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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

RECENSIONE: "Amaritudine" di Anna Maria Gargiulo a cura del Critico letterario Prof. Gerardo Santella

di Rassegna Stampa

RECENSIONE: "Amaritudine" di Anna Maria Gargiulo (Aletti Editore)
A cura del Critico letterario Prof. Gerardo Santella

Sede comunale di Sorrento, 13 ottobre 2018, ore 18

Il viaggio
Attraverso il labirinto testuale focalizzando la mia attenzione sulle parole-chiave: silenzio – sospensione - attesa - cammino - ad-ventura - rischio - luce - vento - varco - confine - porta - oltranza.
All’inizio del percorso c’è un’Ombra viandante nella notte… che, talpa in cerca d’altrove, s’inoltra… su un impervio cammino… nell’invisibile terra oltreconfine…: un viaggio fatto di ricordi, di presente, male di vivere, timori, speranze, desideri, sogni, ombre, luci, paure, occasioni, dolori, impegno, dubbi, pietas, empatia, resistenza.
Un viaggio diacronico, ma non linearmente rettilineo, punteggiato di pause, ritorni e ricordi del passato tirati su dall’ oscuro pozzo della psiche dalla carrucola della memoria, anticipazioni sollecitate dai moti interiori, brusche interruzioni e stimolanti riprese, in un percorso a spirale / che raccoglie / abbraccia / evolve l’essenza a sé traendo, come un gomitolo in cui il filo che si avvolge, nel mentre si snoda dandogli una forma compiuta, si autoconserva all’interno di se stesso, senza mai interrompere il legame con il groviglio precedente.

Il silenzio, la sospensione, l’attesa
La parola silenzio, assieme ad altre che ad essa rinviano è la parola/segno, comprensiva di significante e significato, di senso e suono, che ricorre frequentemente nella raccolta: nei duri silenzi intrisi di pianto; il gabbiano nel silenzio del mattino; il gran mago del tempo / v’ha disteso un silenzio malefico; / E’ terra di silenzi / assenza di parole; Tacque la parola; al silenzio tese la mano; sotto / neri detriti ove giace silente!; (…) vivo di silenzio / e silenzio m’è luce e nutrimento;e in “Al porto dei sogni sepolti”: e silenzi, silenzi distesi dall’azzurro / dormiente alle verdi colline (…) muti / tra relitti di sogni sepolti (…) rasenti il muto confine del tempo; e nell’ultimo testo “E’ nera la porta al confine”: il nuovo silenzio che regna.
Anche quando si trasmette nello spazio testuale una percezione uditiva, un rintocco, esso risuona / lontano, è come un suono cupo e fioco / che l’anima rinserra / senza voce di lamento. E ancora in “Il gabbiano morente”: Nel vento appena s’ode un batter d’ali / come éco di un silénzio sénza tempo ( si noti il ritmo rallentato, i rumori ovattati, la musica lieve e delicata, generata attraverso l’allitterazione del suono s e l’accento tonico sul suono e).
La parola silenzio, dunque, si pone come il filo di Arianna per varcare le “soglie” del testo e introdurci nell’universo della poesia per un percorso di ricerca all’interno di esso.
Ma la parola silenzio non esprime solo la mancanza di qualcosa, ma anche il suo contrario: la presenza di vibrazioni del pensiero e dell’emozione che si espandono in una dimensione interiore di sospensione, si fanno grembo generativo di parole che si materializzano sulla pagina e si trasformano in visioni sensazioni sentimenti pensieri. Un silenzio, dunque, vitale, suono originario di parole che germinano, brodo uterino della poesia.
La parola silenzio è come un sasso lanciato in uno stagno, che genera dal punto in cui tocca l’acqua una serie di cerchi concentrici, che si amplificano progressivamente; si estende ad altre parole che rientrano nel contenitore semantico dell’assenza o di una precarietà destinata a finire nel nulla: la sospensione: (giorno sospeso in attonita attesa; una stella (…) nell’aria sospesa; sotto il peso di pensiero / sospetti, sospesi ( si noti il gioco anagrammatico, in cui la parola peso è compresa in pensiero, sospetti e sospesi, e genera, oltre ad una persistenza fonica, una percezione tattile di peso materiale oltre che interiore); l’attesa: (l’attesa che nega la notte;vana l’attesa / di quel bene mai avuto; attende la fine del tempo; il sogno si fa desiderio(…) dell’animo sospiro d’attesa; speranze in attesa d’avveramento; inconsapevole delle ombre dei morti / che alla resa finale l’attendono; Fu lunga l’attesa / che sentinella di notte mi fece; (...)il consueto inganno /che reca l’attesa di un bene; in attesa di impossibili voli.
Silenzio, sospensione, attesa sono parole che definiscono una condizione esistenziale di fragilità, instabilità.
Dovremmo allora convenire che la condizione umana è fatta di alienazione, precarietà, precipizio verso il nulla?
Alcuni segni verbali vanno in tal senso e ci dicono della difficoltà del mestiere di vivere e in particolare del comunicare con gli altri: Giorni difficili su rette parallele/ distanti. Il multiforme dolore /le percorre (…)Agli occhi par chiaro, è un binario morto. /Al cuore, il dolore dell’incontro mancato; e il cuore stesso appare cosa / posata nell’ombra triste /della sera senz’attesa di risveglio; luce che si spegne, in un brivido / di morte il presente a guizzo s’inabissa; la mente / abbuiata da tristi pensieri di morte.
Ma si rimane lontani da una deriva nichilista; negli interstizi del silenzio penetrano voci, percezioni sensoriali esterne paiono infrangerlo; dal passato e dall’interiorità affiorano ricordi, qualche meccanismo della psiche si rimette in moto, si sente il bisogno di un contatto, di mettersi in movimento: Lieve una musica in lontananza / M’ascolta in qualche bemolle (Assonanze); In lontananza s’udiva un silenzio loquace (Due fragili note); Ho voce che rantola in petto / Un bisbiglio in cerca di attrito (Nota affine al silenzio).
E anche la sospensione e l’attesa non sono condizioni di immobilità, di passività.
La sospensione che descrive la poetessa la definirei purgatoriale, richiama quella delle anime nei vari gironi del monte del Purgatorio dantesco, caratterizzate dal desiderio di ascesa verso la luce: quella che Mario Luzi in una riduzione teatrale della seconda cantica, rappresenta nelle anime paragonate a Un’arnia insonne, un fervoroso bugno senza pausa(…) Vi lavorano le api un miele / amaro, vi distillano un dolce assenzio / di martirio e di purificazione.
E l’attesa non è inerte aspettazione di un evento numinoso. Consideriamo l’etimologia di attendere, dal latino ad – tendere, andare verso, avvicinarsi, che implica un’azione dinamica, un mettersi in cammino, in viaggio.

La luce, il vento, il varco, l’approdo
Verso dove? L’io lirico invita il lettore a farsi suo compagno di viaggio verso l’invisibile terra d’oltre confine, alla ricerca di un senso della vita.
Il cammino non è agevole, presenta intralci, ostacoli, fili spezzati; non si incontrano più gli amici già giunti all’altra riva, si attraversa una terra desolata, / popolata / da invisibili ombre, in cui si avverte un funesto brusio di sistri, una terra in cui sbiadisce e scompare ogni volto. Il procedere è incerto sotto il peso di pensieri / sospetti, sospesi.
Ma il viaggio continua. Alcuni segni naturali invitano a seguitare.
Una luce dirada le ombre, guida il cammino / su invisibili rotte; stelle luccicano sui sentieri sconosciuti.
Diradò / nebbie e timori il vento leggero
Il viandante è in cerca di varco al passaggio; tende la mano in cerca del bandolo; il cielo apre un varco nel nero addensato; l’anima addita sicura nel buio / una stella / lontana, splendente
Infine, dopo derive, l’approdo.
Ora avanza assieme ad altri rasenti il muto confine del tempo; vede una nera porta al confine; vede chiaro il sentiero, il dirupo / al buio passaggio e la porta. Lì sosta attonita, finché la porta si spalancherà (…) si spera (…)che s’apra / la porta all’azzurro del cielo / e nuova linfa fluisca al vero del cuore.

Ancora del silenzio e oltre
Il silenzio è anche una metafora metapoetica, che rinvia allo spazio bianco della pagina, quello che c’è prima dei caratteri neri delle parole, importante come l’aria che sostiene un aeroplano, perché le parole hanno bisogno di respirare, tendersi, librarsi per cercare il corpo di chi è disposto ad ascoltare la loro voce.
Riprendendo una suggestiva definizione di Luzi, le parole poetiche sono come le evoluzioni dell’acrobata: si muovono tra luce e tenebre, saltano, si tuffano, volano, si costituiscono in grappolo che genera una nuova realtà. Nello spazio sospeso in cui si muovono cercano altri corpi. Sono quelli dei lettori che accompagnano l’ad - ventura del poeta, disposti ad ondeggiare insieme a lui, rinunciando ad un percorso predeterminato, lanciandosi verso provvisori traguardi.
Alla fine, anche se il calcolo dei dadi non torna, la ricerca non si risolve in uno scacco. Cosa rimane allo scriba viandante che si avvia all’oscuro varco con passo incerto? Rimane, come nella Lettera al figlio, che chiude il volume, la speranza e la richiesta di non cedere al passo della notte. La consapevolezza dell’invisibile oltranza e della vana ricerca del varco, non si risolve nella passività, nella fuga, nella resa, ma nell’ invito a proseguire senza illusioni e senza infingimento nell’ aspro e difficile mestiere del vivere. Rimangono i segni neri disposti con arte “paziente” sui fogli bianchi, le parole del poeta, in attesa del lettore disponibile all’ascolto, al dialogo, ad un incontro di feconda solidarietà.

Nota stilistica
Volendo parafrasare il titolo di una famoso testo di Andrea Zanzotto, Oltranza oltraggio, possiamo dire che la poesia di Gargiulo esprime una oltranza senza oltraggio, nel senso che l’oltranza attiene al significato, al percorso esistenziale vissuto e tracciato sulla carta, alla ricerca del varco per l’oltre, ma essa non si esprime in oltraggio sul piano del significante, nel senso che non viola il codice linguistico della nostra tradizione poetica né si pone sulla strada di sperimentazioni comunicative non immediatamente fruibili dal lettore. Vuole trasmettere in modo diretto sensazioni e sentimenti con una discorso lirico limpido, in cui anche il rinvio allegorico dell’oggetto fisico al sovrasenso allusivo sia percepito con evidenza.

Musica dei versi
Il senso di una parola, di un verso, di un testo, per dirsi poesia ha bisogno di suoni disposti in modo da farsi musica, ritmo.
Esempi: Solitudini sole, / isole, emerse da terre di sogni sepolti “Rette parallele”); (…) il cuore / sonnolento come cosa / posata nell’ombra triste / délla séra sénz’attésa di risvéglio (“La sera”)
Musica lenta, lieve, sussurrata, soffusa, percepibile come sottofondo che va gradualmente dileguandosi, in cui non solo c’è un un riecheggiamento degli stessi suoni in parole diverse, come in un gioco anagrammatico (solitudini, sole, isole, sepolte ;- sera senz’attesa di risveglio), ma ricorre in prevalenza il suono s, una sibilante che nel suo ripetersi, sssssss, implica un’atmosfera di quiete, silenzio, sonno, sogno, mentre l’accento tonico sul suono semiaperto e in tutte le parole dell’ultimo verso, trasmette note sommesse e dolenti, che si stemperano nella sera.


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