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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Le sonorità graffianti della musica popolare Calabrese. Intervista a MIMMO CAVALLARO E COSIMO PAPANDREA dei TARANPROJECT

di Rivista Orizzonti

Articolo di Loredana Rizzo, pubblicato su Orizzonti n.43

Non si può parlare di tarantella senza nominare i TaranProject, gruppo di musica etnica calabrese che da qualche anno a questa parte registra un sempre più crescente successo nelle piazze dal nord al sud Italia, scatenando una passione collettiva per questo genere musicale. I TaranProject, con base a Paulonia, nella Locride, sono guidati da Mimmo Cavallaro e Cosimo Papandrea, due ricercatori ed interpreti del patrimonio musicale tradizionale calabrese. La formazione, che nasce nella primavera del 2009 per iniziativa di Mimmo Cavallaro, già conosciuto come artista della Taranta Power di Eugenio Bennato con cui si è esibito in Italia e in vari paesi europei, inizialmente ha come finalità quella di accompagnare Cavallaro nella tournée del suo cd Sona Battenti. È composta da Andrea Simonetta (chitarra), Carmelo Scarfò (basso) e Alfredo Verdini (tamburello e percussioni); cui si aggiungono poi Giovanna Scarfò (seconda voce e danze) e nel 2010 Gabriele Albanese, pipita, sax e fiati, che completa l’attuale formazione a sette.
Nel loro repertorio troviamo, perlopiù, canti della tradizione popolare calabrese, rielaborati nella forma canzone, avendo particolare cura negli arrangiamenti, con l’utilizzo del dialetto calabrese che, se da una parte risulta di difficile comprensione per gli non è originario di quelle terre, dall’altra è dotato di grande musicalità. Altro elemento che contraddistingue il gruppo è la riscoperta della lira calabrese, strumento ad archetto in uso nella Locride fino agli anni Cinquanta, di cui si era quasi perso il ricordo e che ora viene di nuovo costruita e suonata. Portano la loro musica, oltre che nelle piazze italiane, in Francia, Svizzera, Lussemburgo, Canada. E nel 2012 il gruppo viene scelto per aprire il Concerto del Primo Maggio a Roma, suonando di fronte a 800.000 persone.

Come e quando è nata la passione per la musica popolare Calabrese?

Cosimo Papandrea: «Da piccolissimo. Sono cresciuto in mezzo alla tarantella e all’età di 7-8 anni ho iniziato a suonare l’organetto. Da quel momento è proseguita questa grande passione, fino ad arrivare a formare un primo gruppo: gli Atnarat, che sarebbe Taranta al contrario. Poi c’è stata una svolta, grazie alla collaborazione con Mimmo Cavallaro e con altri musicisti. Con Mimmo, ho dato vita al gruppo Bassa Marea, formato dall’insieme di tre gruppi, con ben quattordici elementi! Da Bassa Marea è nato il progetto dei Karakolo Fool, di cui facevano parte artisti di tre regioni diverse: Calabria, Sicilia, Campania. Da quell’esperienza è nato il nostro progetto attuale, che è Taranproject. Si è creato un bellissimo movimento intorno a questo gruppo. È molto gratificante notare ai nostri concerti la partecipazione di molti giovani e bambini che ballano la tarantella e che cantano tutti i nostri brani a memoria».

Con quale gruppo o cantautore di musica popolare vi piacerebbe collaborare e magari fare un tour insieme?

Cosimo Papandrea: «Ci sono tanti artisti importanti che fanno musica popolare! Diciamo che ci piacerebbe collaborare ancora con Eugenio Bennato, con cui abbiamo lavorato insieme al Tarantella Festival di Kaulonia, di cui è il direttore artistico. Bennato è stato anche il produttore di un nostro disco, Sona battente. A parte Bennato, avrei voluto fare qualcosa insieme a Rosa Balistreri. Questa piccola donna siciliana, che cantava con voce graffiante, mi ha subito colpito. L’ho conosciuta, musicalmente, trenta anni fa a Torino. Ho ascoltato alcuni suoi brani incisi su cassetta e la sua voce, ed il suo modo di esprimersi con l’anima, mi ha letteralmente conquistato».

Mimmo Cavallaro: «Anch’io spero di collaborare ancora con Bennato, con cui abbiamo fatto una serie di concerti all’estero nei grandi festival di musica etnica europea».

Chitarra battente, pizzica, tamburello, organetto, lira. Se ti chiedessero di esibirti con un solo strumento, quale sceglieresti?

Cosimo Papandrea: «L’organetto, perché è il primo strumento che ho imparato a suonare e con il quale ho concepito il brano Spagna, a cui sono molto legato».

Mimmo Cavallaro: «Per me sicuramente la chitarra battente, che suono sempre durante gli spettacoli».

Se dico Odio l’estate, cosa vi viene in mente?

Mimmo Cavallaro: «Il Festival di Roma, naturalmente! L’opportunità di suonare in questo luogo fantastico che è Villa Ada ed anche Villa Carpegna. Abbiamo avuto modo d’incontrare un pubblico molto vasto, e non solo calabrese».

Tanti giovani si sono avvicinati alla musica popolare calabrese. Non è più considerata una musica d’altri tempi?

Mimmo Cavallaro: «Può sembrare una musica d’altri tempi ma è attuale, perché il resto della musica che noi ascoltiamo nelle radio e nelle televisioni è musica che proviene d’altri luoghi che non ci appartengono. La nostra musica ci appartiene, e penso che sia proprio questo il motivo che spinge tanti giovani a popolare le piazze dei nostri concerti».

A quale brano siete particolarmente legati?

Cosimo Papandrea: «Ce ne sono tanti, ma il brano a cui tengo di più, come ho detto prima, è Spagna, che ha un testo bellissimo. Mi è sempre piaciuto. Lo ascoltavo già da piccolino; era uno stornello d’amore inciso da Otello Profazio. Io ho cambiato la linea melodica introducendo l’organetto.

Mimmo Cavallaro: «Per quel che mi riguarda, il brano a cui sono particolarmente legato è Passa lu mari, che ho scritto qualche estate fa per evidenziare gli eventi positivi di Caulonia, il mio paese.Volevo parlare del festival della musica che ogni anno si organizza nel mio paese, ma anche dell’accoglienza della gente verso gli immigrati. Questo brano parla del fenomeno dell’emigrazione nel mediterraneo sulle coste calabresi e siciliane ed è molto apprezzato dalla gente che viene ai nostri concerti».

Cosa consigliereste ad un giovane che vuole fare musica popolare?

Mimmo Cavallaro: «Di accostarsi alla musica popolare cercando di capire come veniva eseguita, di capire quali erano gli strumenti che si costruivano un tempo, e lo spirito che c’era nell’esecuzione. Poi gli consiglierei di creare qualcosa di nuovo, contaminando la cultura di oggi con la nostra cultura del passato».

Avete pensato di partecipare ad un grosso evento televisivo, tipo il Festival di Sanremo?

Mimmo Cavallaro: «A questo non abbiamo pensato, però, se ci fosse la possibilità, perché no! Credo che, rispetto al passato, non ci sono più pregiudizi nei confronti della nostra musica. Lo stesso Eugenio Bennato è stato al Festival».

Un’ultima domanda per entrambi? Cosa vorreste fare da grandi?

C. Papandrea: «Da grande voglio fare musica, provare a portare la nostra cultura musicale fuori e farla conoscere a tutto il mondo. La nostra musica ha avuto un marchio negativo, perché la tarantella veniva spesso accostata alla malavita, ma ora fortunatamente non è più così. I brani popolari si basano su quattro pilastri o temi principali: amore, gelosia, emigrazione, sdegno. Le parole sono pura poesia».

Mimmo Cavallaro: «Vorrei che questo progetto musicale andasse avanti, per far conoscere l’essenza ed il contenuto letterario di quello che diciamo. E per continuare a parlare di questa terra, finalmente in modo positivo, in modo da creare speranza in chi ci ascolta».

Di solito chiudo l’intervista chiedendo all’intervistato un disegno per i lettori di Orizzonti.

Cosimo Papandrea, Mimmo Cavallaro: «Richiesta insolita ma, pur non sapendo disegnare, accontenteremo i lettori!»



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