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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
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Intervista a Giovanna Testa, che presenta ai lettori il saggio "La galassia del lavoro sociale" ( Aletti Editore )

di Rassegna Stampa

Intervista a Giovanna Testa, che presenta ai lettori il saggio "La galassia del lavoro sociale" (Aletti Editore)


• Partiamo proprio dal titolo, come mai “La galassia del lavoro sociale”?
Nel cercare un’immagine che potesse rappresentare la complessità e la pluralità del lavoro sociale ho pensato alla galassia, che con il suo immenso agglomerato di stelle e ammassi stellari variamente distribuiti, con i suoi anelli di luce e buchi neri e la gran varietà di forme e dimensioni esistenti, può simboleggiare efficacemente il sistema formale e informale dei servizi sociali e il mondo di chi vi opera. Inoltre, sia l’universo delle galassie, sia quello del lavoro sociale, hanno in comune il fatto di essere delle entità che sfuggono alla piena conoscenza e individuazione di chi li osserva e li studia, lasciando nell’ombra diverse parti di sé.

• Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Con riferimento alle trasformazioni e alle emergenze degli ultimi anni e agli scenari che verosimilmente si prospettano all’orizzonte, il testo si interroga e argomenta sul ruolo del lavoro sociale nelle società di oggi e sulle competenze richieste alle professionalità sociali per rispondere alle difficoltà esistenziali di un numero crescente di individui, gruppi e comunità.
Lavoro sociale e professioni sociali costituiscono pertanto il focus centrale del testo, da cui si parte per spaziare su molti altri temi strettamente collegati.
La formula di analisi proposta è snella e invogliante, nel complesso particolarmente interessante perché a differenza di altre pubblicazioni che puntano su una scaletta chiara e definita di argomenti, questo testo si rifà a un modello tipo “matrioska”. Utilizza cioè alcuni argomenti-contenitore che incorporano più temi e questioni che a loro volta ne racchiudono altri. Partendo dal contenitore più esterno si aprono progressivamente altri astucci e si cerca così di arrivare a quelli più interni e quindi ad alcuni elementi centrali. Per esempio, il concetto di professione conduce al concetto di professione ordinistica e a quello di professione intellettuale, che a sua volta convoglia sulla questione dell’identità professionale, del rapporto tra professioni differenti e tra profili similari; da qui al tema irrisolto dell’oggetto del lavoro sociale e della sua multidimensionalità. Ricorre il concetto di competenza, sia con riferimento alle trasformazioni in atto, sia con riferimento alla mission professionale nell’incerta prospettiva futura. Si riflette su quali competenze siano auspicabili e necessarie agli operatori sociali e attraverso quali percorsi formativi conseguirle. Per rispondere a questa domanda si discute sulla natura del lavoro sociale e sulla sua mission, sugli strumenti e abilità professionali. Si ragiona sugli elementi caratterizzanti ed essenziali di questo tipo di lavoro, insistendo su alcune peculiarità. Si ribadisce, per esempio, che chi opera nel sociale non effettua soltanto delle prestazioni, semplici o complesse che siano, ma utilizza la propria persona e il proprio corpo come mezzo distintivo di intervento e di relazione. È vero che tutti i lavoratori esprimono e concretizzano la loro professionalità attraverso l’utilizzo delle proprie energie corporee e mentali. Nel caso del lavoro sociale c’è un di più: la persona stessa assume una rilevanza pregnante per l’utilizzo costante e strategico del proprio corpo, della propria mente, della psiche e quindi delle emozioni, sentimenti, sensibilità e percezione, linguaggio e comunicazione, apprendimento e intelligenza, memoria, creatività, coscienza, cultura, valori… in sostanza tutto il suo mondo. Questa circostanza impone una formazione più complessa, che induca alla maturazione di un forte senso di responsabilità verso se stessi e gli altri; una formazione che stimoli taluni processi mentali e aiuti il futuro professionista a elaborare e maturare consapevolezza e responsabilità di sé e del proprio agire, favorisca lo sviluppo di abilità cognitive ed emotive, indirizzi verso un agire etico e un’azione umanizzante e anti-oppressiva. Si esaminano i concetti di “competenza” e “sapere professionale”, due concetti centrali nei processi di costruzione delle competenze in una società in rapida trasformazione ove nel breve giro tutto diventa obsoleto. Ci si chiede come incrementare il grado di competenza degli operatori sociali, in rapporto ai molteplici bisogni emergenti dalle trasformazioni in atto e dai fenomeni sociali complessi prodotti o comunque generatisi nell’era digitale e della globalizzazione. Emerge anche l’antica questione della credibilità e affidabilità della professionalità dei social workers, che spesso operano all’ombra delle proprie organizzazioni o anche all’ombra di altri profili professionali storicamente più accreditati.
Nel volume si fa riferimento al Codice deontologico del servizio sociale, approvato nel 2020, le cui norme richiamano a nuove responsabilità, con particolare riferimento alla garanzia dei diritti umani, all’impegno nel cercare di prevenire e contrastare ogni forma di violenza e di discriminazione; alla necessità di concorrere e adoperarsi alla sensibilizzazione per l’adozione di modelli di sviluppo rispettosi dell’ambiente, della sostenibilità ecologica e della sopravvivenza sociale.
Proprio con riferimento ai gravi e tristi eventi degli ultimi tempi (alluvioni e disastri ambientali di vario tipo, pandemia, guerra all’Ucraina, ecc.), ci si interroga su come le professionalità sociali possano mettere a disposizione le proprie competenze per l’attuazione di programmi e interventi diretti a fronteggiare le situazioni di crisi, specialmente in supporto alle popolazioni implicate.
Tutto ciò interpella in modo nuovo sia i sistemi formativi che il mercato del lavoro e le organizzazioni pubbliche e private. Si discute in particolare del ruolo delle università nella costruzione di professionalità e professionisti in grado di lavorare all’interno di contesti differenziati, dove saper gestire relazioni, individuare connessioni e risorse, offrire suggerimenti e saper mediare nell’ambito di prospettive, concezioni culturali e interessi divergenti. Una formazione che predisponga a una mentalità aperta e plurale, al lavoro multidisciplinare e interprofessionale, a un’immagine professionale meno ripiegata su presunti confini identitari e che favorisca l’interesse per la ricerca e faccia maturare il bisogno di alimentare le proprie conoscenze e la propria formazione attraverso lo scambio di esperienze e studi, in ambito europeo o internazionale.
Il testo accoglie il prezioso contributo di idee e riflessioni di più autori. Questi, partendo dal personale specifico bagaglio di formazione, esperienze, abilità e sensibilità, propongono uno sguardo autonomo sui temi prescelti e offrono un quid esclusivo di analisi e contenuto.
Particolare spazio è riservato al ruolo del tirocinio, quale parte integrante e qualificante della formazione universitaria degli assistenti sociali e di altre professioni sociali. Si ipotizza un modello di tirocinio organizzato e vissuto come processo di ricerca, interrogazione, riflessione. Una sorta di brainstorming in cui rimescolare le carte e le convinzioni precedentemente introiettate, per riuscire a riordinarle con maggiore consapevolezza e realismo. Un’esperienza guidata, che se svolta correttamente attivi un processo di apprendimento in grado di aprire a nuove e diversificate dimensioni della conoscenza e della formazione. Gli autori, attraverso il tema centrale del tirocinio, focalizzano lo sguardo sui soggetti e le relazioni centrali dell’esperienza formativa: lo studente, le organizzazioni ospitanti, i tutor e l’università, il rapporto supervisore/studente nella dimensione personale e interpersonale.
Nel finale, il testo rimette nuovamente tutto in discussione, offrendo al lettore la possibilità di reinterpretare ogni cosa attraverso il racconto di una storia di vita, narrata da un caregiver che riconduce il lettore alla concretezza del mondo reale, al mondo della malattia, della cura, dei servizi, dell’ascolto negato, della realtà e dell’immaginario, dell’impegno e delle aspettative … un racconto che apre in sostanza alla complessità dell’esistenza umana.

• Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
E’ difficile dirlo … credo però che la produzione di un testo scritto risenta molto della realtà, intesa sia come contesto/ambiente in cui la scrittura si realizza sia come realtà personale a livello fisiopsichico. Per quanto mi riguarda, ci sono stati diversi momenti durante la produzione del testo in cui il contesto ambientale e lo stato fisiopsichico hanno influito sui processi percettivi e auto-percettivi che incidono sulla motivazione e la tenacia, la fiducia nel risultato, la capacità di concentrazione, di ideazione, riflessione e analisi, creatività. Sono stati decisivi il coinvolgimento, la fiducia e le aspettative dei coautori ed anche il sostegno e la fiducia riscontrati nella mia realtà familiare.

• La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Mi piace guardare al nuovo e orientare il mio sguardo in prospettiva futura. Questo richiede una buona consapevolezza del punto in cui ci si trova e di come ci si è arrivati. In generale credo molto nel valore testimoniale della scrittura. Essa contribuisce in modo rilevante alla ricostruzione, alla conoscenza e alla salvaguardia del passato e del presente, è uno strumento eccellente per salvare dall’oblio pezzi importanti della vita pubblica e privata. Nel mio piccolo, con questo libro ho avuto il piacere (e forse l’ardire) di salvare dall’oblio del tempo un contributo di riflessione e di apprendimento teorico/esperienziale, un sapere genuino ma ragionato, una sintesi scaturita da più sguardi, più vissuti, più analisi, più esperienze. Un piccolo contributo a disposizione delle nuove generazioni di operatori in formazione, ma anche per chi (esperto operatore, amministratore o studioso) riesce a scorgere sempre nuovi spunti in ogni lettura.

• A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “La galassia del lavoro sociale” se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Nei momenti di maggiore difficoltà, quando cioè la scrittura faceva fatica a trovare una composizione soddisfacente, rimanevo lungamente sul testo senza alcun costrutto. In altri momenti, la mia mente generava un pensiero fluido che si trasferiva e si concretizzava nella scrittura. Man mano che il lavoro prendeva forma mi sentivo sempre più sicura e motivata. Due i momenti che ricordo con maggiore piacere: quello del raggiunto accordo con l’editore e quello in cui ho espresso il visto di lavoro ultimato.

• Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Molti autori hanno contribuito alla mia formazione, specialmente dell’area sociologica e giuridica, ed anche dell’area psicopedagogica.
L’osservazione della realtà è per me fonte di interesse e di ispirazione: mi induce nuovi pensieri, scoperte, collegamenti, deduzioni. Molte suggestioni mi arrivano anche dal mondo cinematografico, capace di svelare e anticipare la realtà, oltre che indurre alla riflessione e al ripensamento.

• Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Non saprei

• Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Biografia, autobiografia, memorialistica. Romanzi storici.
• Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Dipende dal tipo di utilizzo. Per una lettura completa prediligo il cartaceo, per la consultazione va benissimo il digitale.

• Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Il mio rapporto con la scrittura è tendenzialmente ambivalente: piacere e apprensione; aspettativa e preoccupazione; fiducia e dubbio; desiderio e paura; soddisfazione e delusione; interesse e ansia; aspirazione e insicurezza.
Il confronto con la scrittura è per me sempre una sfida.

• Un motivo per cui lei comprerebbe “La galassia del lavoro sociale” se non lo avesse scritto.
Lo comprerei perché è un volume che esprime un pensiero plurale e multiprospettico, in cui mi piacerebbe entrare, pagina dopo pagina, per meglio indagare “The mystery of social work”, come dice Fabio Folgheraiter. Avrei piacere a leggere un testo vivo e scorrevole, con molte analisi e diversi approfondimenti. Coglierei con piacere le sollecitazioni e le provocazioni in esso contenute ed anche aspetti e dettagli inediti, non presenti in altre pubblicazioni similari. La lettura del testo mi aiuterebbe a riflettere sulla mission del lavoro sociale nel mondo che cambia; sulla componente etica e valoriale delle professioni sociali, sulla possibile funzione di riequilibrio che tali professioni potrebbero svolgere, considerasti i tanti elementi di contraddizione che le nostre società oggi vivono profondamente. Troverei interessante immergermi nei discorsi sulla competenza ed essere accompagnata nell’analisi dei saperi necessari per lavorare bene e responsabilmente nel sociale, sia nel senso di riuscire a identificare e saper fronteggiare le numerose criticità dei tempi attuali, sia nel senso di saper cogliere e usare le molteplici opportunità presenti nell’odierna società, sfruttandone le potenzialità in un’ottica di empowerment.
La lettura del testo mi aiuterebbe ad approfondire molti temi riguardanti le professionalità sociali, la loro formazione, la competenza e le responsabilità verso un’umanità fragile e smarrita, ma anche verso la stessa categoria professionale e le organizzazioni per le quali si lavora. Presterei particolare attenzione alle argomentazioni sulla scrittura professionale e le possibili insidie nella redazione della relazione sociale. Troverei di piacevole impatto il linguaggio semplice e immediato con cui si trattano gli argomenti. Mi coinvolgerebbe l’esortazione non velata ad essere coerente con l’orientamento valoriale del servizio sociale, stimolando in me il coraggio di scegliere e prendere parte, di usare lo spazio e il potere decisionale/discrezionale per accrescere fiducia e orientare l’azione professionale sul piano etico a garanzia dei principi di tutela dei diritti delle persone e delle comunità. Mi aiuterebbe a riflettere sulla mia formazione, su come migliorarla e a quale formazione tendere. Ritroverei molte delle domande che spesso mi rigirano in testa e su cui potermi confrontare. Apprezzerei gli approfondimenti sul tirocinio, laddove lo si presenta come un processo di apprendimento mediante il quale “la rappresentazione astratta o idealizzata della professione si sospende e si trasforma, così da recuperare una rappresentazione del ruolo più problematica e aderente alla realtà. E così che il tirocinante sviluppa maggiore coscienza del percorso di studi intrapreso, dei propri desideri e una visione più fedele della professione e dei servizi. Il tirocinio costituisce dunque quella fase dell’apprendimento in cui si ridimensiona la rappresentazione astratta, e magari utopica o improbabile, del lavoro sociale e si amplia la percezione della realtà degli utenti e dei servizi, una realtà talvolta dal sapore aspro e crudo, ma effettiva e concreta.”
Infine, mi lascerei trasportare nello spazio narrativo di una storia di vita, un racconto autobiografico che contestualmente avvince e allerta.


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