Home Page  
Progetto Editoriale  
Poesia  
Narrativa  
Cerca  
Enciclopedia Autori  
Notizie  
Opere pubblicate: 20023

-



VII PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE AL FEMMINILE

MARIA CUMANI QUASIMODO

SCADENZA
28 APRILE 2023

 

 



 

 

 

Il libro più amato da chi scrive poesie,
una bussola per un cammino più consapevole.
Riceverai una copia autografata del Maestro Aletti
Con una sua riflessione.

Tutti quelli che scrivono
dovrebbero averne una copia sulla scrivania.

Un vademecum sulle buone pratiche della Scrittura.

Un successo straordinario,
tre ristampe nelle prime due settimane dall'uscita.


Il libro è stato già al terzo posto nella classifica di
Amazon
e al secondo posto nella classifica di Ibs

Se non hai Amazon o Ibs scrivi ad:

amministrazione@alettieditore.it

indicando nell'oggetto
"ordine libro da una feritoia osservo parole"

Riceverai tutte le istruzioni per averlo direttamente a casa.



Clicca qui per ordinarlo su Amazon

oppure

Clicca qui per ordinarlo su Ibs

****

TUTTO QUELLO CHE HAI SEMPRE VOLUTO
PER I TUOI TESTI

vai a vedere quello che ha da dirti Alessandro Quasimodo
clicca sull'immagine

Le opere più interessanti riceveranno una proposta di edizione per l’inserimento nella prestigiosa Collana I DIAMANTI
Servizi prestigiosi che solo la Aletti può garantire, la casa editrice indipendente più innovativa e dinamica del panorama culturale ed editoriale italiano


 
Info sull'Opera
Autore:
Presentazioni Aletti
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

Intervista ad Andrea Pighin, che presenta ai lettori il libro "Miele e chimere" ( Aletti Editore )

di Presentazioni Aletti

Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai "Miele e chimere"? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?

Andrea Pighin - Nel fornire una risposta a questa domanda all’apparenza semplice, fornirò un suggerimento per comprendere al meglio la raccolta nel suo insieme. Se infatti è vero che sia possibile aprire una pagina di questo libro in modo casuale per leggere una poesia, è altrettanto vero che ogni parola di "Miele e chimere" assume pieno significato con una lettura continua dall’inizio alla fine.
Gli argomenti ricorrenti sono molti, ma uno è la chiave del discorso: la natura. Essa non è né buona né cattiva; possiede – per utilizzare un’espressione sintetica – l’essenza del sublime, al di là delle dicotomie che l’essere umano tende ad attribuire ai fenomeni. Eppure, la natura necessita proprio dell’uomo affinché possa essere apprezzabile: una natura senza uomo, infatti, potrebbe esistere, ma senza coscienza. Per meglio dire, essa ha permesso un tale sviluppo della coscienza umana poiché è proprio attraverso l’essere umano che ha scelto di esplorare il proprio significato in relazione al ciclo della vita. L’essere umano è parte fondamentale di una natura che intende ammirare se stessa quale perfetta costruzione di un Architetto.
Il ritorno alla natura suggerito dalla mia opera ha il significato – soprattutto per gli occidentali – di un’indagine delle cose prime libera dalle sovrastrutture del progresso, della civiltà e del pragmatismo. Sovrastrutture peraltro senza radici e quindi estranee alla più intima natura umana. Così "Miele e chimere" discute quello che l’esoterista René Guénon chiamava, rispettivamente, “sentimentalità” e “materialismo pratico”; appunto questo: miele e chimere. Si tratta dunque di un titolo che è anche una critica e una provocazione.

Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?

Andrea Pighin - La realtà è stata il primo passo di un cammino in quattro atti, che conduce però al di là della realtà sensibile, o materiale.
La prima sezione si può considerare – nonostante il contenuto – positiva, dal momento che affronta appunto un’indagine della realtà; rappresenta il processo esplorativo, necessario a produrre le conseguenti domande.
La seconda sezione affronta il tema dell’amore, che oggi è situato tra le catene di una esagerata sessualità e lo squilibrio provocato da individui non più capaci di vivere un’esperienza compiuta, poiché tormentati da un contesto affabulatorio e dalla totale mancanza di un giudizio critico. Così l’amore ideale emerge a tratti tra le sbarre di questa prigione “reale”, ma stenta a venire alla luce.
La terza sezione, anch’essa di segno prevalentemente negativo, precipita nel nulla, nella dissoluzione prima materiale e infine esistenziale. La rovina di questo meccanismo segna però la rinascita ad una vita nuova: le domande sono ancora molte, ancora limitate alle dicotomie occidentali, ma, con la consapevolezza dei fallimenti propri e di una intera civiltà, l’individuo si libera dagli oggetti e riscopre le cose. Questo è il punto in cui il cammino si sposta dal piano della realtà materiale a quello della “realtà dell’intuito”.
In questa ritrovata natura, nulla ha più un nome, ma l’Uomo Nuovo ha la facoltà di ristabilire un legame tra Sé e l’Essere. Di questo tratta la quarta e ultima sezione, di segno positivo, chiudendo quel quadrato che delimita un piano di lavoro, un giardino che attende con fiducia l’opera del suo custode.

Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?

Andrea Pighin - Ho voluto conservare un messaggio “universale”. Tutto il libro ruota intorno a quest’ultimo concetto: quando ripresi in mano tutti i componimenti, mi accorsi che alcuni erano stati scritti ormai diversi anni fa, mentre altri risalivano a poco più di due mesi prima.
Ad un certo punto della mia indagine retrospettiva, compresi che il mio messaggio avrebbe voluto prendere la forma di una poesia corale, in cui il dato intimistico e la prima persona avrebbero avuto un ruolo marginale nel contesto di un’opera che volesse trattare degli “universali”. Partendo, certo, dalla personalità del poeta, ma abbandonando a poco a poco quella desolazione e quella sciagura esistenziale per qualcosa di più grande. E che cosa c’è di più grande della natura e del divino, qualunque siano i loro volti in questa realtà? Questa è quindi la mia testimonianza, nella volontà di tornare a discutere di temi sempre più trascurati dalla società presente.

Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro "Miele e chimere", se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?

Andrea Pighin - L’esploratore norvegese Erling Kagge, trattando del silenzio in un suo libro, fa notare come talvolta la parte migliore di un testo sia quella che manca, che rimane appunto nel silenzio e può solo essere intuita. Il sottotitolo di "Miele e chimere" è “Poesie e Meditazioni” e questa non è un’espressione generica: dietro le parole scritte si nasconde un’esperienza di vita e questa – nella sua dimensione interiore e di ricerca spirituale – è infinitamente più grande di qualunque parola o formula che possa mai essere isolata.
Ciò non significa certo che le parole siano vane, anzi, il contrario: le parole sono una chiave importantissima per accedere ai luoghi della mente e dello spirito, come possono esserlo le note nella musica e il colore e la forma nell’arte.

Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?

Andrea Pighin - Mi ispiro a molti autori spesso davvero diversi tra loro, un aspetto che riflette il mio interesse ad esplorare punti di vista differenti, in qualunque genere.
Premesso che le influenze siano molte e articolate, segnalo le principali. In campo poetico, i miei modelli prediletti sono Baudelaire, D’Annunzio, Campana e T. S. Eliot.
Quando scrivo romanzi o racconti, invece, traggo particolare ispirazione da Edgar Allan Poe, Cormac McCarthy, Stephen King e Chuck Palahniuk. Nel teatro prediligo infine Pirandello e Brecht. Questo per quanto riguarda la formazione culturale, che comunque tiene conto anche dei grandi classici della letteratura greca e latina.
Dal punto di vista sentimentale, o meglio spirituale, una grande svolta nella mia vita è stata segnata da "La filosofia perenne" di Aldous Huxley, così come dalla lettura di testi biblici, della Bhagavadgītā e di altri testi dell’Induismo.

Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?

Andrea Pighin - Quando scrivo, spesso in sottofondo ascolto i Notturni di Fryderyk Chopin o la musica folk di Jackson C. Frank e di Nick Drake. Insieme ad altri musicisti, contribuiscono spesso a sviluppare l’ispirazione che nasce da un momento qualsiasi.
Per quanto riguarda le arti visive, nella mia scrittura riecheggia l’ideale neoclassico, accompagnato da altre influenze, anche di segno opposto (in "Miele e chimere", per esempio, cito in modo esplicito il pittore Zdzisław Beksiński). In generale, però, ho definito "Miele e chimere" un “libro neoclassico”.
«I maestri antichi – sosteneva in sostanza la dottrina neoclassica – hanno operato una selezione nella realtà naturale, scartando impurità e imperfezioni per distillarne il Bello ideale, di cui la realtà è il riflesso pallido e incerto. Gli artisti moderni dovranno afferrare quella via maestra e liberare l’arte dall’ingannevole labirinto in cui si è smarrita». (A. Pinelli, Il Neoclassicismo nell’arte del Settecento, Carocci, Roma, 2005, p. 200)
Gli antichi maestri – identificati nel testo appena citato negli artisti, filosofi e scienziati greci – ci indicano in che cosa consista questa via. Si tratta di operare una selezione, di identificare con gli strumenti della ragione e dell’intuito quanto di bello si celi all’interno di ogni forma rude e imperfetta.
La natura nasce e si distrugge ogni istante, ma la sua rinascita è consentita proprio dalla volontà di ricostituire un ordine, una linearità. Ed è proprio nella linearità che si costruiscono solide fondamenta e da esse la Natura – riconosciuta dall’Uomo – è in grado di produrre la Bellezza, che non è altro che l’articolazione della grazia su un modello di giustizia, ovvero di ordine. È il Bello che si innesta sul Vero e offre a noi l’opportunità di apprezzarlo, pur in modo parziale e non ancora compiuto.

Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?

Andrea Pighin - Come accennato, leggo qualunque genere, ma prediligo soprattutto la narrativa americana della seconda metà del Novecento, che si apre anche alla descrizione dei vasti spazi naturali e artificiali degli Stati Uniti. Amo anche leggere le favole di tutto il mondo, mentre nel teatro apprezzo in particolare la tragedia.
La maggior parte delle mie letture si concentra però sui saggi a tema spirituale, esoterico oppure storico.

Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?

Andrea Pighin - Preferisco il libro tradizionale cartaceo, perché amo collezionare libri e inserirli nella mia biblioteca, che conta al momento circa mille titoli. Tuttavia non sono per niente critico nei confronti del libro digitale e credo che, pur acquisendo sempre più spazio sul mercato, non riuscirà mai a cancellare del tutto il libro cartaceo.
Non credo peraltro che si debbano considerare i due formati in contrasto l’uno con l’altro: penso piuttosto che il discorso riguardi diverse tipologie di lettori. Io stesso scrivo di arte e di filosofia sul mio blog, La Voce d’Argento, e altrove ho pubblicato in rete un romanzo a puntate, che ha ottenuto numerose visualizzazioni e critiche positive.

Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro?

Andrea Pighin - Quando scrivo cerco di andare oltre il semplice piacere di raccontare (che è pure legittimo e presente): il mio obiettivo è sempre riuscire a proporre un’esperienza che parta dalle basi e permetta di costruire un edificio armonico. Spesso si dimentica la forma, ma quando questa è ben costruita diviene vera e propria sostanza, anche in un discorso.
Le poesie e le meditazioni di "Miele e chimere" sono state scritte in un arco temporale abbastanza ampio: si possono trovare diverse emozioni e stimoli, ma – secondo il mio pensiero – l’obiettivo di uno scrittore è di essere in grado di plasmare la propria materia – la parola – senza farsi sopraffare da essa e dal sentimentalismo. Nelle numerose rielaborazioni e nella revisione finale, ho dunque cercato di coordinare questa materia grezza, per riuscire ad estrarne una “pietra levigata”.

Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe "Miele e chimere" se non lo avesse scritto.

Andrea Pighin - Da persona curiosa, noterei in copertina "Morning in the Tropics" di Frederick Edwin Church e cercherei di comprendere il collegamento con il titolo. Sulla quarta di copertina, troverei inoltre una sintesi curiosa, che mescola arte, distruzione e rinascita nella natura. Rimarrei quantomeno incuriosito. Infine, leggerei di un autore che è alla sua prima pubblicazione, ma con molte idee in testa da voler esprimere: gli darei fiducia per l’insieme di questi elementi particolari.

Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?

Andrea Pighin - A proposito di idee, ho già scritto negli anni tre romanzi, un’altra raccolta poetica, una di racconti, un saggio storico-simbolico e un testo teatrale in vista del cinquecentesimo anniversario dalla morte di Leonardo da Vinci (1519).
In merito alle idee più recenti, al momento sto lavorando alla sceneggiatura di un graphic novel e continuo a scrivere articoli di arte e di filosofia sul mio blog, La Voce d’Argento.

Collana "Gli emersi - Poesia"
pp.96 €12.00
ISBN 978-88-591-5033-6
Il libro è disponibile anche in versione e-book

Seguici su Facebook
www.facebook.com/alettieditore

e su Twitter
www.twitter.com/alettieditore

Visita il nostro Canale Youtube
www.youtube.com/alettieditorechannel
Segnala questa opera ad un amico

Inserisci Nuova Notizia

Nessuna notizia inserita

Notizie Presenti
Non sono presenti notizie riguardanti questa opera.