|  | T’avrei lavato i piedi oppure mi sarei fatta altissima
 come i soffitti scavalcati dei cieli
 come voce che in voce si sconquassa
 tornando folle ed organando a schiere
 come si leva assalto e candore demente
 alla colonna che porta la corolla e la maledizione
 di Gabriele, che porta un canto ed un profilo
 che cade, se scattano vele in mille luoghi
 – sentite ruvide come cadono –; anche solo
 un Luglio, un insetto che infesta la sala,
 solo un assetto, un raduno di teste
 e di cosce (la manovra, si sa, della balera),
 e la sorte di sapere che creatura
 va a mollare che nuca di capelli
 va a impigliare, la sorte di ricevere; amore
 ti avrei dato la sorte di sorreggere,
 perché alla scadenza delle venti
 due danze avrei adorato trenta
 tre fuochi, perché esiste una Veste
 di Pace se su questi soffitti si segna
 il decoro invidiato: poi che una mossa un’impronta si smodi
 ad otto tentacoli poi che ne escano le torture
 
 
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