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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

PRESENTAZIONE IN DATA 30 LUGLIO 2019 AL FESTIVAL POETICO “IL FEDERICIANO” DELLA SILLOGE POETICA ”L’ACCOLTA” DI ATTILIO MUSCOLINO

di Rassegna Stampa

Gentili Amici,
è momento di gioia incontrarvi: di questa intervenuta possibilità ringrazio la “Aletti Editore”. A lei e a voi dico grazie, per questo incontro che sento e vivo come incontro di simpatia, anzi di affettuosa amicizia e di umano, sensibile agape.
Di codesto amore è stata nutrita, costruita e incisivamente scavata la strada dei lunghi, eppure brevi, 80 anni della mia anima, del “pulsare mio senziente”, come è stata definita in una mia inedita poesia.
80 anni felici, di gioie intense e amarezze, indifferenze, talora anche di cattiverie e ingiustizie, ciononostante positive: perché il mio vissuto è stato all’ombra di una maturazione umana e spirituale che, attraverso strade talora sassose e polverose ma mai negative, quindi fortunate, mi ha portato – via soggettiva assegnatami dal Creatore – ad una fede in Dio, di cui sento e riscontro, nella mia inadeguatezza e fragilità, la mano paterna.
Momenti fondamentali della mia vita: in una tranquilla famiglia borghese, studi classici accompagnati dallo studio del pianoforte, abbandonato dopo l’iscrizione all’Università; laurea in giurisprudenza a Padova; breve periodo quale insegnante di lettere in una scuola media; vita di Dirigente in Pubbliche Amministrazioni; sposato, due figli, vedovo all’età di 50 anni, risposato, divorziato e nuovamente risposato. Vivo a Bolzano.
Candidato Maestro di scacchi, Presidente Emerito di un Circolo di scacchi bolzanino, sono – come è stato detto – un poeta tardivo. La prima scritta poesia - ricordo - è una poesia d’amore dedicata a mia moglie e più volte rimaneggiata e modificata e la cui prima stesura risale al settembre 2014. Al mondo editoriale mi sono affacciato nel 2017, con una silloge poetica, pubblicata dalla Aletti Editore nel dicembre 2017, cui è seguita una seconda edizione nel giugno 2018. Titolo dell’opera. “Senza capire né arguire che sia”. Poesie mie singole sono state pubblicate nelle antologie dei Concorsi Internazionali di Poesia Salvatore Quasimodo (2018), Il Paese delle Poesie (2019), Città di Monza (2019). Queste poesie sono poi state inserite nella silloge poetica “L’Accolta” per la cui presentazione sono ora, con affettuosa amicizia, davanti a voi, scusandomi qualora non riuscissi a manifestare ed esternare e correttamente filtrare l’onda impulsiva del mio pensare e, soprattutto, del sentire del cuore.
“L’Accolta”: accolta, participio passato del verbo accogliere. L’accolto, viandante gradito e accettato cui dò ospitalità e rifugio nella capanna della mia mente e nella cui bisaccia è raccolta, in tutta la sua esuberanza emotiva d’un cuore sincero, la sintesi del percorso storico, d’imprevedibilità aprioristica, della mia vita spirituale.
Accolta, ma non solo da me. L’accolto. È mia intensa speranza che codesto libretto sia accolto anche da voi che mi ascoltate, divenendo strumento d’un fraterno abbraccio spirituale, dono dalla funzione finalistica d’induzione al pensare, al meditare, al crescere sulla via della saggezza e della sapienza unificatrice.
Diceva Manzoni che la parola, uscendo dalla bocca, diventa concretezza diversa nell’orecchio di chi ascolta. La sensazione, divenuta percezione sensoria, viene interpretata dall’anima senziente - specificatamente intrisa d’istinti, passioni, di un vissuto soggettivo arricchitosi nel tempo - con peculiarità e caratterizzazioni individuali, diverse da quelle della fonte di provenienza.
Se anche voi, Amici qui presenti, vorrete coniugare assieme a me il participio passato del verbo accogliere, questi germoglierà “L’accolta”, sostantivo con il quale s’individua una riunione, una cerchia di persone, un cenacolo, la stanza ove nelle antiche case ci si nutriva, soprattutto sul far della sera, e dove il giudizio sul rappresentato diventa condivisione, pane, apertura umana, colloquio, in cui le diversità individuali si fondono in una sintesi superiore, latrice di dovizie spirituali.
“L’Accolta” è invito ad un convivio. È già essa un iniziato convivio. Nelle pagine finali di codesto libello è ringraziato un gruppo di Amici. Sono loro che, offrendomi l’aiuto del loro specifico modo di sentire, con i loro consigli e suggerimenti – a volte semplici e pur anche essi utili, a volte complessi, ma tutti commoventi nella loro sincerità da vero cenacolando - hanno fatto del “L’Accolta” quella che è. Uno strumento d’amore, un dono, un invito a interiorizzarsi onde “vagheggiando nel fondo/ del profondo sentire/ la cetra dell’Eterno ascoltare/ nel suo canto d’amore”.
A questo cenacolo invito anche voi, chiunque mi vorrà leggere. Non riveste importanza né la mia persona, né i menzionati miei Amici, né tu amico lettore. Importante è il derivato della fatica: per la luce che è in grado di generare intorno a sé.
Il mio è perciò un invito a leggermi e ad ascoltarvi. Le vostre impressioni saranno preziose alla perfettibilità del “L’accolta”, che intendo non come chiesa dalle già finite fattezze, ma come un bambino che è vivo e nel vivere vuole crescere. Ogni creatura umana è una diversa voce: “e tu uomo diversa voce sei/che coi fratelli canti, unitamente,/magnificando il coro dell’Amore”.
Il mondo ha sete di luce, d’amore, di bellezza. Vorrei che “L’Accolta” fosse in grado d’irrigare, con le sue piccole gocce, le aride e sgretolate brughiere, facendole germogliare e coprire di fiori.
“Cosa sarebbe la storia dell’uomo senza la poesia?” si lamenta il teologo don Paolo Renner e quindi esplicita “Certo: si può vivere anche senza musica, senza fiori, senza poesia, senza amore. Ma allora l’esistere sarebbe solo una catena di eventi e non un mosaico luminoso e odoroso di bellezza. Musica, poesia, amore conferiscono alla vita quella qualità che la può salvare dalla barbarie dispotica, dal mito infelice della quantità. Non è il PIL che rende migliore la nostra esistenza, ma piuttosto una mano amica che ci sostenga, che ci accompagni, che ci accarezzi. Musica, poesia, amore conferiscono alla vita quella nota che profuma d’eternità, che s’innalza sopra il banale esistere, per indicare quella vita in pienezza dal sapersi immagine e somiglianza di Dio”.
Sogno?! Illusione?! Cirro d’oro frangiato nell’azzurro dal ribollente ed infuocato cuore d’un poeta?!
In una realtà materiale, dipinta da una cacofonica chitarra, che insegna l’arte distruttiva della sopraffazione, del sordido egoismo, del possesso di beni, smodato e fagocitatore dell’anima, di chi, asservito, perde la memoria d’essere ospite d’una scena le cui luci hanno breve durata?!
Sogno?! Sogno d’un poeta?! NO! Addolorato e triste lamento dell’umana natura ferita, sangue purpureo di ben altro spessore e profondità di quello discendente dal concettare della filosofia di Nietzsche per il quale l’uomo, privato di trascendenza e quindi dei valori da essa discendenti, è confinato dentro ai soli valori egoistici della convivenza sociale o, travalicando lo stesso pensiero di Nietzsche, dentro al solo valore individuale di appropriarsi di quanto sia individualmente utile: accettando così anche lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. È stato detto che la morte di Dio è anche la morte dell’uomo: e, se non fisica, certamente della sua anima.
L’uomo non è di questa terra. È fiaccola lucente, “dell’Eterno stilla”. A chi riduce l’umano percepito a una casualità senza spazio per il divino, rispondo che il percepito casuale è letto, può essere letto con un occhio che è peculiarità umana e scintilla del divino, al di là del temporale e che il mistico e il poeta sono i più sensibili nel percepire.
Da sempre, in tutti i tempi, l’uomo è stato creatura religiosa; creatore di opere sublimi che i secoli ci hanno tramandato superando le ingiuriose corrosioni del tempo; inquieto e curioso Ulisse dalla mai sazia sete di ricognizione di insondate terre; instancabile ricercatore, nel mare infinito del creato, del come delle cose, ma anche del loro perché, ossia del principio unificatore del cosmo in cui l’uomo possa acquietare la sua paradigmatica sete di felicità eterna, in lui incisa con caratteri di fuoco.
Invero è del paradigma umano una pungolante e inquietante e drammaticamente insaziata sete di felicità eterna, che viene anzi contraddittoriamente brutalizzata dall’evento morte: archetipo umano, siccome l’essere dotato - nel transeunte tempo - di due mani, di due occhi, d’una postura diretta verso il cielo, d’una parola che - come le arti con cui è creatore di bellezza - è voce dell’all’anima.
Il discorso si fa ora ampio e complesso. Meriterebbe un approfondimento, teologico, che esorbita dai fini di questa presentazione. Né io ne sono in grado. Sono solo un uomo che vorrebbe essere un poeta, capace di donare una stilla di bellezza ed armonia, in questo stupendo creato di mari strabilianti di stelle che sono la voce dell’assoluta bellezza ed armonia.
Quanto ho scritto mi è venuto dall’anima, schiarita – ed ulteriormente schiarita nel fluire del mio tempo – dalla forza intelligente di una volitiva sapienza, purificatrice delle nebbie incombenti.
Chiudo la mia presentazione con la lettura della poesia che apre la silloge “L’accolta”. Perché ho scelto questa poesia? Perché, tra le molte, è un canto alla bellezza della natura. Il primo biglietto da visita di Dio, in cui ho cronologicamente rivissuto il mio primo incontro con la vita, “senza capire né arguire che sia”, la sua misteriosa e sconvolgente e armonia, primo mattone di un excursus in questa serra cosciente in cui viviamo, fino alla porta del non conosciuto e del non conoscibile, pur possedendo la coscienza intuitiva d’essere stati plasmati, archetipo umano, per sentire la presenza di “Colui che è”, che è Amore e Promessa allo Spirito di fragile carne vestito. “Nell’umano sentire vivo e intenso/è il rischiarare d’un notturno cielo/mentre la luna è da poco scesa/al di là del frastaglio delle vette:/che mira e misteriosa è mai presenza/che l’alma infoca a ricercare Dio/e al sentirlo tra i mari palpitare/e nelle stelle e in te, uomo, che fiore/della esplodente sua potenza sei!”
Procedo alla promessa lettura..
ONDA DI MARE: “Onda di mare /che batti sulla spiaggia/con suono sempre eguale/ e spinta sei allo strusciante canto/dal lieve vento estivo,/sei tu carezza del gigante buono/ delle leggiadre favole infantili./La tua magia udendo/siccome ignaro bimbo/fidente in te l’alma s’adagia:/in un solare azzurro tenera affonda./ Nel molle e caldo abbraccio si ripete/commovente il ricordo d’un passato:/paziente come allora,/onda di mare,/lambisci il fresco gioco dei bambini,/di costrutti di sabbia e gridi pieno.”

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