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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Intervista a Elena Sorrenti che presenta il suo romanzo “Giorni di pioggia” - Aletti Editore

di Rassegna Stampa

Percorrere le strade di Giulia significa portarsi dietro tutto il carico di regole imposte, pregiudizi e banali aspettative che l’educazione infiltra nel proprio modo di pensare e di vivere. Significa arrancare quando il mondo conosciuto comincia a tremare e aggrapparsi alle fenditure del terreno per non sprofondare nella voragine. E Giulia decide di non lasciarsi andare.
Quando ciò in cui crediamo frana sotto i nostri piedi siamo spinti a rivedere le nostre certezze e, a volte, scopriamo che non esistono certezze nel senso assoluto del termine. Scopriamo che la realtà può essere diversa a seconda dei punti di vista e che i nostri pensieri possono raggiungere livelli di libertà mai conosciuti. La nostra mente inizia a lavorare febbrilmente quando le imposizioni del mondo esterno vengono meno, quando chi siamo appare diverso sia da ciò che vedono gli altri sia da ciò che avevamo creduto di essere. In un attimo crolla il nostro quotidiano, vacillano i nostri rapporti con chi ci è accanto, non riconosciamo la nostra immagine nello specchio.
Il nostro io nascosto sbraita e distrugge le antiche fattezze che lo avevano tenuto lontano dalla luce del sole. Ci distrugge e si riappropria di noi.
È un viaggio nel riscoprire se stessi, nell’affrontare con coraggio quello che siamo, spogliandoci della pesante e polverosa coltre delle definizioni delle quali il mondo sembra avere un ossessivo bisogno ma che non giovano a nessuno e, probabilmente, non hanno neanche senso.
La vita di Giulia viene stravolta da forze immani ed è per questo che lei reagisce, non per salvare ciò che ha perduto, ma per ritrovare l’importanza di essere, necessariamente essere proprio come si è.
Ognuno inizia il percorso a modo suo, con i suoi tempi e con le sue impellenti prerogative. Tutti i personaggi iniziano un viaggio nella propria anima, alcuni per dare una dimensione a un dolore troppo grande da sopportare, altri per dare un significato alle incongruenze dei loro sentimenti.
La vita è un viaggio, è un itinerario lungo le tappe della consapevolezza di se stessi, è un riscoprire l’essere primordiale non ancora sopraffatto dalle convenzioni sociali. Vivere significa scardinare quei vincoli che ci avvinghiano a un presente fin troppo distratto per ritrovare quel che è reale e sincero. Realtà che è veritiera solo per noi, protagonisti e artefici, come siamo, di ogni manifestazione. Alla fine, ciò che prima ci appariva estraneo o sconosciuto, ci appare con tutta la sua vergine naturalezza, dissolvendo, in un attimo, timori e inconcepibili affermazioni.
Le incongruenze non esistono. Esistono solo fili che non abbiamo coscienza d’aver tirato.

*****

L'INTERVISTA

Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Giorni di pioggia”?

Elena Sorrenti - Il libro si racchiude in pochi giorni: inizia sotto le minacce di un temporale e finisce sotto una pioggia liberatrice, il sole appare e scompare come un personaggio un po’ timido. Il titolo, quindi, è semplicemente l’arco temporale nel quale si svolge una vicenda che altrimenti non avrebbe una dimensione, non un luogo geografico o una collocazione definita.

Domanda - Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?

Elena Sorrenti - Quello che mi preme affrontare è l’assoluto protagonismo dell’animo umano. Alla fine, questo è l’argomento principale: i sentimenti e l’evolversi di essi nel loro testardo e continuo scontrarsi con la realtà; le reazioni fisiche e psicologiche alle tragedie che la quotidianità ci scarica sulla pelle; la ricerca dell’io primordiale che il mondo in cui viviamo non sa riconoscere e rispettare.

Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?

Elena Sorrenti - Il tempo non cela, anzi conserva. Niente cade nell’oblio, perché noi siamo necessariamente tutto quello che ci ha preceduto: abbiamo già insito in noi tutto l’insieme di scoperte, innovazioni tecnologiche, affermazioni culturali e credenze religiose che si è sviluppato nei secoli. Che questo sia merito dell’educazione o di una memoria collettiva o storica, francamente, per me non ha importanza. Fondamentale è, invece, sapere che l’uomo non dimentica. Certo la scrittura, come le raffigurazioni artistiche, è un valido veicolo, che permette alla storia non solo di progredire ma anche di fermarsi e riflettere sul tempo che scorre e guardare con occhio critico ciò che cambia.
Oggi la scrittura è l’espressione egocentrica degli assolutisti che siamo: ognuno di noi è un’affermazione diversa di individualità, diamo quindi un valore diverso a ogni diversa manifestazione.
Per me, scrivere equivale a mettere ordine nei miei pensieri. Il mio viaggio nell’animo umano è un viaggio nel caos convulso della mia mente, che non cessa un istante di farsi domande e cercare spasmodicamente risposte. Ed è questo che differenzia l’uomo dal resto del regno animale: la ricerca continua… perché continueremo a cercare finché saremo in vita.
A proposito di animali, volevo sottolineare che nessun pesciolino ha subito maltrattamenti durante la stesura di questo romanzo. Due volte mia figlia ha iniziato a leggerlo e per due volte si è bloccata lì, chiedendomi come mi sia venuto in mente. Il pesciolino rappresenta Giulia come era o come credeva di essere e il calpestarlo le permette di dare sfogo a un presentimento che già le insinua l’idea che qualcosa stia per cambiare. Se una ragazza tiene un animaletto in camera è perché prova affetto per lui, quindi reprimere un sentimento è il segno che il bisogno di conoscere se stessi è più forte di ogni altra cosa.
Colgo l’occasione per affrontare in breve un argomento a me caro. Io e la mia famiglia abbiamo deciso, circa due anni fa, di adottare un cagnolino sfortunato e le visite ai canili ci hanno lasciato molta amarezza. Abbiamo adottato Tommy e per noi è stato molto difficile dargli un’educazione e delle regole. È un cane irrequieto, che comunque ci ama in maniera quasi osannante, ed è difficile da gestire, soprattutto perché ha una vivacità resa smaniosa da tutte le sofferenze che ha subito e che riempiono il suo corpo di cicatrici. Non è facile adottare un trovatello e non chiedo a chiunque di farlo, chiedo soltanto di non abbandonare un amico.

Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?

Elena Sorrenti - L’ispirazione è un essere invisibile, che, probabilmente, vive di vita propria… probabilmente è un mutaforma. Io mi siedo e inizio a scrivere: cos’è, allora, l’ispirazione? È ciò che amiamo e pensiamo, è ciò che viviamo o vorremmo vivere? Quindi l’ispirazione siamo noi, semplicemente.
Ho amato Foscolo fin da quando la mia età aveva una cifra sola e ho letto Silvio Pellico in quinta elementare: sono fonti di ispirazione? Non la vedo così: in fondo amiamo e andiamo alla ricerca di ciò che è simile a noi, oppure vediamo le cose esattamente come vogliamo vederle. Ciò che ha un certo significato per qualcuno potrebbe non averlo per un altro. Passavo ore sui versi dei Sepolcri non perché potessi trarne delle ispirazioni, ma perché in qualche modo parlavano di me.

Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?

Elena Sorrenti - Ascolto rock e metal quando scrivo, quindi penso che la musica mi influenzi esattamente come influenza il ritmo della mia vita. Adoro ciò che fa vibrare la mia anima: il metal o un’opera di Monet.
In realtà, penso che sia io a subordinare ogni cosa al mio bisogno di esplodere di continuo ciò che provo e penso. Io sono ciò che scrivo, sono la musica che ascolto e, se avessi tempo, magari inizierei a dipingere.

Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?

Elena Sorrenti - Sono lo spirito di contraddizione nella sua forma più noiosa. Per me non ha senso classificare per generi, per me non ha neanche senso dare una definizione a un’espressione artistica, come lo è anche la letteratura, soprattutto nel mondo attuale dove ognuno ha qualcosa da dire.
Adoro Stephen King, anche se a volte è ripetitivo, ma nessuno riesce a dipingere un carattere o una scena come lui. Trovo straordinari i romanzi di Jack Whyte, che ha fatto della ricerca storica uno stile di vita.
Leggo, comunque, di tutto e amo cose diverse, perché ogni autore può scrivere un buon libro e, purtroppo, troppe persone pensano di saper scriverne uno.

Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?

Elena Sorrenti - Non ho mai letto un e-book: amo i miei scaffali, soprattutto quando sussurrano il mio nome se vi passo accanto.

Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Giorni di pioggia” se non lo avesse scritto.

Elena Sorrenti - Ho già detto che io sono ciò che scrivo e che scrivere per me è un bisogno fisico.
Prima di iniziare a scrivere “Giorni di pioggia” ho pensato molto sull’argomento da trattare e su come farlo. È stato allora che ho capito che dovevo scrivere di ciò che avevo dentro, del mio costante desiderio di capire come il proprio animo si sviluppa, cresce, reagisce e impera nel corpo che abita. Questo romanzo è un viaggio nell’animo umano.
Ho cercato di dare un’impronta originale al mio libro, sia per quanto riguarda lo stile che l’argomento trattato. Se non lo avessi scritto io, probabilmente lo comprerei spinta dalla curiosità e dal desiderio di leggere qualcosa di diverso, di non convenzionale.

Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?

Elena Sorrenti - Ho scritto “Giorni di pioggia” almeno dieci anni fa, nel frattempo ho portato a termine un altro lavoro e ho gettato le fondamenta per altri due libri. Ho perfezionato il mio stile e la mia indagine sull’animo umano si è concentrata dapprima sull’amore, rivelando aspetti nascosti su un sentimento sul quale si è scritto troppo, ma spesso in modo banale, in seguito mi si è aperta una strada difficile da percorrere, che frana, si interrompe e si inerpica in pagine ancora in lavorazione.



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