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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
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Intervista a Lucia Ciferri che presenta ai lettori il libro "MALDAFRICA"

di Rassegna Stampa

Intervista a Lucia Ciferri che presenta ai lettori il libro "MALDAFRICA"

Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “MALDAFRICA”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Risposta - Perché “Maldafrica”? Perché per me l’#Africa rispecchia il nostro animo, come lui è un continente sconosciuto che abbiamo paura di esplorare. Il percorso per la scoperta di ciò che siamo al di là del nostro aspetto esteriore non è mai facile, ci sono timori, inciampi, interruzioni, arresti e ripartenze. Tutto questo può provocare dolore, ma una volta svelato, ci avvolge con tutta la sua magnificenza. Ecco, l’argomento ricorrente è la meraviglia che esplode in noi quando la bellezza si apre ai nostri occhi dando un significato diverso al nostro “vedere”. Non parlo dell’“armonia estetica” che colpisce e incanta gli occhi; parlo di quella bellezza che, superando lo sguardo, scivola sotto la pelle e fa vibrare la nostra anima (o la nostra sensibilità, chiamatela come volete!).
Questo #romanzo è nato dall’emozione e sottolineo DALL’EMOZIONE non da un’emozione. Sappiamo che un semplice articolo determinativo al posto di uno indeterminativo può modificare radicalmente il significato di un termine dando a tutta la frase un’accezione diversa. Spesso però, quella piccola variazione ci spaventa perché sappiamo che quel cambiamento “grammaticale” svelerebbe quella parte di noi che teniamo celata dietro la fitta coltre delle paure e delle vergogne che la società ci impone.
L’esitazione nell’esternare tutto ciò che provoca forti vibrazioni fa sì che spesso lasciamo scivolare via le nostre emozioni senza “ascoltarle”, senza viverle fino in fondo, lasciando che odori, sapori, visioni svaniscano in polverosi ricordi.
Siamo condizionati dall’idea che l’emotività vada “tenuta a bada”, che le manifestazioni palesi delle nostre sensazioni debbano restare nel nostro privato; così spesso soffochiamo le nostre risate, le lacrime, le grida per paura di essere additati, criticati, giudicati.
Ridi? sei frivola; piangi? sei debole; gridi? sei isterica. Sì, siamo questo e molto, molto di più.
In Maldafrica, la scoperta della bellezza non è altro che la rivelazione di un sé più profondo che nonostante cerchiamo di azzittire e frenare scalpita, vuole venire fuori ed esplodere in tutta la sua forza e perché no, anche in tutte le sue fragilità.
La protagonista, osservando con occhi diversi ciò che la circonda, prestando attenzione non tanto alla situazione in sé ma all’incanto che quel contesto svela al suo sguardo, si riconosce in una magnificenza che fino a quel momento aveva guardando solo nel suo aspetto esteriore.
E quell’incanto non ha né tempo né spazio perché è parte di quel lato tanto oscuro (nel senso di sconosciuto) quanto luminoso (nel senso di rivelato) del nostro “essere”.
Il tempo nelle relazioni (d’amore, di amicizia o di qualsiasi natura) è un elemento umano, una storia inizia, finisce, dà gioie e dolori ma è comunque a termine. Che duri un giorno o una vita ha una data di scadenza. Le #emozioni no, perché a dispetto di quello che ci ha lasciato il passato o quello che ci riserva il futuro, è nel presente che abbiamo l’opportunità di “sentire” e il presente non ha una durata, il presente è solo ora.
A mio avviso è lecito sognare a tutte le età. Le fiabe non dovrebbero essere appannaggio esclusivo dei bambini ma anche di tutti quegli adulti che, come ho scritto in una mia poesia “vedono l’arcobaleno in una bolla di sapone”.
“Maldafrica” non è un saggio, non è la realtà del quotidiano vivere, è anzi “una vacanza dal reale” vissuta in un luogo e in un tempo sospesi. E’ un sogno che molti vorrebbero vivere ma che forse non hanno neanche il coraggio di sognare. Forse altro non è se non quel desiderio che tutti vorrebbero concretizzare. E poi, in fondo perché scrivere sempre solo di dolore, disagio, psicosi, perversioni, violenza, non ce n’é già abbastanza di negatività intorno a noi? Non è forse di altro che il mondo ha urgenza?

Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Risposta - Si dice il peccato, non il peccatore. Scherzo ovviamente. La storia può essere vera o no; potrebbe trattarsi di un frutto di pura fantasia; o magari può essere il racconto “romanzato” di qualcosa di realmente accaduto. Non importa. Ciò che conta è che sono vere le sensazioni, la scoperta di quanto la vita ci mette spesso di fronte a situazioni che, se vissute con il cuore, danno un valore maggiore alla nostra esistenza.
È sempre dalla quotidianità che si “pesca”, non si scrive nulla che non abbia un fondamento nel vissuto.
Per assurdo penso che persino nella fantascienza ci sia comunque l’apporto dell’umana realtà che ci circonda. Anche lì vengono a galla tutti quegli aspetti che caratterizzano la nostra vita, che contraddistinguono i rapporti tra gli esseri viventi nel bene e nel male: amore e odio, amicizia e ostilità, paura e coraggio, forza e fragilità.
Penso che le esperienze che viviamo quotidianamente ci guidino sempre in ogni nostra decisione, cambiamento, scelta. E, se è vero che non si vive nel passato, non possiamo negare che il passato vive con noi nel nostro presente. Mi chiedo spesso: cosa sarei se le mie scelte fossero state diverse? Probabilmente un’altra. Ma se ho fatto quelle scelte è stato perché, in quel momento erano quelle giuste per me; ed ora so che sono precisamente quella che dovevo essere.

Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Risposta - Questo libro è semplicemente la testimonianza di come, aprendosi alla meraviglia si rivelano lati della nostra esistenza che sfuggono nel consueto sopravvivere.
Vorrei che chi legge avesse la possibilità di trovare del bello anche nell’ordinario quotidiano. Non servono grandi avventure, o successi interplanetari per essere felici e, a volte, guardando alle nostre spalle ci accorgiamo che anche il dolore che ha lasciato cicatrici sulla nostra pelle, è passato e noi ne siamo usciti; magari ammaccati ma abbiamo comunque ricominciato.
Anche se qui si parla di posti paradisiaci, possiamo ritrovare nella nostra realtà le stesse sensazioni; passeggiare su una spiaggia tropicale può essere anche bello ma se non c’è la giusta attenzione a ciò che ci circonda resta una semplice passeggiata. D’altro canto invece, camminare nel piccolo parco pubblico vicino casa con la consapevolezza di quanto sia grande la meraviglia che ci pervade, potrebbe invece aprirci a sensazioni più profonde.
Non sono la situazione o l’azione a fare la differenza, ma l’intensità e l’attenzione con la quale si agisce.
Non voglio fare filosofia o ancora peggio psicologia spicciole, non ho studiato per questo e non mi metterei mai su cattedre non mie. Non è il mio compito insegnare come si vive o come si supera un momento “no”. Racconto solo una storia che potrebbe essere quella di chiunque, magari vissuta non in un paradiso ma nella periferia di una città, perché ciò che fa la differenza non è il posto o la situazione ma l’attenzione e il sentimento che mettiamo in quello che viviamo.
Per dirla con le parole di qualcuno che certamente è più degno e preparato di me per descrivere un termine tanto inflazionato quanto in realtà sconosciuto, potrei fare la seguente citazione:
“In fondo, cos'è la felicità?! Non è assenza di dolore, quella è un'utopia. Un ideale. Irrealizzabile, staccato dal reale, immobile. La vita è alternanza di stati. È impermanenza. È dolore, sorriso, lacrime, tentennamenti, conquiste, innamoramenti, delusioni, coraggio, paure, scoperta, perdita, stupore. La felicità è dunque pienezza. È libertà, consapevolezza. È ridere con tutto il proprio sorriso e piangere con tutte le proprie lacrime. La felicità è amore, nient'altro. Felice è chi sa amare. Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa sente sé stessa e percepisce la propria vita.". Herman Hesse.

Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “MALDAFRICA” se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Risposta - Gli episodi beh, con divertimento certamente. L’imprevisto dell’aeroporto, avvenimento tragi-comico quasi surreale ma che vi assicuro è un episodio realmente accaduto.
Con dolore. “L’infortunato scontro con la gamba del tavolo” che più che da un’avventura africana sembra essere una vicenda tratta dalla saga fantozziana.
Ma più che altro, con grande emozione. L’arrivo al villaggio, la scoperta della laguna, il canto delle onde dell’oceano nelle passeggiate sulla battigia.
Nello scrivere mi sono resa conto di quanto sia difficile riportare su un foglio bianco certe sensazioni. Odori, colori, sapori non sono descrivibili, non esistono parole, frasi, idiomi che possano descrivere tanta bellezza, né tanto meno quanto quella bellezza è entrata a far parte dell’ordinario vivere. Spero che almeno un po', chi legge riesca ad essere lì, con la protagonista a godere di tanta meraviglia.

Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Risposta - Non ho “fonti di ispirazione”. Non ho autori preferiti, sono istintiva nello scegliere un libro, spesso lascio che sia il colpo d’occhio a condurmi. Quando una foto, una frase sulla copertina attirano la mia attenzione non mi preoccupo dell’autore, acquisto. Devo dire che il mio intuito non mi ha mai tradito. “Oltre la copertina”, pagina dopo pagina, ho sempre trovato qualcosa di cui avevo bisogno. Anche sui generi sono molto aperta, romanzi (anche storici), gialli, avventura, saggi e poi la poesia. So che la poesia è un genere di nicchia ma per me, ogni sera, prima di dormire la lettura di una poesia è d’obbligo.
Ovviamente ci sono autori che amo in modo particolare e dei quali ho avuto la gioia di leggere diverse opere, H. Hesse, P. Coelho, K. Gibran, Wilburn Smith, J. Grisham, A. Christie, … e poi ci sono i poeti iniziando da R. Tagore per continuare con i poeti maledetti, e … tutti, assolutamente tutti i poeti.

Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Risposta - La musica, tutta, non vivo senza musica. In ogni istante della mia vita, quando guido, quando cammino, quando mangio, quando scrivo, quando respiro … là dove sono io c’è sempre musica. Sono cresciuta con la musica psichedelica, il rock, il progressive/rock (Jim Morrison, Janis Joplin, David Bowie, Bruce Springsteen, Pink Floyd, Genesis, Led Zeppelin, The Who, ecc.). Anche in questo però vado ad istinto, non è l’artista ma “il brano” che per me conta ovvero l’emozione che nasce dalle vibrazioni che “quei” suoni sanno trasmettere.

Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Risposta - Come ho già detto, leggo di tutto, romanzi, saggi, gialli, poesia …ah, dimenticavo, i bugiardini dei medicinali … 😊

Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Risposta - Assolutamente il cartaceo, leggere una frase, chiudere per un attimo il libro tenendo con il dito il segno della pagina alla quale si è arrivati, chiudere gli occhi e pensare a ciò che le ultime parole lette hanno provocato in noi, penso sia una sensazione che nessun freddo schermo può dare.

Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Risposta - Un rapporto non facile. Un “canovaccio” di questo romanzo lo tenevo riposto nel cassetto da decenni e quando l’ho tirato fuori ed ho iniziato a rileggerlo per trasformarlo in qualcosa di più simile ad un racconto pensando di pubblicarlo, confesso che sono stata assalita da moltissimi tentennamenti. Riprendere in mano questa storia è stata una sfida che pensavo di poter affrontare con incoscienza, senza pormi troppe domande. Pura illusione, pur non essendo caratterialmente una perfezionista, ogni volta che scrivevo una frase la rileggevo subito e, rivedendola immediatamente mi chiedevo se poteva essere scritta in modo diverso, usando altri termini o magari “rigirando” le parole.
Questo fin quando non mi sono chiesta quale fosse il mio reale intento e mi sono resa conto che l’unica cosa che volevo era comunicare ad altri le mie percezioni. A quel punto mi sono dovuta arrendere al fatto che, per quanto si possa “giocare” con le parole, una sensazione la si può descrivere, non la si può “condividere”.
Non c’è un modo unico per vedere, sentire, vivere le emozioni. Ognuno ha la sua personale lettura di ciò che lo circonda, dal mio canto posso solo provare a descrivere la mia, sperando di renderla al meglio.
Ho cercato di scrivere come se volessi prendere per mano il lettore e camminare con lui in quel palmeto, lungo quella meravigliosa lingua di sabbia accarezzata dall’oceano con la speranza che, nelle mie parole, possa trovare quella magia e lasciarsi accarezzare da quelle percezioni per poi viverle nel suo personale incanto.
Ogni essere umano ha un suo percorso, ma penso che se ognuno di noi dovesse ripercorrere cento volte la stessa identica strada, per cento volte non farebbe mai gli stessi identici passi. Se abbiamo scelto di camminare in un certo modo é perché quello, in quel momento, era il solo modo giusto che conoscevamo e non è un caso se quei passi ci hanno portato dove siamo.

Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “MALDAFRICA” se non lo avesse scritto.
Risposta - Non so, per curiosità. Come ho esposto in precedenza, sono una persona che si fa attrarre istintivamente dai particolari. Io mi farei pertanto attrarre da quello che è il primo impatto con l’immagine; o magari lo comprerei perché in Africa non ci sono mai stata e vorrei capire perché si parla tanto del “mal d’africa” (questa volta scritto corretto!).
Ritengo che la foto di copertina possa dare un’idea di bellezza di un racconto e, anche la citazione del libro che ho voluto fosse scritta sul retro è l’espressione di quanto quella foto sia in armonia con il contenuto del libro.
Se dobbiamo comperare il testo di un autore che già conosciamo, ovviamente non stiamo a guardare la copertina o le citazioni che vengono esposte, sappiamo più o meno cosa aspettarci.
Non essendo un’autrice conosciuta punto sulle “sensazioni a pelle”. E poi l’Africa è sempre avvolta da quel velo di mistero che affascina!

Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Risposta - Sì. A parte le mie poesie (alcune già pubblicate) ci sono anche altri progetti. Mi piacerebbe raccontare il mio “Cammino di Santiago” ma è complicato e non so se riuscirò mai a mettere nero su bianco un vissuto così profondo.
Più “abbordabile” è la traccia di un romanzo che ho già abbozzato; racconta di tre amici ognuno dei quali porta con sé un diverso vissuto di sofferenza superato con fatica e dolore e che alla fine …. Beh! Confesso che quella ancora non la conosco neanche io ed in ogni caso …. non spoileriamo!

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