 | 👉 “Gli anni della luce”. La poesia oltre il buio della sofferenza
“More light” (Più luce). Sono le parole dello scrittore e filosofo John Milton ad incorniciare il pensiero di Paola Commissati Bellotti espresso nella sua opera “Gli anni della luce”, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Mi ispiro alla luce, perché la luce è vita. Questi versi - spiega la poetessa, che vive a Treviso - rappresentano la vita vissuta. Oltre la vita, si può pensare a un buio fitto, dove il sole non arriva. E questi miei anni consumati vivendo, io li ho chiamati gli anni della luce». Nelle liriche emerge la tematica principale che è l’amore, come sintomo di vita. Ma anche la morte. L’esistenza umana, infatti, oscilla sempre tra questi due estremi. «Non è facile sgranchire i pensieri segreti. Bisogna giungere all’estremo limite della sopportazione. E della maturità. La storia non si fa mai di botto, occorre che sfili molto tempo. Occorre sedimentare. Occorre essere consapevoli. Ed appassionatamente desiderosi di gridare l’amore».
Nella scrittura della Commissati Bellotti - che utilizza in particolar modo similitudini e metafore per indagare temi profondi come il senso dell’esistenza umana - realtà e fantasia si intrecciano dando forma ad una fotografia fatta di parole. «L’autrice scrive, nella Prefazione, il maestro Giuseppe Aletti, poeta, editore e formatore, titolare dell’omonima casa editrice che ha sede a Villanova di Guidonia (Roma) - è alla ricerca di un equilibrio tra le aspettative personali e il movimento magmatico e indistinto della società contemporanea, e in alcuni componimenti sembra raggiungere una fragile tregua. La raccolta centra temi intimi e universali, come il desiderio, il distacco, la vita e la sua decadenza, il diritto al sogno che contrasta con la realtà avvilente». Le liriche sono pregne di amore ed emozioni, anche solo accennate. Ma, nonostante malattie e sofferenze che congiurano a toglierle luce, la poetessa non dispera mai. «È un nido di bellezza la sofferenza - afferma l’autrice -. La sofferenza indiscutibilmente apre la mente, finanche a visioni sublimi. Solo la poesia se ne appropria. I sentimenti, come nostalgia e rimpianto, soverchiano le rime dei lirici. E tutto proviene dall’amore. Ecco: è l’amore che bisogna curare».
Il lettore viene immerso in un viaggio emotivo che lo conduce nei meandri del suo animo. «Io mi rivolgo sempre a solo due occhi. Le mie poesie sono lettere aperte. Comunicano. E, tuttavia, possono essere specchio per altre illusioni. Per altre delusioni. Per altre domande esistenziali».
- Federica Grisolia (& Vincenzo La Camera)
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