significa avere una marcia in più. Le tante sfaccettature e le innumerevoli contraddizioni di questa terra, la Sicilia, aprono altrettanti nuovi, misteriosi e infiniti orizzonti. Bisogna saperli cogliere. Ma bisogna avere anche un atteggiamento di umiltà e di ricerca davanti allo svolgersi delle cose, così come davanti all’individuo. Mi piace dire che sono in continuo stupore nei confronti del mondo, non ho mai smesso di meravigliarmi, anche se negli anni subentra molta consapevolezza. Ma il mio stupore resta ammantato di disincanto. Non credo all’arte che non regala emozioni, all’arte fatta per se stessa, come le azioni degli uomini che non lasciano alcun retrogusto, perché significherebbe che tutto muore in sé. Al contempo, non ritengo l’arte un mezzo salvifico o didattico, ma come provocazione e continuo interrogarsi”.

Domanda - Lei ha iniziato giovanissimo a comporre. Anche questo è stato un vantaggio?

Risposta - “Da sempre ho avuto la passione e la propensione al verso e nel 1971 uscì il mio primo libro: 'Bagliori', una raccolta giovanile, avevo 23 anni, e c’era già la voglia di far conoscere il mio pensiero esistenziale. Oggi non le rinnego, ma ne salverei alcune. Perché poi, appunto, subentra la maturità, subentrano le letture e le influenze culturali, ci si scaltrisce. Tuttavia posso dire che fino ad oggi non ho mai guardato alle mode esterne, ma ho sempre badato al mio percorso interiore. Fino all’ultimo libro, targato 2009: 'Quadreria dei poeti passanti', pubblicato con Bompiani dopo un intervallo di almeno sette anni, una raccolta di racconti brevissimi che sono quasi attimi di un giorno, di un sentimento, di una vita. Di questo volume Manlio Sgalambro ha scritto: “In questo libro Angelo Scandurra esercita il mestiere dell’intelligenza. Vi si sentono gli eccitamenti della letteratura eterna. La sua prosa sta tra l’essere e il non essere tesa a catturare l’idea di bello e l’idea di pensiero insieme”.

Domanda - Oltre che poeta, è stato sindaco della sua Valverde, ed è anche editore. Come ha vissuto questa duplice esperienza?

Risposta - “In una delle mie raccolte ho scritto come epigrafe: 'I poeti volano coi piedi per terra!'. Non ho mai visto l’essere poeta come una condizione al di fuori di me, quindi dell’essere semplicemente un uomo, cittadino del mondo. L’intellettuale deve scendere nell’agone del proprio tempo. In me, semmai, ci sono due anime: quella che sogna e quella che i sogni li vuole realizzare concretamente. Ho voluto, più che essere editore, fare dei libri, con carta particolare, per restituire dignità all’autore e al libro, non solo come oggetto ma anche come soggetto”.



Oggi la Poesia di Angelo Scandurra continua ad essere la sua opera più elegante, anche se interpretata a volte sotto forma di prosa. Altre opere, ci rivela salutandoci, arriveranno in tipografia. Ma anche queste, c’è da giurarci, si prenderanno tutto il loro tempo. Come il buon vino, che lentamente si affina in barrique. I versi di Scandurra si affinano nel cuore e nella mente di questo delicato poeta dei giorni nostri.


(Articolo di Antonio Iacona, pubblicato su Orizzonti n. 40)

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