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Info sull'Opera
Autore:
Aletti Editore
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Intervista a Diego Figini, che presenta ai lettori il libro “Le Storie della Quercia” ( Aletti Editore )

di Aletti Editore

Domanda- Partiamo proprio dal titolo, come mai “Le Storie della Quercia”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?

Diego Figini - Ho ideato il titolo, precedentemente alla prima stesura, quando il mio lavoro si riduceva ancora ad un ammasso di appunti. L'idea della quercia, che assiste immutabile ai grandi cambiamenti dell'Italia del dopoguerra e testimone silenziosa, delle vicende che stravolgono le vite dei personaggi, è stata determinante per la narrazione "Le Storie”, perché ogni personaggio ha una storia ben definita ed importante che lo rende protagonista di una parte del romanzo. La quercia è il punto in cui tutte le storie finiscono per intrecciarsi, ed i personaggi interagiscono mutando, reciprocamente e per sempre, le loro tormentate esistenze. L'amicizia, il pregiudizio, l'amore che sfocia nell'indifferenza e la scoperta della propria sessualità, sono tra gli argomenti trattati ne “Le Storie della Quercia" ma, più di tutto, il senso di inadeguatezza di Sandro, interprete principale del romanzo, che lo accompagna ogni giorno, ricordandogli, per così dire, d'esser l'uomo sbagliato nel momento sbagliato.

Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?

Diego Figini - Il romanzo è ambientato in un sito reale; la masseria delle Caselle è uno dei luoghi in cui ho trascorso giornate magnifiche della mia infanzia. Purtroppo oggi è in rovina ma, per fortuna, rimane sempre la grande quercia. Le vicende narrate nel romanzo prendono spunto da fatti del passato realmente accaduti, che mi sono stati raccontati da famigliari e conoscenti. Il resto è il frutto delle mie considerazioni, esperienze personali, delle domande che mi pongo ogni giorno, a cui non subito riesco a rispondere ed è così che intraprendo un nuovo viaggio ....

Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?

Diego Figini - Come ho già scritto, le vicende del romanzo si basano su aneddoti che fanno parte del passato, della vita di Vignole o della val Borbera. Nelle mie descrizioni, cerco di non far dimenticare ciò che hanno dovuto affrontare i nostri nonni e padri per colpa della guerra; la fame, la povertà, il terrore. Il mio, non vuol essere un resoconto ma un monito ai giovani o giovanissimi nostalgici di uomini forti che, a loro dire, risaprebbero mettere le “cose a posto”.

Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Le Storie della Quercia”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?

Diego Figini - C'è stato un momento particolare, che ho vissuto con un pizzico di difficoltà. Il romanzo era terminato, il finale era lì, sotto ai miei occhi, si trattava soltanto di ricopiare su pc e fare eventuali correzioni. Cominciai ad avvertire una sorta di blocco, non riuscivo a terminare, le mani non volevano posarsi sulla tastiera. Ebbi la folle sensazione che fosse la storia stessa ad impedirmi di ultimare il lavoro, quasi che, una volta ricopiato il finale, lei non sarebbe più stata mia. Attesi un paio di giorni, prima di rimettermi al lavoro e terminare il romanzo. Ripensandoci bene, qualcosa di vero c'è; perché una volta che la tua opera viene letta da qualcuno, apprezzata o giudicata, nel bene o nel male, non è più tua. Hai consegnato il tuo lavoro al parere degli altri che ne potranno usufruire, si faranno idee diverse dalle tue, magari verranno più coinvolti da episodi che tu ritenevi, invece, secondari, vivranno, insomma, l'opera a modo loro... ma è questo che cerca uno scrittore, no?

Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?

Diego Figini - Sono dipendente dal rapporto passionale che ho con la campagna ed i boschi dei luoghi in cui vivo. Spesso, una passeggiata in riva al fiume è ciò che mi serve, per dare una rassettata alle idee e dare una forma definitiva alle descrizioni dei luoghi in cui si muoveranno i miei personaggi. Non credo nell'ispirazione “pura”, quella che ti dovrebbe assalire e consegnarti la soluzione all'improvviso, a me non capita, io ho sempre le tasche zeppe di foglietti con appunti, magari semplici nomi. Scrivo e riscrivo, ho bisogno di vedere l'inchiostro sulla carta; correzioni e ripensamenti sono una consuetudine, è lunga la strada prima di giungere alla stesura su pc.
Edgar Allan Poe, Hemingway, Steinbeck… facevano parte delle mie letture estive oltre a classici come Odissea ed Iliade che ho riletto più volte. Sceglievo sempre uno di questi autori, per svolgere i compiti delle vacanze fino a quando non ho rivolto, per così dire, lo sguardo in Italia. Gozzano, Montale, Caproni, Fenoglio e più di tutti Cesare Pavese. Come dico spesso a mio padre “il profumo delle fascine” (La luna e i falò) l'ho sentito anche io. Una di quelle emozioni d'infanzia, che porterò per sempre nel cuore.

Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?

Diego Figini - Oltre agli autori che ho già citato? E' difficile fare un nome od indicare una disciplina in particolare, credo che in me coesistano le influenze più o meno celate di numerosi artisti. Da Luigi Tenco a Vivaldi, da Pellizza da Volpedo a Caravaggio, da Kubrick a Fellini, Spielberg… mi rendo conto che possa apparire tutto molto generico, ma credo che sia così che funziona. Tutto ciò che ci appassiona, che crea interesse in noi, lascia inevitabilmente una traccia e contribuisce alla nostra formazione. Così, non saprei dire se ha pesato di più, per la mia scrittura, La Notte Stellata di van Gogh od Il Postino di Massimo Troisi… ciò che conta per me, è il mix di perplessità e soddisfazione che mi coinvolge ogni volta.

Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?

Diego Figini - Avventura e mistero mi hanno sempre affascinato. Enigmi del passato, l'archeologia è una delle mie tante passioni… lo ammetto sono un fan di Indiana Jones. Detto questo, non sarà una sorpresa se vi dico che amo le opere di Jules Verne e di Edgar Allan Poe. Vorrei però anche citare autori contemporanei, che nelle loro opere trattano questi temi, anche scientificamente; Zahi Hawass, Alberto Angela, Roberto Giacobbo o le affascinanti teorie di Graham Hancock… questo per me è puro svago, ma quando ho bisogno di “ricaricare le batterie” mi dedico alla poesia, lascio che mi trascini con sé e perdo letteralmente il senso del tempo, spesso smetto di leggere a notte fonda, quando qualcosa ha la forza di distrarmi; Garcia Lorca e John Keats su tutti…

Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?

Diego Figini - Di primo acchito, sarei tentato di dire il libro cartaceo, però non si tratta di una preferenza, ma di abitudine al contatto col libro. Il piacere di poter sfogliare, sentire l'odore della carta e non solo; personalmente ho consuetudine di sottolineare le parti che trovo più interessanti, a volte, inserisco miei appunti o considerazioni. Per questo, non ho grande dimestichezza con la versione digitale, io, per citare Joe Walsh: ”sono un uomo analogico” anche se devo ammettere che il libro digitale può risultare estremamente pratico, per chi non vuole ritrovarsi in viaggio con chili di carta appresso… Scherzi a parte, digitale o cartaceo, penso che sia sempre una buona cosa avere un libro con sé.

Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.

Diego Figini - La realizzazione del libro, di un racconto od una poesia, mi coinvolge totalmente. Confesso che nel caso della poesia, le mie difficoltà aumentano esponenzialmente, perché scrivere una bella poesia è più difficile che portare a termine un buon romanzo. Comunque sia, vivo la storia in prima persona; fatico e mi appassiono come i personaggi del romanzo, certe volte sono felice altre addirittura scontroso dipende dalla “piega” che prende la storia che sto scrivendo. E' una costante, non ho ancora trovato un lavoro che non mi abbia coinvolto così profondamente, anzi, ho la sensazione che più vado avanti e più si accentui, forse perché in ognuno dei protagonisti, nascondo un frammento, seppur infinitesimale, della mia personalità, in fondo sono loro che trasmettono al pubblico il mio pensiero, le mie ansietà, il mio tremendo “bisogno di scrivere”.

Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Le Storie della Quercia” se non lo avesse scritto.

Diego Figini - Domanda difficile, forse la più difficile perché qualsiasi cosa posso dire, rischierebbe di sembrare di parte… certo, se la prima impressione è quella che conta, allora si potrebbe pensare che un lettore sia costretto, almeno la prima volta, ad affidarsi alla notorietà dell'autore, ma non è un'equazione che funziona perfettamente, a volte per nulla. Io, comincerei con una letture attenta di questa intervista. Chi ama grandi descrizioni, alternate ad una storia avvincente sarà sicuramente soddisfatto. Sì, credo che il motivo che mi convincerebbe ad acquistare “Le Storie della Quercia” sarebbe proprio questo: la natura contrapposta all'uomo, l'uomo che dipende dalla natura, la natura modificata dall'uomo.

Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?

Diego Figini - Certo, non potrebbe essere altrimenti. Sto lavorando al mio terzo romanzo, che spero di poter terminare a breve, si tratta di un piccolo omaggio ad un caro amico; un viaggio tra le montagne della Val Borbera, un'esplorazione di noi stessi. Vorrei, poi, riuscire a pubblicare la mia prima raccolta di poesie e mi piacerebbe terminare il libro giallo, che da troppo tempo se ne sta nel cassetto.

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