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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
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Ma quale Lando? Lui č… FABIO FERRI ( Dalla rubrica “I Teleantropi” )

di Rivista Orizzonti

Lo avevamo intravisto al Festival di Sanremo – mentre accompagnava simpaticamente l’esibizione di Daniele Silvestri, con piccoli passetti di danza – e ci aveva incuriosito quel modo di porgersi, quel suo modo di muoversi che esprimeva molto più di un semplice ballo. Quella “trovata” aveva funzionato, aveva catturato l’attenzione di diversi telespettatori, per la semplicità, che al tempo stesso nascondeva una grande abilità. Il tipo bizzarro che con ironia interpretava quei passetti – che ricordano molto la Febbre del Sabato Sera – altro non è che uno dei tanti personaggi di un ampio repertorio. A gestirli è sempre lui, FABIO FERRI, non solo un ballerino professionista, ma soprattutto – un vero attore.
Poco importa se a trentadue anni Fabio Ferri, barese di provenienza, che vive lontano dalla famiglia dall’età di 15 anni, abbia un corposo passato di presenze al teatro e al cinema, tanto si sa che la televisione, una volta individuata una strada, la ripercorre a volte fino allo sfinimento. E così dopo il successo di Sanremo, questo personaggio, a cui nel frattempo è stato dato il nome di Lando, è approdato nell’omonima trasmissione di Italia Uno, condotta da Daria Bignardi: in questo talk show in cui si parla di libri, attraverso scrittori che di volta in volta vengono ospitati in studio, Lando non si limita a ballare, ma di tanto in tanto esprime la sua opinione, e per lo più passa il microfono ai vari interlocutori, improvvisandosi valletto. Si destreggia bene, in tempi come quelli televisivi che non sono i suoi, tanto da suscitare ancora interesse nei telespettatori, che adesso cominciano effettivamente a chiedersi chi sia davvero.
Fiduciosa che anche la televisione risponderà a questa curiosità spostando l’attenzione dal personaggio alla persona, vi presento Fabio Ferri.

DOMANDA - Come hai conosciuto Daniele Silvestri?

F. FERRI - «Ci siamo conosciuti nel ’98, grazie ad uno spettacolo teatrale “Domani notte a mezzanotte qui”, scritto da Angelo Orlando, per cui io ho recitato e Daniele, invece, ha scritto due canzoni che noi suonavamo dal vivo. Recitavano, in questo spettacolo, anche Rolando Ravello, Edoardo Leo e Simona Cavallai: tra me e Daniele nacque un’amicizia, tra Daniele e Simona nacque l’amore…».

DOMANDA – E l’idea di ballare mentre lui cantava?

F. FERRI - «Ho festeggiato il capodanno a casa sua, a Fregane, dove mi sono fermato per la notte. Il giorno dopo mi chiese di ascoltare due canzoni: una era “Salirò” e l’altra “Il mio nemico”. Daniele era più propenso per la seconda perché la sentiva più sua, anche come pensiero; io votai per “Salirò” perché era una canzone molto solare, che faceva pensare all’estate, al mare. Poi gli ho consigliato di fare qualcosa di diverso e gli ho detto: “Balla!”, e lui ha risposto: “No, balla tu!”. Nacque in questo modo, come uno scherzo, ma non ci prestammo attenzione più do tanto…».

DOMANDA – E poi?

F. FERRI - «Io mi trovavo a Milano, dove stavo recitando “I giganti della montagna” con Mariano Rigillo, quando ho ricevuto una sua telefonata, in cui mi diceva che anche lui era a Milano, per parlare con i discografici. Essendo entrambi nella stessa città, decidemmo di salutarci. A lui era rimasto il tarlo nella testa, e così davanti ai suoi discografici disse: “Fabio ha pensato…” ed io anche se un po’ spiazzato raccontai la mia idea, che piacque molto. Poi, mentre stavo a Carrara sempre per “I giganti”, ho ricevuto questo messaggio: “Pippo Baudo ha detto sì, ormai è fatta, tocca solo convincere il regista”. Io gli telefonai immediatamente per dirgli che non potevo, perché ero in tournée per questo spettacolo. Poi alla fine mi sono fatto sostituire… Sono arrivato a Sanremo: e praticamente sabato notte (alle due e mezzo) abbiamo provato il passo a due in camera d’albergo, poi il resto l’ho improvvisato sul palco. E siccome lui moriva dalle risate e mi ripeteva: “Non riesco a cantare se ti vedo”, io gli ho detto: “Fatti più avanti, non ti voltare, io resto indietro!”. E così è stato. E questa cosa ha avuto un successo incredibile…».

DOMANDA – Come stai vivendo quest’improvvisa popolarità?

F. FERRI - «Sono tranquillo, ma anche molto soddisfatto per il modo in cui ho raggiunto la popolarità. Mi sono reso conto che in quei momenti ho regalato gioia: la gente, quando mi incontra per strada, mi saluta e ride, proprio perché si è divertita assieme a me e Daniele. La gioia più grande è venuta dai bambini che si sono appassionati tantissimo a me, dalle coppiette di 50enni che mi hanno chiesto l’autografo” essere popolari, per chi fa questo mestiere, è gratificante ed è inutile negarlo. Ma ciò che conta, è lo spirito con cui si fanno le cose e anche di questo si sono accorte le persone che hanno riconosciuto la spontaneità della nostra esibizione».

DOMANDA – La spontaneità è una qualità che si raggiunge dopo una buona preparazione…

F. FERRI - «È vero. Dietro ci vuole una preparazione: io sono un attore e mi sono inventato questo personaggio, che si veste, si muove e si propone in un certo modo… Per questo, quando alla conferenza stampa dell’Ariston Daniele ha detto ai giornalisti che io non ero soltanto un ballerino, loro mi hanno voluto proprio bene e io ne ho voluto a loro».

DOMANDA – Hai cominciato comunque come ballerino. Quando hai sentito che volevi fare l’attore?

F. FERRI - «Ho capito che volevo fare l’attore durante il militare. Il colonnello di compagnia venne a sapere che ero un ballerino professionista – ho fatto il militare a Sulmona – e siccome una sua parente aveva l’unica scuola di danza in città, mi chiese di fare uno stage, che fu un successo. Come premio, tra le altre cose, mi diede due biglietti per il teatro comunale di Sulmona: fu così che vidi il “Tartufo” di Molière con Arnolfo Foà. Rimasi veramente incantato, mi si aprì un mondo. E capii che quello che mi era sempre mancato era l’uso della parola legata all’espressione del corpo».

DOMANDA – Qual è il filo conduttore che lega esperienze così diverse, come cinema, teatro e televisione?

F. FERRI - «Il filo conduttore sta nel fatto che un attore – io mi considero principalmente un attore di teatro – può fare qualsiasi cosa: può ballare, cantare, recitare… In America è così: un attore deve saper far tutto. Io sono anche coreografo di duelli storici, in spettacoli come “Romeo e Giulietta”.
Quindi, per me, non ci sono steccati: la televisione, il teatro, il cinema o ballare con Daniele, sono tutte facce di una stesa medaglia».

DOMANDA – Poi comunque la televisione dà maggiore visibilità, come tu stesso avrai potuto constatare…

F. FERRI - «Sì, è vero. Ho fatto teatro per tredici anni da professionista (Shakespeare, Pirandello, i classici, i contemporanei); cinema d’autore dal ’98 (cone Enzo Monteleone, Angelo Orlando, Gianfranco Mingozzi, Damiano Damiani, ecc…), ma nessuno si è mai accorto di me… poi quei tre minuti a Sanremo mi hanno cambiato la vita! Per farmi vedere al teatro e al cinema dallo stesso numero di persone non sarebbero bastate tre vite! Proprio per questo la televisione va fatta, ma con motivazione, non solo per il proprio egocentrismo. Quanti personaggi nuovi saltano fuori e poi muoiono?».

DOMANDA – Il festival ti ha anche aperto le porte della televisione, in quanto subito dopo sei stato invitato a proporre questo tuo fortunato personaggio all’interno della trasmissione televisiva “Lando”, per alleggerire e spettacolarizzare un argomento poco seguito in tv, come quello dei libri.

F. FERRI - «Sì, infatti.. Un programma di libri chi te lo fa fare? Nessuno. Perché si spaventano subito, hanno paura che possa annoiare. E allora Daria e io abbiamo cercato di fare un programma a metà tra informazione e spettacolo: lei, che è una persona molto intelligente e colta, cerca di mantenere un livello qualitativamente alto, mentre io cerco di ironizzare un po’ sugli argomenti. Sono contento di fare un programma culturale sui libri, perché ho bisogno di una profonda motivazione per fare le cose. Far leggere più gente possibile ed incuriosire i ragazzi alla lettura, mi sembra una motivazione più che giusta e l’ho sposata in pieno».

DOMANDA – La televisione tende ad etichettare, credi che anche tu corra questo rischio?

F. FERRI - «Sono invitato nelle trasmissioni per continuare a proporre questo personaggio: fino ad un certo punto lo farò, sta a me adesso cercare di far capire che non so fare solo quello… Forse dovrò inventarne altri, completamente diversi, visto che la televisione non ha il coraggio d’inventarsi, ma soltanto di prender quello che c’è e di sfruttarlo».

DOMANDA – Parallelamente stai proseguendo la tua attività di attore?

F. FERRI - «Sto girando il film “La battaglia” di Enzo Monteleone, in ci interpreto un piccolo personaggio, ma molto drammatico. È un film che parla della guerra, e dove la guerra è omicida si se stessa: ci sono ragazzi che muoiono e combattono contro sé stessi in fondo, uccidendo altri ragazzi solo perché hanno una divisa diversa.
Poi a gennaio al teatro Ambra Iovinelli faremo “Barbara”, un testo scritto da Angelo Orlando, dall’omonimo film, che purtroppo ha risentito del fatto di essere stato troppo poco tempo nelle sale cinematografiche. I film italiani restano in visione al massimo una settimana e questo li penalizza notevolmente. Come riscatto, abbiamo portato quest’opera dal grande schermo al palcoscenico».

DOMANDA – In che modo la popolarità ti ha avvantaggiato nella tua professione?

F. FERRI - «Adesso non ho più paura di restare senza lavorare… Anche se prima di Sanremo ho lavorato tanto – ho fatto anche l’artista di strada – spesso ho trovato delle difficoltà, perché in Italia non è facile fare un mestiere come l’attore di teatro e di cinema…
Sono stato un anno senza lavorare, facendo molti sforzi per mantenermi da solo, pagare l’affitto e le altre cose.
Adesso m sento più sereno da questo punto di vista e la mia maggiore difficoltà è legata, addirittura, al dover scegliere tra le proposte svariatissime che mi arrivano da ogni parte. La scelta è fondamentale, perché io credo che la carriera di un attore sia fatta di scelta».


(Articolo di Caterina Aletti, pubblicato su Orizzonti n. 19 – ago/ott 2002)

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