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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
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Intervista a FRANCO SORBA che presenta ai lettori “Il Tempo Vuoto" - Aletti Editore

di Rassegna Stampa

📌 Intervista a FRANCO SORBA che presenta ai lettori “Il Tempo Vuoto" (Aletti Editore)

📎Partiamo proprio dal titolo, come mai “Il Tempo Vuoto"? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?

- Nel titolo si realizza il paradosso della nostra epoca. In una società dominata dalla tecnologia e dall’edonismo frenetico ecco emergere la povertà della nostra vita interiore. E’ questo vuoto che assume i contorni del tempo in cui viviamo. I sentimenti si trasformano in atti materialistici e debole appare il contenuto morale. Nel volume ho cercato di rintracciare i pochi valori rimasti nel recessi della civiltà occidentale. Personalmente da tempo ritengo profondamente corrotta la nostra società ed ho cercato nella mia produzione letteraria di evidenziarne minuziosamente le storture.

- Tuttavia non avevo previsto gli inaspettati eventi di quest’anno. L’invasione dell’Ucraina ha cambiato le carte in tavola. La Libertà, un valore che davo per scontato e di cui analizzavo criticamente le discrepanze, è divenuto improvvisamente a rischio e la sua difesa una necessità assoluta e profonda ragione di vita. In questo senso assume un contorno diverso anche la Guerra Civile Spagnola che ho trattato ne “Il Tempo Vuoto”. La “Libertà” era una ragione sufficiente per entrambe le parti in lotta, indipendentemente dal giudizio che si poteva esprimere su quale fosse quella giusta e quella sbagliata.

- Ricorrente e fondamentale nel volume è la presenza in tutta la narrazione della figura di mio zio, realmente esistito e morto esattamente nella situazione descritta, del quale ho cercato di far riemergere alcuni tratti che mi sono stati tramandati nei racconti famigliari o estratti dalla documentazione.
Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?

- La vicenda reale di mio zio Giovanni tantissimo. E’ stato il motivo trainante e la ragione fondamentale del romanzo. Certamente i valori morali che ho visto emergere dai suoi scritti e dalle sue parole, mi hanno invogliato a creare per contrasto una cornice composta da racconti attuali. Ma, in verità, questi non sono reali, neppure la mia personale presenza, nelle vesti di uno scrittore decadente e opportunista, lo è. Tutto è frutto della fantasia che, in una algoritmica previsione, partendo da una situazione e posizionando alcuni obiettivi, si è sviluppata pressoché da sola e mi sono limitato a riportarla sulla carta. Ben poco dei fatti collegati alla presenza personale nel romanzo corrisponde alla realtà ed anche questo è stato un banco di prova, non avendo in precedenza mai utilizzato la mia persona come protagonista.

📎La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo libro?

- Certamente la Guerra Civile Spagnola, evento spesso trascurato tra le due Guerre Mondiali e il ricordo di tutti coloro che sono morti prendendo parte al conflitto. Tanti “Hombre Vertical” come mio zio, che fossero di destra, di centro o di sinistra nulla importa. Ovviamente i testi storici descrivono i fatti salienti, ma manca in essi l’aspetto umano. Ciò che ho riportato sono brani dei diari dello zio, con frequenti accenni all’esistenza normale della gente con cui veniva in contatto. E’ un mondo passato e cancellato dal tempo e dalla volontà di girare quel foglio del libro di storia per dimenticarlo. Sarà anche una realtà scomoda, ma non ho preso nessuna posizione personale al riguardo, se non che la guerra sia sempre ed ovunque un fatto orribile straziante e devastante.

- Mi colpisce però un fatto. Fino alla Seconda Guerra Mondiale l’estensione dei conflitti era, per certi versi, prevedibile e contenibile. Le armi pur essendo sempre più potenti, non erano ancora “armi di distruzione di massa”. Lo sterminio di un popolo fu fatto nei lager, all’insaputa dei governi civili. Ora, nel corso dell’invasione dell’Ucraina, si preannunzia ogni giorno, quasi con noncuranza, l’utilizzo di armi nucleari che porterebbero, nel giro di due o tre minuti, all’estinzione della civiltà umana sulla Terra. Le bombe atomiche in grado di annientare, anche una soltanto, intere nazioni con le popolazioni in esse contenute. Mi chiedo se la stessa libertà, che davamo come diritto acquisito, non sia solo un prestito che i potenti armati temporaneamente ci fanno, illudendoci di poterla stringere nelle mani, per poi togliercela con la vita stessa.

- Questa ipotesi mi fa impazzire. Possibile che nessuno prima d’ora abbia mai pensato a centralizzare e depotenziare queste forme di autodistruzione del pianeta? L’ONU a cosa serve se non a questo? E chi minaccia l’Umanità con quelle parole non è da bandire per sempre da essa, mettendolo sotto processo non appena varcati i confini del proprio stato?

📎A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Il Tempo Vuoto” se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?

- Abbiamo fin qui parlato di guerre, soffermiamoci un attimo sui sentimenti. Nel racconto “Due Pomeriggi” mi rivedo veramente ragazzino su una strada assolata che conduce a Paestum. Un dolce ricordo che contrasta con la recente sosta nel ristorante di pesce che va di moda, con tutto ciò che comporta.

- L’altro accenno è sull’inaspettata relazione del protagonista con Marta Rogano. Anche in questo caso è un ritorno al passato. E’ il tentativo di trovare in esso motivazioni per affrontare il presente. Con resilienza, come si dice spesso ora.

- E poi c’è il ricordo di Port Bou, una piccola cittadina spagnola sul confine francese, a cui sono molto legato sotto il profilo affettivo. Quel paesino racchiude il meglio dei miei anni giovanili e tanti momenti trascorsi con la famiglia, quella di origine e quelle successive con i miei figli. Tanti sono i miei figli, quattro in totale e, per ognuno di essi, la parola Port Bou ha un qualcosa di magico, con le feste semplici in piazza e l’arrivo dei Re Magi il 6 di ogni gennaio.

📎Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?

- Nel volume ho accennato a Lerici ed ho citato Piero Chiara. E’ il mio grande ispiratore. La sua scrittura semplice e concisa, la sua capacità di generare storie da vicende banali, sono sempre stati per me un punto di riferimento. Ammetto che detesto leggere libri lunghi, ritengo che chi ha qualcosa da dire può farlo in poche pagine, senza creare dei poemi autocelebrativi. Ma io sono un granello infinitesimale nell’immensa spiaggia della cultura e non ho diritto alcuno di esprimere giudizi, affermo soltanto il mio immenso piacere di terminare in fretta una lettura senza far ricorso alla memoria per ricordare la trama.

- Ma fanno parte di me anche Mario Soldati, Friedrich Durrenmatt, Gabriel Garcia Marquez e adoro il teatro di Henrik Ibsen, Carlo Goldoni e Moliere.

- La poesie di Antonio Machado sono l’emoglobina che scorre nelle mie vene. Il poeta morì nel 1939 a Collioure in Francia ma sul confine spagnolo, pochi chilometri dopo Port Bou, mentre fuggiva dopo la sconfitta dell’esercito repubblicano di cui faceva parte.

- A Port Bou morì nel 1940 anche Walter Benjamin, il grande filosofo tedesco di origini ebraiche che, in fuga dal regine nazista, decise di porre fine alla sua vita, piuttosto che finire nelle mani della Gestapo.

📎Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?

- Negli anni successivi alla laurea ho frequentato i corsi del DAMS. Ho scoperto il cinema come arte espressiva e mi sono lasciato trascinare in ore ed ore infinite di visioni. Tantissimi nomi, ma due su tutti: Krzysztof Kieslowski della Trilogia dei Tre Colori e il delicato Jean Vigo in tutti e tre i suoi unici film prodotti. Poi ho cominciato a creare sceneggiature, ma è un mondo difficile e molto costoso quello del cinema, non è facile emergere se non si conoscono i giusti agganci, ho preferito la più “comoda” letteratura. Se poi qualcuno volesse adattare i miei libri per un film, ben venga…

- Altre arti? Sì, la pittura dell’imprevedibile Salvador Dalì. Impossibile non amarlo se si frequenta la Catalogna.

- Anche la scultura di Umberto Mastroianni. Ora racconto un aneddoto o quasi. Abitavo da ragazzino in Piazza Zara a Torino e frequentavo le medie sulla collina torinese, a Cavoretto. Era vicino a casa e spesso salivo e scendevo a piedi una stradina nella boscaglia, in compagnia di amici e amiche. Lungo una scalinata vi era l’accesso, un cancello di ferro sempre chiuso, a una delle abitazioni di Mastroianni. Talvolta si sentivano colpi di martello e lame che tagliavano i metalli. Poi un giorno trovammo il cancello aperto e un signore con i baffi e i capelli incolti tirati indietro che puliva il selciato. Domandai se era lui Mastroianni, rispose di sì e ci chiese se volevamo vedere le sue opere. Ci portò dentro: era un mondo originalissimo quello che scoprii, inaspettato. Seghe, martelli, ferro, rame, bronzo, cemento. Opere che io non compresi ma che amai con il tempo, scoprendo poco per volta l’arte moderna. Ci disse di suonare se volevamo incontrarlo nuovamente. Non lo facemmo e me ne dolgo assai. Però adesso adoro la sua arte scarna ed essenziale.

📎Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?

- Sarò brevissimo visto che mi sono alquanto dilungato in precedenza. Mi piacciono i libri gialli e le loro trame e le biografie di personaggi storici.

Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?

- Faccio parte di un mondo antico, superato dal tempo e uso il computer con attenzione, come un animale pericoloso, non posso che preferire il libro cartaceo. Ho stanze intere nella mia abitazione dedicate alla biblioteca. So perfettamente che dopo di me sarà tutta carta da macero, ma non me ne curo e compro ancora libri e li scrivo, anche se proprio con la Aletti Editore ho pubblicato poesie sia in forma cartacea sia su CD.

📎Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.

- Questo è un aspetto particolare e una delle ragioni più intime per le quali continuo a scrivere. Quando ho una storia in testa e decido di metterla sul computer, i personaggi cominciano a esistere di una vita propria, dentro di me e anche fuori. Di notte mentre scrivo, prendono il caffè con me in cucina e scuotono la testa se non va bene per loro la frase che ho scritto. Solo quando ho finito la trama mi salutano e scompaiono. Vi è il caso di Cora Ester Milano che ciclicamente ricompare, essendo protagonista della serie di libri gialli che pubblico con la Giovane Holden Edizioni. Allora le dico: “Ma sei ancora qua? Almeno sei cambiata in questo periodo, o sei sempre la solita noiosona?”

📎Un motivo per cui lei comprerebbe “Il Tempo Vuoto” se non lo avesse scritto.

- Tre motivi: la vostra bella copertina, il titolo con sottotitolo e il commento sintetico nella quarta di copertina. Tutti fattori allettanti.

Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?

- Da scrivere ho soltanto un episodio di Cora Ester Milano, con qualche anno in più e i personaggi a fianco di lei invecchiati. Ma sto pubblicando molte opere.

- Con la Convivio Edizioni ho pubblicato da pochi giorni la commedia teatrale “Lo strano caso dei due investigatori speciali”, in cui concilio l’ironia alla corruzione mafiosa.
- La Giovane Holden Edizioni ha in stampa il volume di racconti “Bora Nera e altri casi della vita” e la commedia teatrale “Matrimoni a sorpresa”.

- Anche in stampa il romanzo “Sapevo Contare Fino a Cento” che pubblica la Leonida Edizioni.

- E ovviamente con voi “Il Tempo Vuoto”, dopo la silloge di poesie “Avessi saputo che… non sono solo parole”.

- Ringrazio la Aletti Editore per l’opportunità che mi ha messo a disposizione.

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